L’Uomo Vitruviano, che puzzle complicato!

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Una società tedesca ha riprodotto l’Uomo Vitruviano in un puzzle di 1000 pezzi, distribuito anche in Italia, sollevando l’opposizione del Ministero della Cultura. In base alla violazione di quali norme all’azienda tedesca è stato inibito l’utilizzo dell’immagine? La legge italiana prevede l’autorizzazione del ministero per la riproduzione dei beni culturali che lo Stato abbia in consegna; una pratica che non ha equivalenti altrove. Ma l’idea universale dell’Uomo Vitruviano non può più essere circoscritta o posseduta

Prologo

Circa tre anni fa l’Uomo Vitruviano, celebre disegno di Leonardo custodito dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, è stato al centro di una animata disputa giudiziaria nella quale Italia Nostra e le associazioni dei consumatori hanno contestato la decisione del Ministero della Cultura di prestare il disegno al Louvre in occasione di una mostra su Leonardo. Il prestito seguiva la firma di un Memorandum tra i misteri italiano e francese, nel quale il Louvre, a sua volta si impegnava a prestare opere di Raffaello alla quasi coeva mostra presso le Scuderie del Quirinale. La contestazione si fondava sull’asserito carattere identitario dell’opera rispetto alla collezione veneziana ed alla sua fragilità che non ne consentivano in modo assoluto ed inderogabile l’uscita dal territorio italiano. Il Tribunale diede ragione al Ministero e l’Uomo Vitruviano fu prestato al Louvre

Recentemente il disegno è stato oggetto di un’altra disputa, che ha visto coinvolto ancora una volta il Ministero. Una società tedesca ha riprodotto l’Uomo Vitruviano in un puzzle di 1000 pezzi che ha distribuito anche in Italia. Il Ministero ha lamentato l’illecito utilizzo e riproduzione per fini commerciali dell’Uomo Vitruviano senza la sua autorizzazione ed ha chiesto l’inibitoria all’utilizzo della riproduzione del disegno, il pagamento del canone di concessione ai sensi degli articoli 107 e 108 del Codice dei beni culturali ed il risarcimento del danno per svilimento dell’immagine e della denominazione del bene culturale. Il Ministero ha anche lamentato la violazione del diritto al nome ed all’immagine dell’opera in base agli articoli 6, 7 e 10 del codice civile. Il Tribunale di Venezia ha accolto la domanda del Ministero inibendo in via cautelare l’utilizzo della riproduzione del disegno da parte della società tedesca.

GC

Le questioni giuridiche affrontate nell’ordinanza cautelare sono numerose e di indubbio interesse. Innanzitutto, il Tribunale di Venezia ha affermato la giurisdizione del giudice italiano nei riguardi di due società tedesche convenute, in base all’art. 7 del Regolamento UE n. 1215/2012. Questa norma consente nei casi di illecito extracontrattuale che una persona domiciliata in uno Stato membro possa essere convenuta in un altro Stato membro “davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire”: poiché il disegno è custodito a Venezia, in tale luogo si è verificato il danno lamentato dal Ministero.
Ma quali norme hanno violato le società tedesche? Gli articoli 107 e 108 del Codice prescrivono l’autorizzazione del Ministero per la riproduzione di beni culturali che lo Stato abbia in consegna, previo pagamento di un corrispettivo. Non di tratta di un diritto di autore (Leonardo è morto da oltre 70 anni …), né del diritto morale che, come è noto, è imprescrittibile. L’autorizzazione del Ministero non ha equivalenti in altri Stati. In sostanza, lo Stato ha il diritto di concedere o negare il permesso alla riproduzione, in qualsiasi modalità e per qualsiasi scopo (ad eccezione degli scopi non-profit, di studio o ricerca) e di esigere un corrispettivo. Quindi, secondo il Tribunale, la riproduzione dell’Uomo Vitruviano senza permesso ha causato un danno, sotto il profilo sia della mancata percezione del corrispettivo da parte delle gallerie dell’Accademia, sia dello svilimento e della banalizzazione dell’opera in consegna presso il museo veneziano. 

A prescindere da qualsiasi considerazione sull’opportunità di una norma che attribuisce allo Stato italiano il diritto di autorizzare o meno le riproduzioni di opere che abbia in consegna, la questione più interessante affrontata dai giudici veneziani è quella se il requisito dell’autorizzazione alla riproduzione e l’obbligo di pagamento di un corrispettivo fossero applicabili ad una riproduzione avvenuta fuori dal territorio italiano. La risposta negativa si reggerebbe sul principio di territorialità che regola la normativa di tutela dei beni culturali, in base alla quale lo Stato dovrebbe occuparsi solo di ciò che si trova o avviene sul territorio italiano e non potrebbe esercitare la propria potestà al di fuori dei confini nazionali. Il Tribunale di Venezia ha invece ritenuto che il Codice dei beni culturali contenga norme di applicazione necessaria in base agli articoli 17 della legge 218/1995 e 16 del Regolamento CE n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali.
In sostanza, secondo il Tribunale di Venezia ogni norma contenuta nel Codice sarebbe universalmente applicabile a chiunque e nei riguardi di qualsiasi bene ovunque si trovi, a prescindere dal principio di territorialità e, con riferimento agli articoli 107 e 108, a tutti a casi di riproduzione, indipendentemente da dove avvengano.

Ma si può ritenere che la norma che prescrive il requisito dell’autorizzazione per la riproduzione su un puzzle dell’Uomo Vitruviano e di esigere il pagamento di un corrispettivo sia come ritengono i giudici veneziani “assolutamente cruciale per la salvaguardia dell’interesse pubblico, tanto sociale quanto economico”?

Questa conclusione non mi pare condivisibile in quanto proietta pericolosamente il principio di territorialità oltre i confini entro cui si può esercitare la sovranità dello Stato italiano.

SH

Guardando alla questione della proprietà dell’Uomo Vitruviano, sia l’oggetto che l’idea hanno avuto e continuano ad avere una ricca storia al di fuori delle mura delle Gallerie dell’Accademia.

Il disegno raffigura un uomo nudo inscritto in un cerchio e in un quadrato. Perché è così amato da secoli? Il disegno richiama un mondo ideale rinascimentale di armonia con l’uomo al centro, e presenta un’immagine di perfezione. Ma l’immagine non è perfetta, perché la quadratura del cerchio è matematicamente impossibile. Dante scrisse nel Paradiso: “Qual è ‘l geomètra che tutto s’affige / per misurar lo cerchio, e non ritrova, / pensando, quel principio ond’elli indige”. Leonardo era più ottimista: se il mondo fosse perfetto, non potrebbe migliorare o essere perfezionato, quindi la perfezione dipendeva dall’incompletezza, dal progresso, dall’impegno. L’Uomo Vitruviano aspira alla perfezione matematica, ma allo stesso tempo è intriso di umanità, dai capelli selvaggi e fluenti dell’uomo al suo sguardo intenso. Non a caso Leonardo aspirava ad unire “la precisione della scienza” con “i moti dell’anima”. 

Passiamo alla proprietà dell’oggetto: sconosciuto all’epoca di Leonardo, il disegno passò per molte mani prima di arrivare alle Gallerie dell’Accademia. Probabilmente passò al suo allievo Francesco Melzi, poi a Cesare Monti e a sua figlia, quindi a Venanzio de Pagave, che convinse l’incisore Carlo Giuseppe Gerli a pubblicarlo in un libro sui disegni di Leonardo, dandogli visibilità. Fu venduto a Giuseppe Bossi e poi all’abate Luigi Celotti, da cui passò all’Accademia nel 1822. 

Nonostante l’idea di unicità e originalità, in realtà l’Uomo Vitruviano non nacque ex-nihilo dalla mente di Leonardo. Si è ispirato agli scritti dell’antico architetto romano Vitruvio e l’idea interessò anche l’architetto rinascimentale Leon Battista Alberti. Contemporanei di Leonardo come Francesco di Giorgio e ingegneri come Taccola raffigurarono versioni dell’Uomo Vitruviano. Altri hanno lavorato sull’idea dopo Leonardo. Pure nel XX secolo, Luciano Fabro, Giuseppe Penone e Michelangelo Pistoletto si sono ispirati ad essa. L’idea dell’Uomo Vitruviano, quindi, fluisce autonomamente nel mondo e non è “di proprietà” di nessuno. 

L’Uomo Vitruviano ha, in realtà, continuato a vivere nell’immaginario collettivo grazie alla sua frequente apparizione in artefatti della nostra cultura: immagini di pubblicità per palestre, studi medici, la finanza (la moneta da 1 euro), la missione spaziale Skylab, fumetti di supereroi e Bart Simpson. Google rivela infiniti prodotti: tazze, magliette, orologi, penne, gemelli, cuscini, quaderni, poster, anelli, borse, infradito, maschere per il viso, portachiavi, orecchini…Questo mare di diffusione rende l’opera iconica. La sua vita è andata ben oltre il foglio originale, nascosto ora nei depositi del museo: portiamo l’immagine nella nostra mente. 

A prescindere da ciò che dicono i tribunali, l’idea dell’Uomo Vitruviano non può più essere circoscritta o posseduta e la pretesa di far pagare i diritti per essa ha poco senso. La sentenza è poco comprensibile perché l’Uomo Vitruviano scorre già liberamente nel tempo e nello spazio. Ormai l’immagine è stata rilasciata al mondo e ha acquisito una vita propria.

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