Convivenza e diritti successori: cosa dice la legge
La convivenza è una realtà sempre più diffusa nella società moderna, ma dal punto di vista giuridico, essa presenta delle peculiarità che la differenziano nettamente dal matrimonio e dalle unioni civili. Una delle domande più frequenti che sorgono in questo contesto riguarda i diritti successori del partner convivente in caso di morte dell’altro.
Vediamo insieme cosa prevede la legge italiana e quali sono le soluzioni possibili per tutelare il convivente superstite.
Ai conviventi more uxorio (che l’art.1, comma 36, della l.20 maggio 2016, n. 76 definisce come “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”) la legge non riconosce alcun diritto successorio, per cui in assenza di testamento non si avrà alcuna successione dall’uno all’altro dei partners.
Conviventi e successione: cosa succede senza testamento
Questo significa che, se uno dei partner muore senza aver predisposto un testamento, il convivente superstite non ha diritto all’eredità.
La situazione dei conviventi di fatto è diversa da quella dei coniugi e delle parti dell’unione civile, che invece godono di diritti successori ben definiti.
Convivenza e successione: la posizione della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 310 del 26 maggio 1989, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 565 e 582 del Codice Civile, nella parte in cui non includono fra i successibili ab intestato il convivente more uxorio.
In tale occasione la Corte ha affermato che “è vero che l’art. 29 Cost. non nega dignità a forme naturali del rapporto di coppia diverse dalla struttura giuridica del matrimonio, ma è altrettanto vero che riconosce alla famiglia legittima una dignità superiore, in ragione dei caratteri di stabilità e certezza e della reciprocità e corrispettività di diritti e doveri, che nascono soltanto dal matrimonio”.
Questo principio si riflette anche nella normativa successoria, che esige che le categorie di successibili siano individuate in base a rapporti giuridici certi e incontestati.
Inoltre, per la Corte, l’equiparazione del convivente more uxorio comporterebbe anche conseguenze che contraddirebbero la stessa natura della convivenza “che è un rapporto di fatto per definizione rifuggente da qualificazioni giuridiche di diritti e obblighi reciproci”.
I pochi diritti del convivente superstite previsti dalla legge
In ragione di tali differenziazioni, la legge 20 maggio 2016, n. 76, che disciplina le convivenze di fatto, ha introdotto alcune tutele per il convivente superstite, pur non prevedendo diritti successori.
In particolare:
- l’articolo 1, comma 42 riconosce al convivente superstite un diritto di abitazione di durata biennale (o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni, ma comunque non oltre i cinque anni) nell’abitazione di proprietà del convivente defunto.
La Cassazione, con sentenza n. 18354 del 31 luglio 2013, ha chiarito che “il riconoscimento di tale diritto di abitazione al convivente di fatto non è subordinato alla relativa domanda dal convivente stesso, trattandosi di un diritto attribuito direttamente dalla legge”. - l’articolo 1, comma 44, stabilisce che, in caso di morte del conduttore della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto di locazione.
Successione e diritti esclusi: cosa succede alla casa e ai mobili per il convivente?
Si sottolinea altresì che i diritti di abitazione e di uso sui mobili spettanti al coniuge e previsti dall’art. 540, comma 2 c.c. non spettano anche al convivente more uxorio.
La Cassazione Civile con sentenza del 27 aprile 2017 n. 10377 ha affermato che “Nè appare configurabile una lesione del principio di pari trattamento di situazioni identiche nella omessa estensione anche al convivente more uxorio del diritto di abitazione e di uso previsto dall’art. 540 c.c.”, avendo ritenuto il Giudice infondata la questione in considerazione del differente presupposto della successione mortis causa cui si ricollega l’applicazione di tale norma: “i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, attribuiti al coniuge dall’art. 540 c.c., comma 2, sono oggetto di una vocazione a titolo particolare collegata alla vocazione (a titolo universale) a una quota di eredità, cioè presuppongono nel legatario la qualità di legittimario al quale la legge riserva una quota di eredità.
Tale collegamento, per cui i detti diritti formano un’appendice della legittima in quota, si spiega sul riflesso che oggetto della tutela dell’art. 540, comma 2, non è il bisogno dell’alloggio (che da questa norma riceve protezione solo in via indiretta ed eventuale), ma sono altri interessi di natura non patrimoniale, riconoscibili solo in connessione con la qualità di erede del coniuge, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, il mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbols goduti durante il matrimonio, con conseguente inapplicabilità, tra l’altro, dell’art. 1022 c.c., che regola l’ampiezza del diritto di abitazione in rapporto al bisogno dell’abitatore”.
Come tutelare il partner convivente: testamento e contratto di convivenza
Per ovviare alla mancanza di tutela prevista dalla normativa, si suggerisce di operare una corretta pianificazione tramite un testamento o tramite la redazione di un contratto di convivenza.
È infatti la stessa Legge 20 maggio 2016, n. 76 ad offrire degli strumenti per tutelare, almeno in parte, la situazione finanziaria del convivente, anche in assenza di diritti successori.
Contratto di convivenza: cos’è, a cosa serve e cosa può contenere
Oltre a quanto già menzionato, rilevano in particolare:
- l’articolo 1, comma 50 introduce la possibilità per i conviventi di fatto di disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza;
- l’articolo 1, comma 53, lettera b) prevede che all’interno del contratto di convivenza, le parti possano specificare le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, tenendo conto delle sostanze di ciascuno e della capacità di lavoro professionale o casalingo.;
- l’articolo 1, comma 53, lettera c) dispone che il contratto di convivenza possa anche prevedere l’adozione del regime patrimoniale della comunione dei beni. Anche se non conferisce diritti successori automatici, la comunione dei beni influisce sulla titolarità dei beni acquistati durante la convivenza e sulla loro gestione.
Conclusioni: perché testamento e pianificazione sono fondamentali
Alla luce di tutto quanto sopra esposto di sottolinea che per garantire al convivente superstite una protezione adeguata in caso di morte dell’altro partner, è fondamentale tutelarsi attraverso il contratto di convivenza che può definire aspetti finanziari durante la relazione e predisporre un testamento che deve essere redatto in forma scritta e rispettare le formalità previste dalla legge per essere valido.
Domande frequenti su Convivenza e morte del partner: quali diritti per chi non è sposato
La legge italiana non riconosce al convivente superstite gli stessi diritti successori del coniuge o del partner unito civilmente. In assenza di testamento, il convivente non ha diritto all'eredità del partner defunto.
Il convivente superstite non ha automaticamente diritto alla casa di proprietà del defunto, né ai mobili in essa contenuti. La successione segue le regole ordinarie, privilegiando eredi legittimi come figli o genitori.
Attraverso un testamento, è possibile designare il convivente come erede o legatario, attribuendogli una quota del patrimonio disponibile. Questo permette di superare le limitazioni imposte dalla legge in materia di successione legittima.
Il contratto di convivenza è un accordo scritto che disciplina gli aspetti patrimoniali e personali della vita di coppia. Anche se non attribuisce diritti successori diretti, può contenere clausole che favoriscono il partner superstite, ad esempio in caso di divisione dei beni comuni.
La pianificazione successoria, tramite testamento e/o contratto di convivenza, è fondamentale per garantire al convivente superstite una tutela economica e patrimoniale adeguata. In assenza di tali strumenti, la legge non prevede tutele significative.