Rischio energetico: l’Ue potrebbe doversi sporcare le mani

La violenza di Mosca ha messo a nudo la debolezza energetica dell’Unione nei confronti della Russia. Per essere green domani, Bruxelles potrebbe dover rallentare oggi la transizione ecologica. Il punto di T. Rowe Price

La strada verso l’indipendenza energetica dell’Unione europea (Ue) richiede un approccio pragmatico. Per rendere meno pericolosa la dipendenza energetica nei confronti della Russia e perseguire maggiore autonomia, l’Europa dovrà puntare sempre di più sul rinnovabile. Nel breve periodo, ciò potrebbe però significare “sporcarsi le mani” con energie non pulite.

Indipendenza significa sicurezza

Secondo i dati dell’Ufficio statistico dell’Unione europea, infatti, nel 2021 la Russia ha soddisfatto oltre il 40% della domanda di gas e oltre il 25% di quella di petrolio dei Paesi membri: tale situazione espone pericolosamente l’Ue al rischio che il Cremlino possa utilizzare la dipendenza energetica come arma.
Nonostante ciò l’Unione ha reagito in maniera compatta alle minacce di Mosca: con l’annuncio lo scorso 8 marzo di un nuovo pacchetto di misure, denominato RePowerUE, la Commissione europea ha dichiarato l’obiettivo di “slegare l’Ue dalla dipendenza dal gas russo ben prima del 2030”.
“Sebbene alcuni Paesi abbiano già cominciato a riesaminare i propri programmi per ridurre la dipendenza dal gas e dal petrolio russo a seguito dell’invasione dell’Ucraina, questi dovranno adottare un approccio più pragmatico” spiega Maria Elena Drew, Director of research, responsible investing di T. Rowe Price. L’Ue, infatti, non affronta più un mero problema ciclico di “inflazione energetica” (legato ai prezzi dell’energia), bensì si trova dinnanzi a un problema strutturale di “precarietà energetica” (legato alla sicurezza delle fonti di approvvigionamento). 
Tale considerazione comporta necessariamente un cambio di strategia da parte degli Stati membri rispetto alla gestione del problema energetico: “Fare un passo indietro rispetto alle forniture russe di gas solleva una serie di importanti domande circa l’esistenza o meno di un alternativa capace di sostenere l’approvvigionamento energetico fino a quando i combustibili alternativi non saranno in grado di farlo”.

Scegliere il brown oggi per divenire green domani

Nel breve periodo, la strada per l’indipendenza energetica potrebbe far rallentare l’agenda sostenibile dell’Ue, la quale sarebbe costretta a “sporcarsi le mani” utilizzando energie non pulite. Secondo l’opinione di Drew infatti, l’Ue potrebbe innanzitutto aumentare le importazioni dai gasdotti che non attraversano la Russia (quelli del Maghreb, del Medio oriente e del Mare del Nord), nonché aumentare la propria capacità di rigassificazione (aumentando così l’approvvigionamento via mare). Una seconda opzione per l’Ue potrebbe essere il maggior ricorso all’energia nucleare, con l’apertura di nuove centrali e l’estensione della vita utile di quelle esistenti.
Infine, vi è l’opzione residuale di tenere vive le centrali a carbone (o addirittura di implementarne la produzione). Sebbene questa sarebbe certamente la soluzione meno sostenibile nei confronti dell’ambiente, essa si configurerebbe “solo in caso di un serio peggioramento del problema di sicurezza energetico. Un’ipotesi che, però, non è possibile escludere con certezza”, precisa Drew.
Nel lungo periodo, invece, “i Paesi membri potrebbero puntare all’elettrificazione generale dei sistemi di riscaldamento e di trasporto, all’adozione di misure per l’efficientamento energetico, ad accrescere il ricorso alle rinnovabili e al miglioramento delle tecniche di immagazzinamento”. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), spingere affinché l’Ue adotti misure di efficientamento energetico nel settore residenziale e industriale potrebbe ridurre l’utilizzo di gas di quasi 2 milioni di metri cubi nel giro di un anno.

Diversi problemi richiedono diverse soluzioni

È molto difficile cambiare le fonti di energia senza incorrere in costi alti e senza rischiare di danneggiare l’economia. In ogni caso, l’Unione europea è oggi senza dubbio meglio posizionata per farlo rispetto a quanto non lo sia mai stata in passato, data la maggiore disponibilità di combustibili alternativi a costi inferiori, una maggiore innovazione nei modelli di consumo energetico e, appunto, la preoccupazione che la dipendenza energetica dall’estero possa essere usata come arma” .
Tuttavia, conclude Drew, Bruxelles “dovrà ponderare l’ipotesi di cambiare passo rispetto alla dismissione dei combustibili tradizionali, almeno fino a quando il progresso tecnologico nel settore delle rinnovabili, dell’idrogeno e delle capacità di immaganizzamento dell’energia non saranno in grado di porsi come una reale alternativa, al tempo stesso affidabile ed economicamente sostenibile”.
Se il problema è cambiato, anche la soluzione dovrà farlo”.

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