È il regime patrimoniale che vale in assenza di una scelta diversa: e si applica a tutti i coniugi (o agli uniti civilmente). E in sostanza prevede che tutti i beni acquistati dal momento del matrimonio o della celebrazione dell’unione civile, finiscano in comproprietà. “La comunione dei beni non è un regime universale, ma se è in vigore, è vincolante”, precisa Pietro Ciarletta, notaio in Osimo. “In questo regime, ciascun coniuge perde parte della propria autonomia, e gli acquisti compiuti da uno dei coniugi diventano per il 50% anche dell’altro. Il coniuge non può disporre dei beni cedendoli o acquistandoli per la sua parte, anche se ciò avvantaggia l’altro. I singoli coniugi non possono disporre dei beni comuni, né alienarli, darli in pegno o ipotecarli senza il consenso dell’altro. Se un coniuge compie atti dispositivi riguardanti beni immobili o mobili registrati senza il consenso dell’altro, questi atti possono essere annullati. Se riguardano altri beni, gli atti sono validi, ma il coniuge non consenziente ha diritto al ripristino della quota di comunione”.
Tutto quanto acquisito durante il matrimonio cade in comunione
Insomma, tutto quanto costituito durante l’unione cade in comunione: acquisti, aziende gestite da entrambi e nate dopo il matrimonio, utili ed incrementi di aziende gestite da entrambi e nate prima del vincolo. Esistono delle eccezioni: “Alcuni beni sono esclusi dalla comunione: quelli posseduti prima del matrimonio, quelli ricevuti per successione o donazione, quelli acquistati per l’attività professionale del singolo coniuge o con il ricavato della vendita di beni personali – dice Ciarletta – In alcuni casi, è necessario che tali qualità siano dichiarate al momento dell’atto di acquisto. Inoltre, i frutti dei beni propri di ciascun coniuge e i proventi delle attività separate rientrano in comunione solo se esistenti al momento dello scioglimento della comunione”.
Ai fini della successione, in caso di morte del coniuge o di scioglimento della comunione, il vincolo matrimoniale o dell’unione civile cessa e i beni comuni vengono divisi a metà. E qui possono sorgere alcuni problemi.
I rischi della comunione
“Per i diritti immobiliari, la fase ricostruttiva è semplice, ma può esserci difficoltà per altri beni, come i risparmi familiari – afferma Ciarletta – La giurisprudenza stabilisce che i rapporti bancari intestati a un singolo coniuge non fanno parte della comunione. È possibile dimostrare, da parte di eventuali controinteressati, che derivano da attività separate: se si tratta di risorse non consumate entrano comunque nella comunione del residuo. Lo stesso vale per i diritti d’autore e le opere dell’ingegno: si genera comunione differita su quanto risulta dall’utilizzazione economica di marchi e brevetti”.
I tempi cambiano: se il regime della comunione dei beni è nato a metà degli anni ’70 per proteggere la partecipazione alla ricchezza familiare del coniuge non lavoratore o più debole economicamente, è oggi meno preferito, a causa delle esigenze di indipendenza economica.
Tempi che cambiano
“Spesso si opta per la separazione dei beni, specialmente in matrimoni con coniugi di nazionalità diverse e con scelta preventiva della legge nazionale applicabile, per evitare complicazioni legali – spiega il notaio – Le attività imprenditoriali e professionali rendono opportuna la scelta della separazione dei beni. In caso di responsabilità per le operazioni contratte dai coniugi, vige il principio della sussidiarietà: dopo aver verificato che i beni personali non sono sufficienti, ci si può rivalere su quelli in comunione fino a capienza di eventuali debiti. Ci sono poi situazioni complesse, che possono derivare da crisi del rapporto matrimoniale o dell’unione civile. Senza considerare che talvolta il regime della comunione viene utilizzato da un coniuge a danno dell’altro. Per esempio, il rifiuto del consenso da parte di un coniuge per atti di straordinaria amministrazione può essere utilizzato strumentalmente, aumentando i conflitti familiari”. In tutti questi casi, la separazione dei patrimoni si rivela una benedizione.