DeepSeek e il crollo tech: cosa è successo
Il 27 gennaio, DeepSeek ha causato un crollo di 1.000 miliardi di dollari dei titoli tech statunitensi ed europei. Il laboratorio cinese di intelligenza artificiale (AI) ha presentato un nuovo Llm (large learning model), sostenendo di averlo realizzato in soli due mesi, con meno di 6 milioni di dollari, rispetto ai 5 miliardi di dollari che l’americana OpenAI, artefice di ChatGpt, investe ogni anno.
Il piano Stargate di Trump e il boom dell’AI
L’annuncio è arrivato a pochi giorni da quello del progetto Stargate, da parte del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che, invece, aveva fatto fare un balzo in avanti ai titoli dell’intelligenza artificiale (AI) il 22 gennaio.
Il piano, infatti, prevede lo stanziamento di 500 miliardi di dollari per le infrastrutture di AI e annovera tra i partner tech società come Nvidia, Microsoft, Oracle e Arm. Tra i partner finanziari ci sono la giappense Softbank, OpenAI, Oracle e Mgx. La stessa Softbank starebbe valutando un investimento fino a 25 miliardi di dollari in OpenAI, diventandone il principale finanziatore, secondo quanto riportato dal Financial Times.
La volatilità dei mercati tech tra AI e dazi
La raffica di notizie nel settore dell’intelligenza artificiale (AI), oltre ai dazi annunciati dall’amministrazione Trump, ha generato volatilità sui mercati con l’indice Morningstar US Technology che ha perso l’1% nel primo mese dell’anno.
Inizio 2025 turbolento per i titoli tech

Il settore tech conquista gli emergenti
Questi eventi hanno riportato in primo piano il tema della concentrazione dei listini azionari. Secondo un recente studio di Morningstar, il fenomeno non riguarda solo Wall Street con i Magnifici Sette, gruppo nel quale rientrano Alphabet, Amazon.com, Apple, Meta Platforms, Microsoft, Nvidia, e Tesla; ma anche i mercati emergenti.
“Il settore tech è diventato una forza dominante sui listini dei paesi in via di sviluppo, guidando una parte significativa della crescita dei corsi di Borsa. Società come Tsmc, Tencent, Alibaba e Samsung Electronics sono diventate i principali motori della capitalizzazione di mercato e rappresentavano quasi il 20% del Morningstar emerging markets target market exposure index a fine dicembre 2024”, spiega Lena Tsymbaluk, associate director del team di Manager research di Morningstar.
Questo dato si confronta con il 32,6% della concentrazione di Wall Street nei Magnifici Sette, una percentuale tripla rispetto a dieci anni fa.
Etf e fondi indicizzati spingono i mercati tech
La crescita degli investimenti negli Etf e nei fondi indicizzati ha contribuito a questo fenomeno. Infatti, l’aumento della domanda di Exchange-traded fund sui mercati emergenti ha provocato l’ulteriore incremento delle quotazioni di Borsa dei principali titoli che compongono gli indici EM e di conseguenza del loro peso.
Ad esempio, il colosso taiwanese dei semiconduttori, Tsmc ha visto triplicare la sua posizione dal 3,4% del 2009 al 9,9% di fine 2024, sulla spinta anche della domanda globale di chip. Altre società, come l’indiana Reliance Industries, hanno capitalizzato l’espansione economica locale in aree chiave come i servizi digitali e le telecomunicazioni.
Taiwan cresce, la Cina arretra (ma occhio a DeepSeek)
I trend dell’innovazione tecnologica non hanno solo aumentato la concentrazione degli indici dei mercati emergenti su singoli titoli, ma anche cambiato la composizione geografica. Taiwan, ad esempio, pesava circa l’11% nel 2019, mentre oggi rappresenta il 20%. Il suo listino ha una grossa esposizione a Tsmc (50%) e la società di chip è stata responsabile del 60% del rendimento dell’indice Morningstar Taiwan target market exposure nel quinquennio.
Per contro, il peso della Cina nell’indice dei mercati emergenti è sceso nel quinquennio dal 29 al 25%, anche se rimane significativamente alto. D’altra parte le notizie che arrivano dall’ex celeste impero hanno sempre un impatto sui mercati, come ha mostrato di recente il caso di DeepSeek.
Negli ultimi anni, comunque, il mercato azionario cinese ha sofferto e la società di e-commerce Alibaba è stato uno dei peggiori titoli nel periodo, contribuendo negativamente alla performance complessiva. Il titolo si è più che dimezzato nel periodo considerato a causa della debolezza dei consumi, delle sfide normative e dell’aumento della concorrenza in Cina.
Perché l’India ha un mercato azionario meno concentrato
Una storia un po’ diversa è quella del mercato indiano, che è meno concentrato degli altri principali listini asiatici. “Il periodo compreso tra il 2018 e il 2020 è stato caratterizzato dalla forza relativa delle large cap”, spiega Tsymbaluk. “Durante questo periodo, il peso del principale componente dell’indice, Reliance, è raddoppiato dal 7 al 15%, in quanto gli investitori erano entusiasti dell’espansione della società dalle sue radici petrolchimiche a nuovi settori come la vendita al dettaglio, le telecomunicazioni e internet. In seguito, la tendenza si è invertita e dal 2021 si è assistito a un forte rally delle small-cap, guidato da un’ondata di acquisti da parte degli investitori retail locali, convinti che le società più piccole possano crescere più rapidamente di quelle più grandi in un’economia fiorente”.
Fondi attivi o Etf? La lezione per gli investitori
Comprendere queste dinamiche è importante per gli investitori sui mercati emergenti, perché aiutano a scegliere su quali fondi o Etf orientarsi. Il Barometro Morningstar degli investimenti attivi e passivi mostra che solo il 35% dei gestori attivi è riuscito a battere la controparte indicizzata negli ultimi cinque anni (a giugno 2024).
Questo risultato è stato in parte determinato dai due principali titoli dell’indice Morningstar emerging markets target market exposure, Tsmc e Tencent, che hanno guidato il 50% dei rendimenti del benchmark nel periodo. “La sottoesposizione a questi due nomi si è rivelata una fonte comune di sottoperformance per molti gestori attivi”, si legge nello studio Morningstar.
Tasso di successo dei fondi attivi dei mercati emergenti

Nell’ultimo anno gli active manager hanno avuto più successo (40%). Una delle ragioni è stata la decisione di ridurre l’esposizione alla Cina, incrementando quella ai mercati con performance più elevate, come l’India e Taiwan. A differenza di un Etf tradizionale che replica passivamente un indice, i gestori di fondi hanno avuto maggior flessibilità e si sono discostati dal benchmark per ricercare opportunità su altri listini o su nicchie di mercato.
Quale lezione trarre da questa analisi?
“Nei mercati emergenti, i fondi attivi specializzati su indici di paesi altamente concentrati, come quelli focalizzati su Taiwan, Corea o Brasile, possono faticare a superare le alternative passive quando i rendimenti sono trainati da pochi titoli dell’indice principale”, afferma Tsymbaluk. “Tuttavia, gli investitori che optano per strategie passive in mercati in cui l’alta concentrazione è la norma dovrebbero essere consapevoli del significativo rischio di ribasso che corrono se le condizioni di mercato cambiano. I fondi passivi non hanno la flessibilità necessaria per adeguarsi alle mutevoli dinamiche di mercato, rendendo gli investitori vulnerabili durante le fasi di ribasso o quando i titoli più importanti non riescono ad ottenere risultati soddisfacenti”.
L’inizio del 2025 ci ha riservato diverse di queste situazioni, con il sell-off causato dall’annuncio di DeepSeek, ma anche con quello dei titoli dei semiconduttori generato dai dazi decisi dall’amministrazione Trump.