Se si considera l’indice S&P 500 China denominato in euro, rappresentativo della performance per chi investe dall’Italia, il calo da inizio anno è del 4,13% alla chiusura del 12 gennaio
Lunedì la Banca popolare cinese ha deciso di lasciare invariato uno dei tassi di riferimento, deludendo le attese degli investitori
La Cina continua a perdere flussi d’investimento stranieri, avviando il 2024 senza offrire segnali di recupero. Nelle prime due settimane dell’anno sono fuoriusciti dalle azioni cinesi continentali l’equivalente di 1,1 miliardi di dollari, secondo i dati di Bloomberg. Nel frattempo, l’indice azionario cinese di riferimento, il Csi 300, ha ceduto il 3,1% da inizio anno. Se si considera l’indice S&P 500 China denominato in euro, rappresentativo della performance per chi investe dall’Italia, il calo è del 4,13% alla chiusura del 12 gennaio, con un rosso del 25,99% negli ultimi 12 mesi.
Per la Borsa della Cina è il peggior inizio anno dal 2019, lasciando ancora a bocca asciutta i sostenitori di un possibile recupero delle azioni del Dragone, dopo la svendita del 2023. Allargando lo sguardo, l’indice Csi 300 si trova, al 15 gennaio, vicino ai minimi degli ultimi cinque anni e in ribasso del 43% rispetto al picco raggiunto nel febbraio 2021.
Pboc, rinviato il taglio ai tassi
Lunedì 15 gennaio la Banca popolare cinese (Pboc) ha deciso di lasciare invariato uno dei tassi di riferimento, deludendo le attese degli investitori e portando le azioni cinesi a una nuova chiusura di Borsa negativa (-0,1%). Secondo gli economisti, le prospettive economiche deboli di Pechino, suggeriscono che le autorità monetarie adotteranno nuove misure di supporto nel corso dell’anno; la banca centrale ha effettuato il suo ultimo taglio ai tassi lo scorso agosto.
“Un’economia che sta perdendo slancio, appesantita da una crisi abitativa e deflazione, ha bisogno di ulteriore sostegno”, ha dichiarato David Qu di Bloomberg Economics, “continuiamo a prevedere che la banca centrale ridurrà il suo tasso chiave di 10 punti base e il coefficiente di riserva obbligatoria di 25 punti base in questo trimestre”.
Taiwan, prosegue il dominio del partito pro-indipendenza
Ad alimentare le tensioni politiche si è aggiunto l’esito delle elezioni a Taiwan, il 13 gennaio, dalle quali è emersa la terza vittoria consecutiva per il partito Progressista democratico guidato da William Lai Ching-te, sostenitore della linea pro-indipendenza dalla Cina continentale.
“Il nuovo governo avrà un ruolo chiave nella definizione dei rapporti attraverso lo Stretto di Taiwan nei prossimi anni”, hanno commentato gli analisti di Dbrs Morningstar, ricordando come il partito progressista sia quello meno incline al dialogo con la Cina, nonostante il suo impegno a “evitare dichiarazioni di indipendenza formale”. Il partito nazionalista, tuttavia, ha sottratto la maggioranza parlamentare ai progressisti, sulla base di considerazioni di politica interna che hanno spinto gli elettori a voltare pagina per l’assemblea legislativa.
In seguito al risultato elettorale, il presidente cinese Xi Jinping ha ribadito in un messaggio televisivo che la “riunificazione con Taiwan è inevitabile”. Da parte sua, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha reiterato la posizione americana sul non riconoscimento dell’indipendenza di Taiwan – posizione che consente di mantenere un rapporto diplomatico aperto con Pechino.
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Cina, l’economia in rallentamento
Lo scorso 9 gennaio la Banca mondiale aveva ridotto di un decimale le sue previsioni sulla crescita cinese per il 2024 e il 2024, portandole al 4,5 e al 4,3%: una traiettoria in rallentamento rispetto al 5,2% atteso per l’anno scorso. “Tuttavia, queste proiezioni sono soggette a vari rischi al ribasso”, aveva affermato la Banca Mondiale, “un’ipotesi alternativa prevede un rallentamento più marcato nel settore immobiliare cinese rispetto alle aspettative, con una conseguente diminuzione della spesa delle famiglie rispetto allo scenario di base. Il rallentamento più accentuato potrebbe essere causato da condizioni di credito più stringenti e da una debolezza della fiducia”.
Lo scorso dicembre il sondaggio dei gestori di fondi globali realizzato da Bank of America aveva mostrato come, per il terzo mese consecutivo gli specialisti avessero considerato la posizione ribassista come il secondo investimento più battuto, dietro alla posizione lunga sulle “Magnifiche sette” azioni tecnologiche.