La corsa presidenziale è scivolata nelle ultime settimane, come vuole Trump, verso un duello tra pistoleri, con l’elogio di chi usa le armi e il tocco finale della minaccia di tagliare i fondi alle municipalità amministrate dai democratici, perché, secondo il presidente in carica, sono “covi di anarchici”. D’altra parte, nel momento culminante delle violenze seguite all’omicidio di George Floyd, il presidente aveva scritto su Twitter: “When the looting starts, the shooting starts”, “quando cominciano i saccheggi, si comincia a sparare”.
C’è chi si spinge a dire che il sistema americano non sia davvero democratico, ma degenerato, perché sotto il velo dell’ipocrisia e di finte battaglie per i diritti civili, si nasconde una lotta di classe lacerante, mentre la polizia ammazza la gente per strada senza ragione, al di là di ogni buon senso, non da oggi, ma da decenni e decenni. Un fenomeno ricorrente, sia sotto presidenti repubblicani che democratici. Che poi, come dice Trump, il suo avversario Biden abbia un’agenda “socialista” fa ridere: da queste parti soltanto una minoranza ha vagamente idea di cosa siano le idee socialiste, i più confondono il socialismo e persino la socialdemocrazia con il comunismo. Basta parlare di riforme sanitarie, pensionistiche o dell’istruzione e subito si viene rubricati come dei pericolosi estremisti di sinistra. Va forte invece il populismo e il nazionalismo radicale che fa pronunciare ai politici americani frasi che fanno piangere le mamme e ridere gli amici. Ora l’atmosfera in diverse città americane, anche quelle non coperte dalle cronache, sta diventando simile a quei film di Hollywood catastrofisti dove, dopo la fine del mondo, si sopravvive soltanto con un fucile in mano: lo chiamano sogno americano ma in realtà è un incubo. Ne avevamo avuto la prova quando, all’inizio della pandemia di Covid-19, gli americani hanno affollato i negozi di armi mentre noi svuotavamo gli scaffali di pasta e pelati. E come volete mai che vada a finire poi? Fa parte della mentalità di questo Paese, pieno di contraddizioni, dove nei condomini è proibito persino fumare una sigaretta, nel tinello di casa propria, ma si può sparare a raffi- ca sul vicino con armi da guerra. Eppure gli Stati Uniti restano la maggiore superpotenza mondiale, che, se va male, trascina tutti nel disastro economico e politico.
Le due élite al potere, quella repubblicana e quella democratica, si somigliano molto più di quanto non sembri e le stesse battaglie di Black Lives Matter, quando escono dalle strade e vengono mo- nopolizzate dall’alto, dal tragico bilancio dei morti del Wisconsin, slittano verso il ridicolo. Basta vedere i giocatori di basket neri della Nba che dopo avere sospeso due partite riprendono immediata- mente il campionato: milionari che vogliono trincerarsi dietro il politically correct. Magari ci smentiranno, ma non sembra questa gente sia adatta non soltanto a fare una rivoluzione, ma neppure a promuovere le riforme necessarie per correggere un sistema marcio, incapace di colmare uno spaventoso divario tra ricchi e poveri e che vende armi a tutto il mondo per fare guerre che non servono a nessuno, se non all’inossidabile apparato bellico americano. La politica Usa è la sezione intrattenimento dell’apparato milita- re-industriale, diceva Frank Zappa, e riguarda sia i democratici che i repubblicani, nella stessa misura. Ecco perché le elezioni americane sono discretamente inutili. Con qualche istruttiva ec- cezione che aiuta a capire. Il Minnesota dove è stato ammazzato George Floyd, è una di queste eccezioni, che però conferma la regola. È l’unico stato ad avere votato contro Ronald Reagan nel 1984. L’ultima volta che i suoi elettori hanno scelto un candidato repubblicano è stato 50 anni fa, nel 1972. Tenendo presente que- sta reputazione può apparire sorprendente che una pattuglia di polizia abbia ucciso Floyd in quel modo. In realtà il Minnesota, tra i primi stati per istruzione e reddito, ha regole che valgono solo se sei bianco. Il salario medio di una famiglia bianca di Minneapolis è intorno ai 100mila dollari, quella di una famiglia di colore non supera i 28mila. La verità è che a partire dagli anni’70, le disuguaglianze razziali negli Usa non hanno smesso di accentuarsi e la violenza della polizia è l’espressione più brutale di questa tendenza disastrosa. Trump difende l’America che ha paura delle proteste, Biden difende un intero sistema che non sa come riformare. Ecco perché gli Stati Uniti, chiunque vincerà, non escono dal tunnel dove si sono cacciati.