Il presidente cinese Xi Jinping gioca d’anticipo e conferma la sua partecipazione. Secondo le indiscrezioni parlerà di un multilateralismo inclusivo, in cui la Cina possa giocare il ruolo che le spetta. Il destinatario di queste parole Joe Biden, al momento, compare come il grande assente
Con l’Italia che assume la presidenza del G20 i fari sono puntanti anche sul discorso di Giuseppe Conte. Sono attesi anche gli speech di Angela Merkel e di Emmanuel Macron, quest’ultimo assente negli ultimi due anni
Xi Jinping gioca d’anticipo (e Biden latita)
Gli equilibri d’altronde sono già mutati. La Cina – unico Paese che ha chiuso il 2020 con una crescita del Pil con il segno positivo – vedrà lo stesso presidente Xi Jinping parlare lunedì 25 gennaio, invitando, secondo il giornale cinese Global Times, il nuovo presidente Usa Joe Biden a ripristinare un multilateralismo che sia inclusivo e non unilaterale, con gli Usa al centro. La Cina vuole il posto nel mondo che si è guadagnata con la sua crescita esponenziale e con la sua ottimale gestione della pandemia.
Biden non compare tra gli ospiti nell’agenda del convegno, mentre dovrebbe collegarsi il dottor Anthony Fauci che dalla sua posizione di direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) guida la battaglia contro il Coronavirus in Usa. Fauci parlerà nel contesto di un workshop sulle risposte al Covid 19 il 25 gennaio alle 14.15.
Attesa per Conte, con l’Italia alla presidenza del G20
C’è invece attesa per il premier italiano Giuseppe Conte: parlerà il 27 gennaio alle 11. “Quest’anno l’Italia assume la presidenza del G20, che giocherà un ruolo cruciale”, di guida nella gestione delle emergenze globali e nella definizione delle priorità. Lo ha detto qualche giorno fa lo stesso Borge Brende, presidente del Wef. Dunque intorno alle parole di Conte, proprio in veste di presidente del G20 e nonostante le recenti grane di politica interna, si concentrerà l’attenzione.
L’intervento di Angela Merkel è previsto invece il 26 gennaio alle ore 13: lo scorso anno la leader tedesca aveva incentrato il suo discorso sul tema della collaborazione, quanto mai importante nel post Covid. Nello stesso giorno, 11 invece sarà la volta del discorso della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. E alle 15 parlerà Emmanuel Macron, che nel 2019 aveva dovuto disertare l’appuntamento perché impegnato a gestire le proteste dei gilet gialli e anche nel 2020 si era fatto notare per la sua assenza. Lo special address del premier giapponese Yoshihide Suga è previsto il 29 gennaio alle 11.
I leader delle organizzazioni internazionali
Fra i leader delle organizzazioni internazionali, ci saranno António Guterres, segretario generale dell’Onu (il 25 gennaio alle 18); Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms (che parteciperà alla discussione su come rendere i sistema sanitari nazionali più solidi e accessibili a tutti, venerdì 29 alle 18); Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fondo monetario internazionale (che parlerà martedì 26 alle 17,15 del modo in cui le aziende possono implementare i criteri Esg nella gestione della propria organizzazione), Christine Lagarde, presidente della Bce (lunedì alle 17,15 in una tavola rotonda sul tema della crescita economica nel post Covid).
Ricostruire la fiducia e riscrivere le priorità
Ovviamente tutte le discussioni promaneranno dalla pandemia che, come anticipato dal Global Risks Report condizionerà tutto il prossimo decennio. La pandemia ci ha insegnato che “nessuna istituzione o individuo da solo può affrontare le sfide economiche, ambientali, sociali e tecnologiche del nostro mondo complesso e interdipendente… Le faglie emerse nel 2020 appaiono ora come crocevia cruciale nel 2021”. Ora la necessità è quella “di reimpostare le priorità e l’urgenza di riformare i sistemi si rafforzano in tutto il mondo”.
I sette temi del Great Reset
Come? A Davos tutto girerà intorno alla Great Reset Initiative del Wef. Che si articola su sette temi portanti, che vanno dalla salvaguardia del pianeta che si attua potenziando la forte attitudine alla sostenibilità applicata a ogni ambito dell’attività umana – energia, cibo, abbigliamento, viaggi, città. A una maggiore equità sociale che richiede si rimodellino le economie: anche se dalla seconda guerra mondiale, l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione ha liberato miliardi di persone dalla povertà, in molte nazioni la ricchezza si è polarizzata, complice anche una mobilità sociale difettosa e sempre minor coesione sociale. La crescita deve andare a vantaggio di molti e non solo di pochi. A questo si collega il terzo punto: la tecnologia, il cui sviluppo a velocità vertiginosa e la vastità di applicazione “minaccia la definizione stessa di cosa significhi essere umano”, a detta della Davos Agenda e pone molti dilemmi etici.
La tecnologia d’altronde offre anche moltissime opportunità: chiunque abbia un telefono cellulare può accedere al materiale del corso per una laurea ad Harvard, prendere parte alla “gig economy” o trovare finanziamenti per la sua nuova impresa. Ma se si lascia fare al mercato il rischio è che la quarta rivoluzione industriale generi disoccupazione e ulteriore disparità: a Davos si vogliono stabilire le regole per evitare che ciò avvenga, definendo quali competenze servono alle persone che dovranno lavorare nel futuro.
Le imprese sono state in prima linea in ogni fase di ogni cambiamento tecnologico e sociale: sono necessarie per creare un mondo coeso e resiliente. Il reset passa anche da loro: da uno spostamento degli orizzonti temporali, da uno sguardo che superi i profitti a breve termine e tenda alla sostenibilità e all’inclusività.
Inclusività che deve riguardare, infine, anche la geopolitica: nel mondo si contano 193 nazioni sovrane, una proliferazione di centri di potere regionali ma nelle situazioni di emergenza i confini vanno messi da parte a favore della collaborazione internazionale. Che funziona quando si affrontano temi epocali come è stato con il cambiamento climatico e l’Accordo di Parigi e sarà imprescindibile nel post Covid.