Lo abbiamo incontrato a metà settembre 2023, in occasione dell’apertura milanese della casa d’aste Phillips (1796). Lui è l’italiano Domenico Raimondo, senior director, design head of department, Europe and senior international specialist della terza casa d’aste più importante al mondo. Il responsabile globale del design di Phillips è un architetto di formazione internazionale: laurea alla prestigiosa Architectural Association School of Architecture di Londra, lavoro con Rem Koolhaas (il creatore della Torre Prada a Milano), attività di docenza presso Royal College of Arts, North London Polytechnic, Architectural Association. La sua folgorazione per il design avviene da ragazzino, quando ha modo di vedere la purezza e la razionalità del celebre tavolo di Mario Asnago in Triennale, a Milano. Il suo ingresso in Phillips – avvenuto nel 2007 – segna la creazione del dipartimento di design presso la casa d’aste e allarga una volta per tutte il panorama dei beni da collezione alla progettazione d’autore.
Gio Ponti
Desk from Casa di Fantasia, Milan
circa 1951
Burr walnut-veneered wood, glass, brass.
83 x 166 x 69 cm (32 5/8 x 65 3/8 x 27 1/8 in.)
Executed by Giordano Chiesa, Milan, Italy. Together with a certificate of expertise from the Gio Ponti Archives.
Estimate £80.000 – 120.000
SOLD FOR £203.200
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Fino a pochi anni fa il design non veniva percepito come asset: era solo qualcosa di molto carino da tenere in casa. Non esistevano le aste monografiche ormai consolidate. Com’è avvenuta questa ascesa?
“Da principio queste aste erano denominate semplicemente ‘decorative arts’, arti decorative. È stata proprio Phillips a ribattezzarle con il termine ‘design’. Quando un pezzo di design è fatto da un progettista (designer o ingegnere che sia) e non da un decoratore, si vede. Faccio un esempio: Carlo Mollino (1905-1973; suo è il secondo pezzo di design ad oggi più costoso, un tavolo da 6.181.350 di dollari nel 2020, ndr) era un architetto, Jean Royère (1902-1981) no. Cambiano proporzioni, linee, pensiero. È parzialmente vero che un oggetto di uso magari quotidiano non si considerava come asset fino a non molto tempo fa. Ma in realtà la crescita di valore del design è in atto da molti anni. La crescita è stata dapprima graduale, riservata agli intenditori – penso a collezionisti di grandissima levatura come Francesco Carraro – poi esponenziale. Già negli anni ’80, i più lungimiranti iniziavano ad acquistare opere di designer come Carlo Mollino, Carlo Scarpa, Gio Ponti, Jacques-Émile Ruhlmann, Jean Michel Frank, anche per grosse cifre. Con l’ascesa dell’arte moderna e contemporanea, anche il design – per associazione – è diventato un asset: in genere, chi acquista contemporaneo poi si apre anche al design, che dapprima indubbiamente era meno conosciuto a livello di massa, ma oggi è impossibile ignorarlo”.
Nanna and Jørgen Ditzel
Rare two-seater sofa
1949
Fabric, stained beech.
76.7 x 144.6 x 73.6 cm (30 1/4 x 56 7/8 x 28 7/8 in.)
Executed by master cabinetmaker Knud Willadsen, Lillerød, Denmark.
Estimate £12.000 – 18.000
SOLD FOR £22.680
Posto che ogni previsione è un azzardo, ravvisa attualmente ancora un trend di crescita del valore nel comparto?
“Non è il tipo di domanda cui amo rispondere. Anche quando me la fanno i collezionisti. È evidente che una crescita del valore c’è stata. E che a volte ci sono grandi ritorni nella rivendita, è innegabile. Ma io suggerisco sempre di comprare solo se un oggetto piace davvero, senza pensare all’eventuale rendimento. Che poi è l’atteggiamento di tutti i veri collezionisti”.
Hans Coper
Monumental bottle with disc top
circa 1959
Stoneware, layered porcelain slips and engobes over a textured body, the neck, lip and interior with a manganese glaze.
66.5 cm (26 1/8 in.) high
Front of foot impressed with artist’s seal.
Estimate £120.000 – 180.000
SOLD FOR £584.200
Nota dei cambiamenti di gusto, delle tendenze definite?
“Molto dipende dai gruppi anagrafici cui appartengono i collezionisti. Il design radicale e il design post moderno sta tornando moltissimo anche fra i più giovani. È fisiologico, è una conversazione. Si parte da un punto e poi si procede; dall’ante seconda guerra si procede in avanti per poi tornare indietro: quando ho iniziato nessuno comprava un Tomaso Buzzi (1900-1981), per dire. Poi ho iniziato a inserirlo in catalogo, e quindi è tornato. È questione anche di educare l’occhio: quando prepari un’asta pensi a un paesaggio; a come contestualizzare un oggetto, opporlo ad altri, affiancarvelo, anche cronologicamente. Significa dare il ritmo dell’asta, il passo: parti, ti fermi, poi riprendi, continui. È una conversazione fra elementi, una canzone, una sinfonia”.
Studio B.B.P.R.
Rare ceiling light, model no. 2045c
circa 1962
Painted aluminium, aluminium, painted metal, acid-etched prismatic glass.
27 x 296 x 145 cm (10 5/8 x 116 1/2 x 57 1/8 in.)
Manufactured by Arteluce, Milan, Italy. Interior of three shades with manufacturer’s label printed AL/MILANO/ARTELUCE.
Estimate £50.000 – 70.000
SOLD FOR £327.600
Un neo collezionista serio con una importante disponibilità intellettuale prima che economica, cosa non dovrebbe farsi mancare?
“Conosco personalmente un grandissimo collezionista di Ponti. Un giorno gli ho detto: ‘tu devi comprare assolutamente un pezzo di Mollino’. Qualunque sia la passione che germina nella mente e nel cuore di un collezionista, è importante che ci siano la volontà e l’intelligenza di portare avanti il discorso, la visione. Magari c’è chi compra Fontana Arte e poi arriva al design radicale di Ettore Sottsass. La conoscenza deve progredire per vie affini e contrarie. Penso anche a un altro grande collezionista che mi è capitato di conoscere. Aveva una raccolta immensa di impressionisti, più un unico splendido old master che dialogava magnificamente con tutta la collezione”.
Jean Royère
‘Flaque’ coffee table
1955-1958
Oak-veneered wood, oak, mirrored glass.
34.3 x 128.2 x 65 cm (13 1/2 x 50 1/2 x 25 5/8 in.)
Estimate £120.000 – 180.000
SOLD FOR £327.600
L’apertura di una sede qui a Milano ha qualcosa a che fare con il design?
“Certamente. Phillips è la casa di riferimento globale per il design italiano (e non solo, ndr). L’Italia per il design resta fondamentale, e Milano rappresenta un grosso bacino di utenza non solo per reperire le opere, ma anche per i collezionisti. Non poteva non succedere che aprissimo anche qui”.
Ci sono ancora delle ottime valutazioni in Italia, si può comprare bene?
“Si. E in generale tengo sempre il listino abbastanza contenuto: non voglio creare bolle di mercato”.
Tornando a design e decorazione… ‘Les Lalannes’, fortissimi in asta con le loro pecore e i loro ippopotami (lotto record al momento è il mobile bar ippopotamo, 7.597.500 dollari nel 2023, ndr) dove si collocano? Sono artisti, decoratori, designer?
“Né gli uni né gli altri. I Lalanne (François e Claude, ndr) sono un fenomeno a sé. Si tratta di un ottimo esempio di come funziona il mercato: fino all’epocale asta della collezione di Yves Saint Laurent, i loro oggetti non destavano grande interesse. Per me, quelle creazioni sono ‘whismical’: stravaganti, non funzionali. Certo sono opere decorative e divertenti. È un mondo che ha una sua poesia, e che oggi genera molto denaro; questo non si può ignorare. Ma quei pezzi non sono né design né arte. Si collocano in un territorio a parte, ed è questa la loro fortuna”.