Quest’anno sono tornati a crescere i ragazzi fino a 29 anni che restano a vivere in famiglia (52% dei casi, era il 44% negli anni della crisi finanziaria, attorno al 2010). Un altro segnale delle strategie difensive della famiglia americana. Le “mamme del calcio” stanno abbandonando Trump, dunque? Malgrado tutto, è presto per dirlo, però sarà un indicatore fra i più sensibili, da tenere sotto controllo fino agli ultimi giorni, per capire se Trump ce la farà. Le modalità di recupero – concrete e pragmatiche – stanno nella capacità di dare sostegno e sicurezza alla famiglia ed alla donna multiruolo. Pochi giorni fa Trump ha annunciato con foga che “le medicine negli Usa costeranno meno e che nessuno dovrà più approfittarsi della famiglia americana”. Appunto. La crisi economica: l’economia da sempre è il punto chiave delle elezioni. Tutti ricorderanno il motto “it’s economy, stupid” con il quale Clinton stracciò Bush nel 1992. La crisi economica è evidente. In tre mesi, da marzo a maggio 2020, la disoccupazione ufficiale è passata dal 4% a quasi il 15%. Ma dal picco di maggio è già scesa all’8% a settembre. Il mercato del lavoro americano è così flessibile che i riferimenti europei (dove occupazione e disoccupazione, grazie ai meccanismi di ammortizzazione, impiegano trimestri per muoversi in un senso o nell’altro) non sono utili per prevedere i comportamenti. Il fattore occupazione sarà importante anche per queste elezioni, un mese di ottimismo (o di ulteriori cadute), soprattutto sull’economia dei servizi, può invertire completamente la direzione. L’economia dei servizi ci ricorda che ad esempio la crisi covid sta impattando in modo diverso in diversi stati. A New York City la città è in crisi, le chiusure e le limitazioni (il governatore Cuomo ha appena acconsentito a concedere un utilizzo massimo del 25% dei coperti interni per ogni ristorante) hanno vuotato negozi, ristoranti, bar. Negli stati del Sud, la situazione appare molto diversa. Queste diversità territoriali incideranno sulle elezioni. E una discreta ripresa dell’occupazione negli “swing state” (gli stati incerti e che possono decidere il risultato) potrebbe cambiare i giochi. In sintesi, malgrado i sondaggi (e l’opinione delle élite americane ed europee), Trump potrebbe ancora vincere la rielezione. La sua arma, rozza quanto si vuole, è di indubbia efficacia: la duttilità, l’assoluta mancanza di posizioni ideologiche, la totale disponibilità ad assumere in tempi brevi posizioni polari se (a suo avviso) utili al raggiungimento dei suoi obiettivi. Di recente un deputato norvegese lo ha proposto per il Nobel per la Pace, a seguito del successo della sua amministrazione nel far firmare un trattato normalizzazione delle relazioni fra Israele e gli Emirati Arabi Uniti. Una notizia che all’inizio ha fatto sorridere molti. Successo bissato nei giorni scorsi da analogo trattato con il Bahrein, intesa che lascia aperta la possibilità che a questi si aggiunga presto persino l’Arabia Saudita, completando una normalizzazione diplomatica che nessuno aveva mai realizzato. Non è detto che questi progressi riescano a ad abbassare la tensione nell’area. La comunità ebraica Usa vota a maggioranza i democratici. Ma il suo legame con Israele è molto forte, soprattutto quello della sua minoranza ortodossa, più vicina a Trump, malgrado alcune imbarazzanti amicizie del Presidente (fra i suprematisti e razzisti bianchi). Ma questo è Trump. Questo è un esempio della sua caotica e forse pericolosa presidenza. Sottovalutarlo in vista dell’appuntamento di novembre appare sconsigliabile.
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Il vaccino, il lavoro e le soccer mom

I numeri dell’emergenza sanitaria, i dati estremamente volatili sull’occupazione negli stati incerti e il voto delle donne bianche della middle class suburbana influenzeranno l’esito delle urne più di ogni altro fattore. Potrebbero ribaltare i pronostici che danno lo sfidante Joe Biden favorito. Così le variabili socio-economiche giocheranno la partita decisiva
Il presidente Trump non è di certo il politico più amato del mondo. Non è nemmeno il presidente più amato negli Usa. Solo un paio di “sfortunati” predecessori (George H. W. Bush, il primo dei Bush per intenderci, quello che le prese da Clinton e non arrivò al secondo mandato; Jimmy Carter, incappato…

di Fabrizio Fornezza
Sociologo, imprenditore, ricercatore sociale e di mercato. Laureato in Scienze Politiche e Sociali all’Università di Milano, è stato dg di GfK Eurisko e presidente di Eumetra. Da luglio del 2021 è partner di Research Dogma, un nuovo istituto di ricerca orientato a risolvere problemi per le organizzazioni, portando soluzioni più agili, specifiche e innovative, adatte ai nuovi contesti di competizione.

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