Il caso analizza il conto cointestato tra padre e figlio. Al figlio era stato riconosciuto il sequestro dei beni e dunque anche delle somme presenti sul conto corrente cointestato con il padre
A nulla sono serviti i ricorsi, la Cassazione ha deciso che anche nel caso in cui il soggetto sia estraneo ai fatti la somme viene posto sotto sequestro
La vicenda
L’appello era stato presentato dal padre della persona indagata per reati in base all’articolo 2 e 8 del Dlgs n. 74/2000. Il Tribunale aveva disposto il dissequestro delle somme presenti sul conto corrente del figlio, dato che il padre (ricorrente) aveva dimostrando che la somme sul conto corrente fossero di proprietà esclusiva sua. La vicenda non si conclude. Con il ricorso in Cassazione, si contesta il fatto che il Tribunale avesse travisato il concetto di “disponibilità di beni” che possono essere posti sotto sequestro, la decisione viene ribaltata. I giudici decidono infatti che le somme di denaro, depositate su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, sono soggette al sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, dato che questo riguarda tutti i beni di cui dispone l’indagato. Inoltre, nel caso in esame l’indagato aveva la delega ad operare sul conto corrente senza limitazioni e dunque poteva disporre della somma a suo piacimento e quando voleva.
Come mai dunque l’errore del Tribunale?
La decisione del Tribunale deriva dal fatto di aver fatto prevalere la disciplina civilistica du quella penale. Ma in questo caso il rapporto deve essere capovolto in quanto il sequestro delle somme serve per impedire che parte del patrimonio dell’indagato venga disperso. Inoltre, nel caso di specie, padre e figlio avevano libero accesso alle somme in questione anche se provenivano esclusivamente dal padre.