La crisi matrimoniale, che si concretizzi in una separazione legale o nel definitivo scioglimento del vincolo con il divorzio, produce effetti di vasta portata anche con riguardo ai diritti successori. La legge italiana disciplina con precisione questi scenari, distinguendo nettamente le posizioni del coniuge separato e dell’ex coniuge divorziato.
Di seguito un’analisi per comprendere come la separazione, l’addebito di essa e il divorzio modifichino l’assetto successorio.
Il coniuge separato
Condizione del coniuge separato ai fini successori
La condizione del coniuge separato ai fini successori è strettamente legata alla presenza o meno dell’addebito della separazione, ovvero all’accertamento giudiziale di una colpa specifica per la fine della convivenza matrimoniale.
Qualora la separazione personale sia avvenuta senza addebito (o con sentenza di separazione con addebito non ancora passata in giudicato al momento dell’apertura della successione) il coniuge conserva tutti gli stessi diritti successori del coniuge non separato. Ciò significa che egli mantiene la sua qualifica di erede legittimario, ai sensi dell’art. 536 c.c.
[H3] Quote ereditarie del coniuge separato senza addebito
Nella successione legittima, in assenza di testamento, se il coniuge non concorre con figli, ascendenti, fratelli o sorelle, gli si devolve l’intera eredità. In presenza di un solo figlio, il coniuge ha diritto alla metà dell’eredità, mentre se i figli sono più di uno, ha diritto a un terzo.
Qualora non vi siano figli, ma concorra con ascendenti o con fratelli e sorelle (anche unilaterali), al coniuge spettano i due terzi dell’eredità. In ogni caso, nella successione legittima, la quota che spetta al coniuge superstite non è mai inferiore a un terzo.
Diritti di abitazione e uso sulla casa familiare
A questi diritti si aggiungono quelli, particolarmente significativi, di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, a condizione che l’immobile fosse di proprietà del defunto o comune.
Questi diritti si configurano come legati ex lege e sono acquisiti immediatamente dal coniuge superstite al momento dell’apertura della successione. Ciò comporta che il coniuge può anche rinunciare all’eredità e mantenere comunque tali legati.
La ratio di questa previsione risiede nella tutela dell’interesse morale del coniuge superstite a conservare i rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare, piuttosto che un mero interesse economico.
Evoluzione giurisprudenziale sui diritti di abitazione in caso di separazione
Un punto di rilevante importanza, e oggetto di evoluzione giurisprudenziale, riguarda l’applicabilità di questi diritti in caso di separazione.
Un precedente orientamento aveva negato tali diritti al coniuge separato, sostenendo che la cessazione della convivenza facesse venire meno il presupposto oggettivo della “casa adibita a residenza familiare”.
Tuttavia, la Suprema Corte, con la sentenza Cass. Civ. sez. II, 26 luglio 2023, n. 22566, ha espresso un principio di diritto volto a superare tale contrasto. Secondo questa pronuncia, alla separazione legale tra i coniugi non può attribuirsi l’effetto di incidere sull’esistenza del diritto di uso o abitazione della casa coniugale qualora al momento dell’apertura della successione il giudizio di separazione sia ancora pendente.
Il diritto di abitazione spetterà al coniuge superstite separato senza addebito anche nel caso in cui, al momento dell’apertura della successione, non occupava l’immobile in questione, a condizione che lo stesso non abbia perso ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare.
La Corte ha accolto questa interpretazione per evitare una disparità di trattamento nei confronti del coniuge senza prole o che abbia rinunciato all’assegnazione o in favore del quale tale provvedimento non sia stato assunto, pur in assenza di addebito.
Principio di diritto sui diritti di abitazione e uso
Questo il principio di diritto: “I diritti di abitazione e uso, accordati al coniuge superstite dall’art. 540, comma 2, c.c. spettano anche al coniuge separato senza addebito, eccettuato il caso in cui, dopo la separazione, la casa sia stata lasciata da entrambi i coniugi o abbia comunque perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare”.
Il valore di questi diritti di abitazione e uso si somma alla quota di riserva del coniuge e grava in primo luogo sulla quota disponibile dell’eredità. In ambito di successione legittima, il riconoscimento di tali diritti è automatico e non richiede una specifica domanda del coniuge, essendo un diritto attribuito direttamente dalla legge.
Separazione con addebito: perdita dei diritti successori e assegno vitalizio
Qualora al coniuge separato sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato al momento dell’apertura della successione, quest’ultimo perde i diritti successori.
Tuttavia, egli non decade dal diritto di percepire un assegno vitalizio qualora al momento dell’apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto. La natura di questo assegno vitalizio ex art. 548 co 2 cc è considerata strettamente alimentare, in quanto correlata agli alimenti di cui già godeva il coniuge superstite.
Per tale ragione, l’assegno potrà diminuire o cessare in relazione alle variazioni dello stato di bisogno, ma non potrà mai aumentare. Tale assegno è commisurato alle sostanze ereditarie, alla qualità e al numero degli eredi legittimi, e non può essere di entità superiore alla prestazione alimentare goduta.
È un legato ex lege e un diritto nuovo, acquisito dal coniuge superstite iure successionis. L’ammontare dell’assegno sarà tanto minore quanto più numerosi e prossimi in grado sono gli eredi legittimi.
Il coniuge divorziato
Effetti del divorzio sui diritti successori
Con la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (divorzio), il coniuge diventa privo di diritti successori nei confronti dell’ex coniuge che muore.
La giurisprudenza ha ritenuto costituzionalmente legittima questa scelta del legislatore, evidenziando che il venir meno definitivo del vincolo matrimoniale esclude la configurabilità di una comunità familiare tra gli ex coniugi.
Assegno a carico dell’eredità per il divorziato (art. 9 bis L. 898/1970)
L’unica eccezione a questa regola è la previsione dell’articolo 9 bis della legge sul divorzio (L. n. 898/1970). Questa norma consente al divorziato di chiedere un assegno periodico a carico dell’eredità qualora sussistano specifici presupposti.
I presupposti chiesti dall’art. 9 bis sono i seguenti:
- Il divorziato deve essere titolare dell’assegno di divorzio e tale titolarità deve essere effettiva.
- Il divorziato si deve trovare in stato di bisogno. Lo stato di bisogno, pur non avendo una definizione normativa, è interpretato dalla giurisprudenza come l’insufficienza delle risorse economiche occorrenti per soddisfare le essenziali e primarie esigenze di vita. La Cassazione ha adottato un’interpretazione intermedia, non troppo rigorosa (non deve coincidere necessariamente con l’impossibilità di sopravvivenza) né troppo estensiva (mantenimento del precedente tenore di vita). Il giudice, nel caso concreto, ha una certa discrezionalità nel valutarne l’esistenza.
- Non deve essere passato a nuove nozze. La conclusione di un’unione civile ha lo stesso effetto. Anche la convivenza more uxorio, sebbene inizialmente non equiparata alle nuove nozze, può comportare la cessazione dello stato di bisogno e la perdita del diritto all’assegno.
Caratteristiche e quantificazione dell’assegno a carico dell’eredità
L’assegno a carico dell’eredità costituisce un diritto nuovo e autonomo, che nasce dalla cessazione del diritto all’assegno di divorzio ma si fonda su presupposti non coincidenti con quelli dell’assegno divorzile. È un diritto personale, irrinunciabile e incedibile, e non può essere pignorato.
Per la quantificazione dell’assegno, il tribunale considera vari parametri:ù
- l’entità del bisogno,
- l’importo dell’assegno di divorzio periodicamente goduto,
- l’eventuale pensione di reversibilità (il cui godimento può influenzare o escludere lo stato di bisogno),
- le sostanze ereditarie (per il cui calcolo è più corretto escludere le donazioni e fare riferimento solo al relictum, diversamente dal vitalizio del coniuge separato con addebito),
- il numero, la qualità e le condizioni economiche degli eredi.
Il diritto del divorziato sarà tanto minore quanto più numerosi e stretti sono i vincoli di parentela degli eredi con il defunto.
L’assegno grava solo sulla quota disponibile dell’eredità, quella parte di cui il defunto poteva disporre liberamente per testamento, in quanto non può intaccare la quota di riserva dei legittimari.
La morte del beneficiario estingue il diritto all’assegno, che non è trasmissibile agli eredi del medesimo.
Domande frequenti su Eredità post separazione e divorzio: cosa spetta all’ex coniuge?
Il coniuge separato, a differenza del coniuge divorziato, conserva determinati diritti successori, a meno che la separazione non sia avvenuta con addebito a suo carico. Il coniuge divorziato, invece, perde generalmente i diritti successori, salvo il possibile diritto a un assegno a carico dell'eredità in determinate circostanze.
I diritti di abitazione e uso sulla casa familiare possono essere oggetto di evoluzione giurisprudenziale in caso di separazione. L'articolo menziona un 'principio di diritto' relativo a questi diritti, suggerendo che la loro applicazione può variare a seconda delle specifiche circostanze del caso.
Un coniuge separato perde i diritti successori se la separazione è avvenuta con addebito a suo carico. In questo caso, oltre alla perdita dei diritti successori, potrebbe perdere anche il diritto all'assegno vitalizio.
Un coniuge divorziato può avere diritto a un assegno a carico dell'eredità dell'ex coniuge ai sensi dell'art. 9 bis L. 898/1970. Questo assegno è subordinato a specifiche caratteristiche e criteri di quantificazione, che devono essere valutati caso per caso.
La separazione con addebito comporta la perdita dei diritti successori e potenzialmente anche dell'assegno vitalizio. L'articolo non specifica le condizioni precise per la perdita dell'assegno, ma indica una correlazione tra addebito e perdita di diritti economici.