È possibile che un coerede che si trova in possesso di un certo bene appartenente al de cuius possa, prima della divisione, usucapire detto bene?
La risposta è affermativa. La Corte di Cassazione, infatti, con la recente sentenza n. 21695 del 2024 chiarisce che al coerede, a certe condizioni, è riconosciuta la possibilità di usucapire il bene di cui si trova in possesso.
Come si accerta l’usucapione?
Per accertare l’avvenuta usucapione, prima della divisione, di un bene oggetto di eredità, da parte di un solo coerede, è necessario verificare non solo l’esclusività del possesso da parte di quest’ultimo ma anche l’eventuale intervallo di tempo durante il quale altri coeredi possedevano il bene.
In particolare, se il possesso è stato comune fino alla morte di un genitore comproprietario, dovrà considerarsi la possibile successione nel possesso da parte degli altri coeredi.
Condizioni per usucapire prima della divisione
Il coerede che, dopo la morte del de cuius, sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso.
A tal riguardo, spiegano i giudici della Suprema corte, il coerede che già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà il bene, deve dimostrare di aver posseduto questo bene in modo esclusivo, e di aver goduto di questo bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da mettere in evidenza un’inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus.
In buona sostanza, osserva la Corte, il coerede deve dimostrare di possedere il bene in via esclusiva e che il suo modo di fruire o godere del bene, in quanto esclusivo, è incompatibile con ogni condizione di condivisione dello stesso bene con gli altri coeredi.
Non è perciò sufficiente, ai fini dell’integrazione delle condizioni dell’usucapione che gli altri coeredi si siano solo astenuti dall’utilizzare la cosa, o abbiano tollerato l’utilizzo della cosa da parte dell’altro coerede.
In tema di usucapione, per stabilire se un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l’altrui tolleranza e sia quindi inidonea all’acquisto del possesso, la lunga durata dell’attività medesima può integrare un elemento presuntivo nel senso dell’esclusione della tolleranza qualora non si tratti di rapporti di parentela, ma di rapporti di mera amicizia o buon vicinato, giacchè nei secondi, di per sè labili e mutevoli, è più difficile, a differenza dei primi, il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo”
Usucapire l’immobile in comproprietà
Con la sentenza 9359 del 2021 la Corte di Cassazione si era occupata del medesimo caso, pronunciandosi su una controversia avente ad oggetto un bene immobile in uso esclusivo di un singolo coerede prima della divisione.
Più in particolare, i giudici della Corte hanno osservato che la circostanza che un coerede abbia abitato con il de cuius nell’appartamento che poi, alla morte di quest’ultimo, è finito in successione (questo coerede possedeva anche le chiavi dell’appartamento), non configura in modo immediato un possesso esclusivo del bene.
In buona sostanza, osserva la Corte, ciò che è rilevante è che il coerede dimostri di poter vantare e aver vantato un possesso esclusivo sul bene connotato dal carattere di assolutezza, che è incompatibile con il possesso altrui.
A tal proposito, infatti, con l’ordinanza 966/2019, la Corte di Cassazione, ha espresso il principio secondo cui la quota dei coeredi può essere usucapita anche senza l’interversione del titolo del possesso, purché quest’ultimo sia stato esercitato dal coerede in termini di esclusività, ossia che il godimento del bene sia stato esercitato in modo tale da rendere impossibile il godimento altrui sul medesimo. Tuttavia, il fatto che il coerede possessore abbia utilizzato ed amministrato il bene ereditario mentre gli altri coeredi si siano astenuti da dette attività, non è circostanza sufficiente e univocamente significativa al fine di provare l’esclusività del possesso, vigendo, infatti, la presunzione iuris tantum che il coerede possessore abbia agito anche nell’interesse degli altri.