“Quando ho iniziato la mia carriera da influencer, Instagram non esisteva e mi esprimevo soprattutto attraverso il mio blog, oltre che su Twitter. Molte persone non riuscivano a comprendere questo mio modo di comunicare e la frequenza con cui lo facevo”
Oggi, il solo marchio Chiara Ferragni vale 36,2 milioni di euro, ed il suo valore è in aumento. Il suo patrimonio netto personale al momento si aggira sui 10 milioni di dollari
Instagram ha definito una modalità “differente” di comunicazione, che genera valore. I brand infatti “si fidano sempre più di una figura come la mia, non solo come testimonial ma anche per consulenze sui vari lanci di prodotto. Sono interessati al mio punto di vista anche perché ricevo feedback costanti da 17,5 milioni di persone da tutto il mondo”
Secondo quanto emerso dall’edizione 2019 del Milano Fashion Global Summit, la “modalità Ferragni” è apprezzata dai Millennilas ma soprattutto dai Centennials, generazione attiva, che vuole sentirsi protagonista anche nelle scelte economico-finanziarie
Ferragni al Fashion Summit: pensare in grande e non temere
“Il mio prossimo sogno è quello di entrare in un grande gruppo come Lvmh“. Chiara Ferragni, ceo di The Blonde Salad (il blog aperto nel 2009), conclude così i lavori della diciottesima edizione del Milano Fashion Global Summit organizzato da Class Editori in collaborazione con la Camera Nazionale della Moda e Bank of America Merrill Lynch. La Ferragni pensa in grande e non lo nasconde. E’ questo il segreto del suo successo? Forse sì. Qualche numero. Serendipity Srl e Tbs Crew Srl, società della creatrice della influencer economy fatturano rispettivamente 1,68 milioni di euro (dati 2017) e 3,2 milioni di euro (dati 2016). Il marchio Chiara Ferragni vale 36,2 milioni di euro e il suo valore è in aumento. Secondo CelebrityNetWorth, il suo patrimonio netto personale si aggira intorno ai 10 milioni di dollari. Tutti dati in continua espansione, che fanno della ragazza di Cremona l’influencer italiana più pagata al mondo (un post sponsorizzato sul suo profilo costa 58.300 dollari).
L’influencer racconta dei primordi con il suo account fotografico Flickr. “Quando ho iniziato la mia carriera da influencer, Instagram non esisteva e mi esprimevo soprattutto attraverso il mio blog, oltre che su Twitter. Molte persone non riuscivano a comprendere questo mio modo di comunicare e la frequenza con cui lo facevo. Poi, Instagram ha cambiato le regole e con esse anche la visione che queste persone avevano di me”. Il primo post Instagram è del 2012 e nel 2013 Chiara è già nelle 500 personalità dell’industria del fashion. Oggi conta, sul social network delle immagini, oltre 17 milioni di follower. Instagram “ha dato a tutti un modo differente di comunicare“. Una modalità “differente” che genera valore. I brand infatti “si fidano sempre più di una figura come la mia, non solo come testimonial ma anche per consulenze sui vari lanci di prodotto. Sono interessati al mio punto di vista anche perché ricevo feedback costanti da 17,5 milioni di persone da tutto il mondo” relativamente a qualsiasi cosa l’influencer indossi.
Fashion Summit, Ferragni: Instagram in Cina non esiste, eppure…
Il marchio Chiara Ferragni Collection si sta imponendo rapidamente anche in Cina. “Quando abbiamo scoperto che sono diventata famosa anche lì, non nascondo di essermi stupita, considerando quanto siano limitati dal punto di vista dell’utilizzo dei social network. Ad oggi otto store degli undici complessivamente aperti si trovano proprio in Cina”.
La ricchezza cinese, il concime del lusso
Come più volte scritto da We Wealth, il nuovo lusso ha una sola traduzione: Cina. Per questo motivo Paolo Panerai, editor in chief e ceo di Class Editori, sottolinea come il Paese di Mezzo sia oggi “la protagonista indiscutibile” dei mercati. E il confronto con i rivali Usa è impari: “300 milioni di abitanti e 100 milioni di poveri da una parte e 1,4 miliardi di abitanti di cui 250-280 milioni di ricchi dall’altra”. Nella disputa economica tecnologica e politica, vincerà la Cina. “Gioca inevitabilmente il fattore demografico”. Un esempio. “Huawei ha 180.000 dipendenti, di cui 90.000 Phd tutti dedicati alla ricerca. Nessuna aziende americana può permettersi una cosa del genere”. Bisogna “essere consapevoli” che tale cambiamento “apparentemente non è reversibile”. Le imprese italiane del settore lo sanno: “l’export della nostra moda vale 70 miliardi di euro”, spiega Carlo Maria Ferro, presidente dell’Ice.
Non solo Chiara Ferragni al Milano Fashion Global Summit
Parole, quelle di Chiara Ferragni, che riverberano nell’esperienza fotografica di Francesco Ragazzi, fondatore del marchio Palm Angels. Il brand nasce infatti da un libro di fotografie di viaggio che l’ex stagista di Moncler aveva scattato a Los Angeles. Il connubio fra digitale e tangibile però non si ferma qui.
La Netflix del fashion? #pleasedontbuy
“L’iniziativa #pleasedontbuy nasce dall’idea di creare una Netflix del Fashion, perché le donne non debbano spendere troppi soldi per acquistare vestiti e per prendersene cura. Oggi è cool anche poter noleggiare. #pleasedontby è una sorta di provocazione per la moda. E ‘ quanto aggiunge Alessandro Varisco, ceo di Twinset.
Bye bye “Silent gen”
“Viviamo un momento di grande complessità dal punto di vista demografico, con cinque generazioni attive di consumatori – dai cosiddetti ‘silent gen’ nati prima della seconda guerra mondiale, fino alle generazione Z dei nati tra il 1996 e il 2010. Una cosa mai accaduta prima”. E’ quanto osserva Federica Levato, partner di Bain&Co e intervenuta prima della Ferragni al Milano Fashion Global Summit.”Da cinque anni, consulenti ed esperti si sono focalizzati sui millennials come generazione da targetizzare per avere successo”. Sono infatti questi ultimi ad influenzare le preferenze di tutte le altre generazioni: dai fratelli maggiori ai loro genitori”. Essi rappresentano oggi circa un terzo dei consumi mondiali e in futuro, assieme alla gen Y, contribuiranno a una crescita del 150% del settore fashion. E nel 2035 costituiranno circa l’80% degli acquisti complessivi.
I Centennials danno vita a mercati responsabili e indipendenti, come loro
Sempre nel corso del Milano Fashion Global Summit, la Levato ha osservato come la Generazione Z stia “emergendo con tratti culturali molto specifici”. Una sua peculiarità è lo stile di genitorialità di chi li ha cresciuti. I Millennials sono diventati adulti in modo permissivo, allevati da baby boomers che hanno permesso loro ogni genere d’esperienza. Al contrario, la Generazione Z è stata allevata da una Generazione X che in età giovane ha conosciuto e fatto i conti con la grande recessione del 1992. I figli di questa generazione sono diventati adulti in modo molto più responsabile e indipendente” rispetto a chi li ha preceduti.
Sono “determinati e pragmatici”, sapendo che “nella società serve un cambiamento”, senza aspettare che cali dall’alto “come fanno gli idealisti Millennials. Sono attivisti. La Generazione Z è già nata con lo smartphone in mano e per questo ne fa un uso più consapevole“. Vuole per questo “essere anche protagonista” e “avere un dialogo con player e brand”. E’ inoltre “indispensabile creare un legame emozionale con il brand: questo chiede il nuovo consumatore”.