Le ceramiche di Grottaglie, una storia legata al territorio
Quella delle ceramiche di Grottaglie è una storia lunga millenni, che affonda le sue radici nella conformazione fisica della regione pugliese. La cittadina si sviluppa infatti sulle colline a valle dell’altopiano della Murgia meridionale, al confine con la provincia di Brindisi, un territorio ricco d’argilla e caratterizzato dalla presenza di gravine, formazioni rocciose carsiche in tufo calcareo capaci di creare gole profonde fino ai 100 metri. Nel corso dei secoli, a Grottaglie le gravine sono state scavate nei fianchi, formando così un consistente numero di grotte in cui nel V secolo trovarono riparo le popolazioni locali durante gli assedi di Goti e Saraceni e che oggi ospitano le botteghe degli artigiani ceramisti nel centro storico.
Il quartiere delle ceramiche, sviluppatosi nel Medioevo ai piedi del castello della città, trova luogo nella gravina di San Giorgio ed è noto in dialetto come “Camenn’ri”, camini, cioè i forni in cui vengono appunto cotte le ceramiche. Tuttavia la tradizione figulina (ovvero l’arte del vasaio) a Grottaglie affonda le sue radici fin dai tempi dell’antica Grecia: i più antichi reperti ceramici rinvenuti nella cittadina si attestano circa all’ottavo secolo a.C. Durante l’epoca magno-greca, infatti, la produzione artistica e artigianale a Taranto fu all’apice del suo splendore, come testimoniano le ceramiche ritrovate in alcuni corredi funerari, dalle più antiche ceramiche a figure nere alle più tarde decorate a figure rosse.
La produzione ceramica tra estetica e funzionalità
Fino al Seicento, la produzione artigianale di ceramiche a Grottaglie fu prevalentemente composta da oggetti d’uso comune, dalla cura della persona e della casa alla conservazione degli alimenti. A partire dal diciassettesimo secolo, invece, su esempio di quanto avveniva nei vicini paesi come Martina Franca, anche a Grottaglie i ceti sociali più abbienti cominciarono a commissionare agli artigiani locali vere e proprie opere d’arte. Così molti “cretari”, ovvero ceramisti addetti alla creazione di oggetti d’uso comune, divennero nel tempo dei “faenzari”, ovvero veri e propri maestri specializzati nella realizzazione di ceramiche più raffinate (su esempio della tradizione figulina di Faenza, in Romagna).
Memore di questa doppia anima, una estetica e l’altra funzionale, la ceramica di Grottaglie è oggi riconosciuta in tutto il mondo e sono migliaia i turisti e visitatori curiosi che ogni anno percorrono gli intrecci di vie del centro storico. Tra le creazioni più caratteristiche si annoverano i cosiddetti “bianchi di Grottaglie”, raffinatissime ceramiche smaltate interamente di bianco stannifero; i boccali e le bottiglie antropomorfe in abiti settecenteschi a quadricromia (ovvero dipinte usando quattro colori tipici: verde marcio, blu, manganese e giallo ocra), dette “pupe” o “amazzoni”, se a cavallo; o ancora i tradizionali “pumi”, ovvero oggetti simili a germogli terminanti a punta con alla base foglie di acanto, posti solitamente in coppia sui balconi o sugli ingressi di case e palazzi come simbolo di prosperità. Questi e altri esemplari tipici della produzione ceramica di Grottaglie si possono oggi ammirare al Museo della Ceramica della città, che trova luogo nelle sale del Castello Episcopio, situato in cima alla collina su cui ha sede il quartiere delle ceramiche.