Inflazione, Fed e mercati: ecco cosa imparare dalla lezione degli anni ’70

Matilde Sperlinga
27.3.2023
Tempo di lettura: 3'
L’inflazione è come quei mostri mitologici che appaiono quasi impossibili da battere e continuano a ripresentarsi. Guardando indietro agli anni ’70 emerge come l’unico modo per bloccarla è portare i tassi di interesse alle stelle e già a fine anno potrebbe palesarsi l’inadeguatezza delle azioni messe in atto dalla Fed

L’inflazione continua a sgonfiarsi di mese in mese. Negli ultimi sette mesi l’inflazione negli Stati Uniti è passata dal 9,1% al 6%, diminuendo di oltre 300 punti base. A questo ritmo, dai modelli di Man Group, sembra che la discesa sia ancora all’inizio; infatti, si aspettano che entro la fine di quest’anno il livello di inflazione statunitense scenda tra il 2-3%. Wall Street sembra meno ottimista, immaginando un’inflazione intorno al 4% nei prossimi 12 mesi (con un minimo del 2,5% e un massimo del 7,4%).


“Per porre davvero fine alle ondate inflazionistiche […] i tassi dovrebbero raggiungere il picco, non al 5% dove si trovano attualmente i prezzi di mercato, ma più vicini al 9%”, spiega Henry Neville, portfolio manager di Man Group. Realisticamente parlando, però, la Fed non può procedere in tal senso, l’impatto potrebbe infatti essere disastroso su molti fronti. Questo però significa che l’ondata inflazionistica che sta attraversando ora i mercati non sarà l’ultima del decennio, e che gli investitori dovranno essere pronti a riallacciare le cinture di sicurezza.


Torniamo indietro agli anni ’70

Se andiamo ad analizzare gli anni Settanta, questo dovrebbe essere chiaro: nell’arco di oltre dieci anni, tra il 1967 e il 1982, il mercato statunitense è stato scosso da tre ondate inflazionistiche.

Quelli che erano allora i presidenti della Federal Reserve (Burns, seguito da Miller e subito dopo Volcker) reagirono con misure molto forti, decisamente molto di più di quelle che sta mettendo in campo oggi la Fed di Jerome Powell.




Le ondate di inflazione degli anni '70 non sono state battute fino a quando i tassi non sono andati in modo significativo e persistente al di sopra della Taylor Rule. Durante il mandato di Burns (1970-1978) l’inflazione salì dal 3% al 12% e nel 1973 la Fed portò i tassi di interesse passarono dal 4,75% al 13%, mantenendo i tassi reali in territorio positivo per quasi tutto il periodo, e in media intorno all’1%. Nonostante questo sforzo immane, l'inflazione non scomparì. “Per essere onesti con il presidente Burns, lui sposò i tassi sopra la soglia della Taylor Rule, ma alla fine è stato intimorito dal presidente Nixon e ha allentato la presa prima che il lavoro fosse finito”, argomenta il portfolio manager di Man Group, che invece ricorda come la risposta della Fed di Powell sia stata molto soft soprattutto all’inizio: mentre inflazione era passata dal 2% al 9% tra febbraio 2021 e giugno 2022, i tassi erano stati portati dallo 0,25% all’1,75%. 


Tornando alle ondate inflattive degli anni '70, per placarle ci volle la cura da cavallo di Paul Volcker, con tassi balzati fono al 20% e mantenuti al di sopra dell’inflazione fino alla sua uscita di scena nel 1987.

Naturalmente, la Taylor Rule, che è stata elaborata nel 1993, non era oggetto di discussione negli anni Settanta. Ma implicitamente sì, considerando il fatto che la regola tiene conto dell'inflazione reale, "se hai un'inflazione al 9% nel primo anno e del 2% nel secondo anno, alcuni osservatori potrebbero considerare il lavoro concluso ma, con la maggior parte delle persone che hanno appena visto le bollette salire del 9%, il fatto che ora stanno salendo “solo” del 2% è una magra consolazione”, sottolinea l’esperto di Man Group.


Il peggio è passato (per ora)

È innegabile che gli anni caratterizzati dall’alta inflazione sono molto complessi per l’azionario. Tuttavia, i periodi tra le ondate potrebbero offrire più sorprese e rendimenti migliori di quello che gli investitori si aspettano. Guardando agli anni Settanta, i titoli azionari statunitensi hanno reso -0,5% in termini reali annualizzati, ma i dati corrispondenti alle tre oscillazioni al ribasso sono stati ottimi (fasce verdi nel grafico), segnando rispettivamente un +7%, +18% e +15%.

Ora potremmo proprio trovarci alle porte di uno di questi momenti, infatti nonostante le previsioni degli utili siano state riviste al ribasso di quasi il 2% da inizio anno, l’indice S&P 500 ha avuto un inizio di 2023 improntato al rialzo.


Il mercato può concentrarsi solo su una cosa alla volta, e attualmente quella cosa è l'inflazione. Nonostante l’aria di ottimismo per i prossimi mesi, il gestore si attende che verso la fine dell’anno e l’inizio del 2024 l’inadeguatezza della risposta della Fed sarà innegabile e partirà la seconda ondata di inflazione. Insomma, nonostante il momento di calma, il mercato si troverà molto presto in balia delle correnti e agli investitori non resta che tenere le cinture allacciate.



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