Una tematica ricorrente quando si parla di processo penale è quella concernente la legittimazione del danneggiato dal reato di far valere le proprie pretese risarcitorie nel processo penale.
Tale tematica diviene particolarmente rilevante quando nel processo penale, oltre alla persona fisica, viene anche incolpato un ente fornito di personalità giuridica. Come noto, infatti, ai sensi del d.lgs. 231/2001 un ente dotato di personalità giuridica può essere chiamato a rispondere in un processo penale per reati commessi da suoi dipendenti, realizzati nell’interesse o a vantaggio dell’ente medesimo. Più precisamente, le sanzioni previste dal decreto nei confronti dell’ente sarebbero irrogabili solo a fronte dell’accertamento in capo allo stesso di una “colpa di organizzazione”, ovvero di un assetto organizzativo dimostratosi negligente nell’adottare le cautele necessarie a prevenire il reato. Detto ciò, preme evidenziare come, nella prassi, sovente accade che
in tali processi il danneggiato avanzi pretese risarcitorie nei confronti dell’ente incolpato, costituendosi parte civile. Ma stando alla posizione maggioritaria di dottrina e giurisprudenza, la costituzione di parte civile nei confronti di un ente imputato ai sensi del d.lgs. 231/2001 non potrebbe considerarsi ammissibile. Difatti il Legislatore ha consapevolmente omesso di offrire all’interno del decreto un qualsivoglia riferimento alla costituzione di parte civile, operando una deroga espressa rispetto a quanto dettato dal codice di procedura penale.
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In primo luogo, ai sensi dell’art. 27 del d.lgs. 231/2001, recante la disciplina della responsabilità patrimoniale dell’ente, quest’ultima viene espressamente limitata all’obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria eventualmente inflitta all’ente, senza che si faccia alcuna menzione al risarcimento del danno delle parti civili. Inoltre, quanto all’istituto del sequestro conservativo, da un lato, l’art. 316 c.p.p. lo pone a tutela, tra l’altro, delle obbligazioni civili derivanti da reato, a riprova dell’esistenza nel codice di procedura penale di apposita disciplina per la costituzione di parte civile. Dall’altro lato, l’art. 54 del d.lgs. 231/2001 circoscrive il perimetro della disciplina del sequestro conservativo a carico dell’ente al solo scopo di garantire il pagamento di eventuali sanzioni pecuniarie, senza fare riferimenti alle obbligazioni civili.
Tuttavia, nell’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione e della maggioritaria giurisprudenza di merito, il principale argomento a sostegno dell’illegittimità della costituzione di parte civile contro un ente imputato è un altro. Da entrambe le fonti la disciplina della costituzione di parte civile viene ricondotta all’esistenza di danni cagionati dal reato. Tuttavia, come noto, un ente giuridico non può commettere personalmente alcun reato.
Pertanto la responsabilità dell’individuo persona fisica si estende all’ente collettivo solo sulla base del collegamento intercorrente tra la condotta materiale del primo e l’interesse del secondo, in presenza di profili di negligenza. Il danno che deriva dalla commissione del reato non può pertanto ricollegarsi direttamente all’ente, bensì al singolo individuo autore del comportamento criminoso. Sulla scorta di queste ragioni, la posizione nettamente prevalente propende verso l’ammissibilità di costituzioni di parte civile avanzate solo contro individui persone fisiche, unici soggetti cui può essere imputato il reato.