Nella specie appare evidente come occorra operare un corretto bilanciamento tra due situazioni e interessi contrapposti: da un lato, la libertà di esercizio di diritti di natura personale, quale è propriamente quello del legittimario totalmente pretermesso di agire in riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di legittima, e, dall’altro, l’esigenza di preservare la garanzia patrimoniale dei creditori dello stesso.
In conseguenza di ciò, si è del parere che il creditore del legittimario totalmente pretermesso possa surrogarsi al proprio debitore rimasto inerte, esercitando l’azione di riduzione a questi spettante, e che il vittorioso esercizio di tale azione non comporti l’acquisto della qualifica di erede da parte del legittimario, né del suo creditore.
Negli stessi termini si esprime anche la giurisprudenza di legittimità, la quale sostiene che è ammissibile l’esercizio in via diretta dell’azione surrogatoria ex articolo 2900 cod. civ. nella proposizione della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima da parte dei creditori dei legittimari totalmente pretermessi che siano rimasti del tutto inerti, realizzandosi un’interferenza di natura eccezionale – ma legittima – nella sfera giuridica del debitore (cfr., Cass. sent. 20.06.2019, n. 16623).
Infatti, l’azione surrogatoria non è altro che lo strumento che la legge appresta al creditore per evitare gli effetti che possano derivare alle sue ragioni dall’inerzia del debitore che ometta di esercitare le opportune azioni dirette ad alimentare il suo patrimonio, riducendo così la garanzia che esso rappresenta in favore dei creditori.
Sotto tale profilo, si rileva che, affinché detta azione non costituisca un’illecita intrusione nella sfera patrimoniale di altri soggetti, è necessario che ricorrano i seguenti requisiti: la qualità di creditore del soggetto agente; la titolarità in capo al debitore di un diritto o azione verso un terzo; l’inerzia del debitore; il pericolo di danno che, dal comportamento omissivo del debitore, può derivare alle ragioni del creditore.
Posto dunque che il fondamento giuridico dell’azione surrogatoria si rinviene nell’interesse del creditore a mantenere la garanzia patrimoniale del proprio debitore, ne deriva che tale azione è concessa al creditore affinché agisca non in suo favore, bensì a vantaggio del patrimonio del debitore, sul quale soddisfarsi in caso di inadempimento.
Quanto alla legittimazione attiva all’esercizio dell’azione di riduzione, occorre evidenziare che, nel caso contemplato dall’articolo 557 cod.civ., la circostanza che l’azione di riduzione abbia pacificamente contenuto patrimoniale e possa essere esperita anche dagli aventi causa dei legittimari o dagli eredi, conferma che non si tratta di azione indisponibile, né personalissima.
Da ultimo, milita in tal senso anche l’articolo 524 cod.civ., alla stregua del quale deve ritenersi che il vittorioso esperimento dell’azione di riduzione non attribuisce al creditore la qualifica di erede, né comporta la revoca della rinuncia all’eredità effettuata dal debitore, limitandosi unicamente ad assicurare il soddisfacimento del creditore sul patrimonio ereditario oggetto di rinuncia.