Da tale prima distinzione prende le mosse anche l’amministrazione finanziaria, che infatti distingue ulteriormente tra: (i) token di pagamento, ovvero mezzi di pagamento o strumenti finalizzati al trasferimento di denaro e di valori; (ii) security token, ovvero strumenti rappresentativi di diritti economici legati all’andamento dell’iniziativa imprenditoriale e/o di diritti amministrativi relativi all’iniziativa stessa; (iii) utility token, finalizzati appunto all’acquisto di un bene o alla fruizione di un servizio; (iv) token ibridi, che combinano caratteristiche proprie di almeno due delle categorie sopra individuate, o ne rappresentano, più semplicemente, declinazioni o sottocategorie.
L’amministrazione finanziaria, nel caso di specie, si limita a inquadrare lo strumento tra gli utility token, richiamando il principio, affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza del 22 ottobre 2015 (causa C-264/14, Hedqvist), secondo cui un token di pagamento non ha “altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento” – in altri termini, il ragionamento (a contrariis) dell’agenzia delle Entrate appare essere il seguente: se un token non è “puramente”mezzo di pagamento, allora è da inquadrare (sempre?) tra gli utility token (criterio certamente semplice, ma potenzialmente foriero di rigidità interpretative).
In ogni caso – superando quanto indicato dall’amministrazione stessa nell’interpello n. 14 del 2018 –gli utility token, equiparabili sostanzialmente a dei voucher come da questa riconosciuto, non sono più da considerarsi comunque estranei all’ambito di applicazione dell’Iva, bensì – stante la novità normativa adottata successivamente al predetto interpello del 2018, in recepimento di una direttiva comunitaria – da distinguere in base alla relativa funzione “monouso” oppure “multiuso”: nel primo caso si tratta di gettoni rappresentativi di merci o servizi ben individuati, e come tali da assoggettare a Iva in sede di emissione (in altre parole, acquistare il token è come acquisire il bene o il servizio sottostante), mentre nel secondo caso si tratta, in sostanza, di un mezzo di pagamento, e come tale estraneo all’applicazione dell’imposta (intendiamoci: questa verrà comunque applicata, ma solo al momento della spendita del token, quando sarà possibile individuare il bene o il servizio specifico, e quindi, tra l’altro, la corretta aliquota Iva da applicare).