Accordi patrimoniali nella separazione: regole e benefici fiscali
Tramite gli accordi assunti in sede di separazione, i coniugi disciplinano i propri rapporti a seguito del venir meno del progetto di vita comune: tra di essi, assumono particolare importanza quelli aventi natura patrimoniale, con possibilità – tra l’altro – di prevedere trasferimenti di immobili ovvero costituire diritti reali minori – quale il diritto di abitazione sulla casa familiare – da un coniuge all’altro, ovvero a favore di eventuali figli (in ogni caso, con un regime fiscale di assoluto favore, essendo prevista l’esenzione da imposte e tasse di sorta).
Accordi patrimoniali nella separazione consensuale e giudiziale
Gli accordi aventi contenuto patrimoniale possono intervenire sia nell’ambito della procedura cosiddetta di separazione “consensuale” (esperibile quando i coniugi, allorché la prosecuzione della convivenza sia divenuta intollerabile, sono concordi nella volontà di separarsi e hanno già raggiunto un’intesa sulle relative condizioni) che di quella “giudiziale” (resa a esito di un procedimento di natura contenziosa, che viene promosso da uno dei coniugi nei confronti dell’altro laddove inizialmente difetti l’intesa).
Azione revocatoria: quando gli accordi di separazione possono essere impugnati?
Come ogni atto di disposizione patrimoniale, tuttavia, anche gli accordi assunti in sede di separazione sono suscettibili di pregiudicare eventuali creditori dei coniugi qualora – in esecuzione degli stessi – venga diminuita la garanzia offerta dal complesso dei beni del debitore.
Il rimedio generale è l’azione revocatoria (art. 2901 c.c.), attraverso la quale il creditore può ottenere una declaratoria di inefficacia nei propri confronti dell’atto pregiudizievole, sì da potersi poi soddisfare sul patrimonio del proprio debitore, come se tale atto non fosse mai stato posto in essere.
A tali fini devono sussistere un presupposto oggettivo (il compimento, da parte del debitore, di un qualsiasi atto giuridico idoneo a rendere più difficoltoso il soddisfacimento del credito) e uno soggettivo (la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore, o la dolosa preordinazione, qualora l’atto sia antecedente all’insorgenza del credito).
Qualora, poi, l’atto sia a titolo oneroso, a tali requisiti deve aggiungersi la consapevolezza del pregiudizio anche in capo al terzo contraente (ovvero la sua compartecipazione alla dolosa preordinazione, in caso di atto anteriore al sorgere del credito).
Separazione consensuale e azione revocatoria: la giurisprudenza della Cassazione
L’esperibilità dell’azione revocatoria nei confronti del trasferimento immobiliare operato in sede di separazione consensuale è costantemente riconosciuta dalla giurisprudenza, sul presupposto che l’accordo integra comunque un atto negoziale, frutto di libera determinazione dei coniugi, rispetto al quale il provvedimento di omologazione è mera condizione sospensiva di efficacia: l’azione va quindi a colpire non la separazione in sé, ma solamente la disposizione lesiva delle aspettative dei creditori, a nulla rilevando che essa sia considerata inscindibile rispetto al complesso delle altre condizioni dell’accordo di separazione (in tal senso, Cass. n. 8516/2006).
Novità 2024: la Cassazione estende la revocabilità agli accordi nella separazione giudiziale
In forza di una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 26127 del 7/10/2024), la possibilità di ottenere la revoca dei trasferimenti patrimoniali pregiudizievoli è stata estesa anche a quelli contenuti in accordi assunti nell’ambito di una separazione giudiziale e recepiti nella sentenza che ne abbia definito il procedimento, a seguito della rassegnazione di conclusioni congiunte da parte dei coniugi.
La Cassazione ha evidenziato che la natura negoziale degli accordi fra i coniugi (ritenuti equiparabili a pattuizioni atipiche ex art. 1322 c.c.) non muta per il fatto che essi siano poi confluiti in un provvedimento giudiziale, con conseguente assoggettabilità alle ordinarie impugnative negoziali a tutela delle parti e dei terzi “anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza che lo ha recepito, spiegando quest’ultima efficacia meramente dichiarativa, come tale non incidente sulla natura di atto contrattuale privato del suddetto accordo”.
Quali rischi per i coniugi e i creditori?
Pertanto, laddove tali accordi risultino lesivi dell’interesse dei creditori, non si ritiene esservi alcun ostacolo testuale o logico-giuridico all’esperibilità dell’azione revocatoria, sia ordinaria che fallimentare, nei confronti del trasferimento patrimoniale lesivo.
Quanto poi alla natura onerosa o gratuita dell’atto, la Suprema Corte ha richiamato il consolidato orientamento di legittimità secondo cui tali attribuzioni non sono riconducibili né alla fattispecie della vendita (difettando, fra l’altro, il pagamento di un corrispettivo), né a quella della donazione (non trattandosi necessariamente di una liberalità, in considerazione degli obblighi di mantenimento che possono far capo al cedente), ma sono caratterizzate da una “tipicità propria, la quale poi, di volta in volta, può colorarsi dei tratti dell’obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della gratuità”, dovendosi di volta in volta esaminare se l’atto sia o meno finalizzato a riequilibrare o ristorare il contributo apportato da un coniuge al ménage familiare, anche alla luce delle rispettive condizioni patrimoniali e reddituali.