Debiti tributari e beneficio di inventario
L’erede che ha accettato l’eredità avvalendosi del beneficio di inventario, ha diritto a reagire all’avviso di accertamento rivolto al de cuius in qualità di successore, al fine di far contenere l’entità della pretesa tributaria entro i limiti dell’attivo ereditario.
È questo uno dei principi ricavabili dalla recente sentenza della Corte di Cassazione n. 15750 del 2024, con la quale i giudici della Suprema corte hanno ribadito che: l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario non determina di per sé sola il venir meno della responsabilità patrimoniale degli eredi per i debiti anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questi ultimi a non rispondere ‘ultra vires hereditatis’.
Come spiegano i giudici della Corte, infatti, partendo dal presupposto che:
- il giudizio tributario, a differenza del giudizio amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità, non è un giudizio sull’atto, ma un giudizio sul rapporto, con conseguente cognizione piena in ordine ad an e quantum
l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario fa sorgere il diritto degli eredi a non rispondere al di là del valore dei beni lasciati dal de cuius.
In questo senso, davanti alla richiesta dell’Agenzia delle entrate di vedere soddisfatte in toto le pretese creditorie tributarie riconducibili al dante causa, l’erede può far valere il proprio diritto a limitare la propria esposizione debitoria entro il residuo attivo.
Beneficio di inventario: quali vantaggi?
Come visto, il beneficio di inventario è un istituto che consente di limitare l’esposizione dell’erede ai debiti tributari del de cuius.
Occorre, a tal riguardo, mettere in evidenza gli elementi principali del beneficio di inventario, e dunque le condizioni per poter fruire di questo istituto e i vantaggi connessi.
Il beneficio di inventario consente all’erede di essere immesso nell’eredità tenendo distinto il proprio patrimonio da quello del de cuius.
Questa forma di accettazione può essere solo espressa e viene effettuata o attraverso una dichiarazione da destinare ad un notaio (il quale trasmetterà l’atto al tribunale competente) o al cancelliere del tribunale del luogo ove la persona deceduta aveva l’ultimo domicilio.
Detta dichiarazione sarà poi inserita nel registro delle successioni conservato nel tribunale del circondario in cui si è aperta la successione.
Affinché la dichiarazione produca gli effetti voluti, vale a dire tenere separati i patrimoni del de cuius e dell’erede, essa deve essere preceduta o seguita dalla predisposizione dell’inventario, vale a dire di un elenco di tutti i beni e i diritti che dal dante causa dovrebbero passare all’erede.
Occorre, tuttavia, tenere a mente che il beneficio di inventario non può essere effettuato sempre: il termine per procedere a questa forma di accettazione dell’eredità è di tre mesi dal decesso del defunto per l’erede che sia in possesso dei beni ereditari.
Se, invece, l’erede (meglio, il chiamato all’eredità) non si trova nel possesso materiale dei beni oggetto di eredità il termine è di dieci anni, pari al termine di prescrizione del diritto di accettare l’eredità).
Poiché l’effetto principale dell’accettazione mediante inventario consiste nell’evitare la confusione dei beni tra dante causa ed erede, ne deriva che quest’ultimo non sarà tenuto al pagamento dei debiti
ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti.
Quando ricorrere al beneficio di inventario?
È consigliabile procedere all’accettazione con beneficio di inventario quando si teme che il patrimonio del defunto, i diritti e in particolare le obbligazioni di quest’ultimo, passando nel patrimonio dell’erede, possano portare più conseguenze negative che positive.
Altrimenti detto, gli effetti che conseguono al beneficio di inventario consentono all’erede di tenere distinto il proprio patrimonio personale da quello del defunto e, conseguentemente, di limitare la
propria responsabilità rispetto alle vicende che attengono il patrimonio del dante causa.
Infine, è bene considerare che l’accettazione con beneficio d’inventario è obbligatoria quando l’erede è un minore, un interdetto, un minore emancipato o un inabilitato; inoltre, in tali ipotesi l’accettazione necessita inoltre di un’apposita autorizzazione del Giudice tutelare.
Come ha stabilito una recente pronuncia della Cassazione (n. 1011, 2023): la limitazione della responsabilità dell’erede per i debiti ereditari, derivante dall’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, è opponibile a qualsiasi creditore, ivi compreso l’erario, che, di conseguenza, pur potendo procedere alla notifica dell’avviso di liquidazione nei confronti dell’erede, non può esigere l’imposta ipotecaria, catastale o di successione sino a quando non si sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari, e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell’erede.
Le imposte di successioni, ipotecarie e catastali, quindi, potranno essere richieste all’erede dall’Amministrazione solo dopo che si sia conclusa la procedura liquidatoria, potendo agire nei confronti dell’erede nei soli limiti di residua capienza del patrimonio pervenutogli.
Debiti tributari: come fare per non risponderne in toto?
Il chiamato all’eredità che non ha interesse a entrare in possesso del patrimonio del de cuius e, conseguentemente, non ha interesse a rispondere nemmeno in base all’attivo (con beneficio di inventario) dei debiti tributari del dante causa, deve rinunciare all’eredità.
Infatti, il chiamato alla successione che rinunci all’eredità non risponde delle obbligazioni tributarie riconducibili al de cuius nemmeno se risulta tra i soggetti successibili ex lege o se abbia presentato la dichiarazione di successione
Il rinunciante non è considerato titolare di alcuna soggettività passiva neppure nel periodo che intercorre tra la data di apertura della successione e la dichiarazione di rinuncia.
Il rinunciante è da considerarsi estraneo ad ogni passività del dante causa, di modo che non può essere considerato tenuto al pagamento delle imposte gravanti sul de cuius.