Le crisi internazionali concentrano l’attenzione dei media e degli investitori, ma non sempre è facile capire quali implicazioni possono avere un impatto di lungo periodo significativo per gli investitori. Ad esempio, sarebbe stato abbastanza “logico” aspettarsi una reazione dal mercato petrolifero in seguito al conflitto fra Israele e Hamas – che, però, è stata breve e limitata. A volte, però, la geopolitica può anche tracciare scenari che cambiano a fondo le economie mondiali, ha raccontato a We Wealth Elliot Hentov, Head of Policy Research del gruppo di ricerca macroeconomica di State Street Global Advisors.
E’ davvero importante considerare il rischio geopolitico nei portafogli?
La risposta breve è che ovviamente è importante. Ed è possibile adattare e costruire portafogli per riflettere questo rischio. Nel lungo termine è importante perché può cambiare il contesto macroeconomico nell’ambiente di investimento. Non si tratta solo di capire cosa succede se scoppia una guerra, ma di pensare ai cambiamenti strutturali che determinano i rendimenti degli investimenti. E, quindi, capire se i cambiamenti geopolitici sullo sfondo cambiano anche il modo di operare delle economie, quanto sono produttive, come commerciano e quindi anche il valore relativo delle valute nel tempo e dove si dirigeranno i flussi di capitale.”.
Quando si pensa ai rischi geopolitici, viene subito in mente la copertura ottenuta con l’oro…
Se sei preoccupato che qualcosa vada storto, puoi costruire un portafoglio attorno ad asset che funzionano quando le cose vanno male. L’oro è una copertura classica. Un’altra considerazione potrebbe essere all’interno del portafoglio azionario, se si decide di privilegiare i settori difensivi [ad esempio le infrastrutture, Ndr.]. Oppure, se temo un altro shock energetico potrei avere una posizione lunga sulle materie prime e l’energia in tutte le sue forme.
Nell’analisi dei cambiamenti fondamentali dovuti a nuove fasi della politica internazionale, rientra anche il successo dei titoli del settore difesa in Europa a partire dall’invasione russa in Ucraina.
Una delle domande che ho ricevuto nel 2022 era se avesse ancora senso acquistare azioni del settore difesa dopo il loro ultimo aumento. E’ in analisi come queste che la geopolitica conta a lungo termine, perché [con l’invasione in Ucraina] siamo di fronte a un forza strutturale che resterà con noi per molti anni. Ciò significa che il tasso di crescita medio della domanda [di armamenti] non si aumenterà per un anno solo . Quindi la nostra raccomandazione è stata sì, non è mai troppo tardi per entrare in titoli della difesa europea: perché il vento è favorevole, con numerosi Paesi membri della Nato che spendono meno del 2% del loro Pil nel settore.
Quali implicazioni di mercato possiamo aspettarci da un possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca?
Non serve essere esperti per sapere che Trump sta spingendo per maggiori spese sulla difesa. Accadrà. Sta anche spingendo per un cessate il fuoco nell’Europa orientale e questo potrebbe causare preoccupazione in alcuni Stati europei. Questo è un altro motivo per investire di più nelle proprie capacità di difesa. La vera domanda è se tutto ciò sia già incorporato nei prezzi. Le valutazioni della difesa sono elevate, ma su un orizzonte temporale più lungo restano ancora attraenti. In generale, i settori che dipendono dalla regolamentazione federale sono quelli che potrebbero essere più sensibili all’effetto-Trump, in particolare l’energia, la finanza e forse anche i servizi di pubblica utilità.
Fuori dagli Usa quali aziende potrebbero risentire di un Trump bis?
Dovremmo mettere in conto possibili attriti commerciali e capire quali settori sono fortemente dipendenti dagli Stati Uniti come mercato di sbocco per le esportazioni. Alcuni timori potrebbero essere eccessivi e riteniamo potranno presentarsi opportunità d’acquisto.
Secondo voi è credibile la proposta, lanciata da Trump, di un dazio generale su tutti i beni importati?
Penso certamente che alla Cina verranno imposte nuove e più elevate tariffe. Per l’Europa, penso che la questione non sia tanto sui dazi, quanto su quello che l’Europa offrirà in una negoziazione con Trump per evitare i dazi. L’elezione di Trump probabilmente rafforzerà il dollaro, quindi l’ideale sarebbe essere esposti alle società europee che beneficiano di un euro più debole, ma che allo stesso tempo sono meno dipendenti dalle esportazioni verso gli Stati Uniti.
L’inflazione elevata per lungo tempo è un mito che si sta sgretolando?
Qui c’è una grande differenza tra Europa e America. In America, l’inflazione si sta stabilizzando su un livello più elevato. In Europa, invece, non vediamo un cambiamento strutturale nel contesto inflazionistico, se non per l’aumento dei prezzi delle importazioni. Si tratta di un valore più elevato rispetto al passato, ma non rappresenta una componente importante del paniere dell’inflazione. Mentre in Europa vediamo l’obiettivo al 2%, pensiamo che per gli Usa resteremo più vicini al 3%.
Nel breve termine, riteniamo che i rendimenti probabilmente scenderanno in misura simile in Europa e negli Stati Uniti, ma prevediamo che i rendimenti europei scendanno ulteriormente rispetto agli Usa. Forse non nel 2024, ma probabilmente nel 2025.
Le azioni cinesi potranno recuperare parte del loro appeal?
Le azioni cinesi hanno valutazioni convenienti. Ma è una ‘trappola del valore’ o si tratta di una vera sottovalutazione? Il problema è fondamentalmente economico, perché il modello di crescita cinese si è in qualche modo guastato. Questa incertezza ha provocato un enorme sconto sulle azioni cinesi, in quanto resta incertezza su quella che sarà la politica futura del governo. La Cina dovrà fornire agli investitori chiarezza per mettere il mercato nelle condizioni di tornare con forza sulle azioni in modo sostenibile. Per quanto ci riguarda, facciamo sulle azioni cinesi solo piccole mosse tattiche a brevissimo termine, in attesa di comprendere le mosse di Pechino.
Articolo tratto dal n° di aprile del magazine We Wealth.
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