Cina in difficoltà, ma il Dragone non è di fronte a un nuovo 2008

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La crisi immobiliare e finanziaria cinese ha messo in allarme gli investitori, che temono un crollo simile a quello del 2008. Sebbene non possano essere esclusi sviluppi negativi, gli esperti di LGIM ritengono tuttavia che Pechino sia in grado di gestire la situazione. Vediamo perché

Da oltre la Grande Muraglia continuano a non arrivare buone nuove. Il recente mancato pagamento delle cedole da parte del colosso immobiliare Country Garden è infatti l’ultima di una serie di cattive notizie che hanno contribuito ad aumentare la preoccupazione degli investitori. Questi ultimi infatti, sono già sul chi-va-là a causa delle sofferenze che affliggono l’intero panorama economico-finanziario cinese e che hanno spinto la Banca Popolare Cinese a tagliare i tassi d’interesse, mossa che ha richiamato alla mente la spirale deflazionastica giapponese di fine secolo scorso e ai più pessimisti i prodromi della crisi finanziaria del 2008.
“Tuttavia, per evitare di prendere decisioni sull’onda dell’emotività – spiega Ben Bennett, Head of Investment Strategy and Research di Legal & General Investment Management (LGIM) – occorre mettere sotto la lente d’ingrandimento e osservare con attenzione i fondamentali della situazione economico-politica cinese”. Vediamoli insieme.

Immobiliare di nuovo in difficoltà

Una visione più dettagliata del settore immobiliare rivela infatti una situazione quantomeno complessa. Sebbene il ricordo del crollo di Evegrande sia ancora vivido e le recenti difficoltà di Country Garden abbiano acceso una spia rossa sul real estate cinese, la vendita e la costruzione di nuove soluzioni abitative da zero (complessi residenziali che devono essere costruiti da zero) è scesa ai minimi storici, mettendo sotto pressione i costruttori e le istituzioni finanziarie come il trust Zhonghrong, che ha recentemente reso noto agli investitori che sta affrontando una crisi di liquidità e che avvierà una ristrutturazione del debito.

Nonostante i segnali negativi, – commenta Bennett – crediamo che la situazione sia ancora gestibile, sebbene errori politici non possano essere esclusi a prescindere. Infatti, anche se i problemi finanziari devono essere tenuti in attenta considerazione, i livelli di capitalizzazione delle banche locali sono buoni ed essendo il sistema bancario pubblico, le autorità hanno gioco più facile nel dirigere i flussi di capitali dove ce n’è più bisogno. Ecco perché riteniamo che la situazione sia ancora molto distante da quella che innescò la crisi del 2008. Inoltre, anche il livello minimo delle riserve è alto se comparato a quello di altre grandi potenze economiche (10% vs 5%) e questo garantisce buoni margini di manovra”.

Attesa per i prossimi meeting del PCC

Nonostante al di là della Grande Muraglia il recente rialzo dei tassi operato dalla Banca Popolare Cinese abbia galvanizzato i mercati finanziari, gli investitori non potranno però contare su ulteriori interventi di politica economica prima dei prossimi due mesi, periodo nel quale si svolgeranno come la National Financial Work Conference, la Terza Sessione Plenaria e il meeting del Politburo. “Ad ogni modo – precisa Bennett – il contrasto contro la disparità di reddito rimane in cima alle priorità di Pechino e siamo convinti che questo possa valere anche per quanto concerne il pricing eccessivo nel comparto real estate, che è uno dei fattori più rilevanti alla base della speculazione immobiliare ed anche la ragione per la quale sinora non abbiamo assistito ad iniezioni di liquidità nel sistema”.

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E nel lungo periodo?

Al di là delle mosse di Pechino nel breve termine, gli investitori già si interrogano su quale possa essere il futuro del Dragone nel lungo periodo. “Riteniamo che le condizioni di stress attuali segnino la fine di un periodo di forte crescita – precisa Bennett – con l’economia che inizia a risentire di squilibri presenti da molti anni, ma che fino a ora non erano stati impattanti. Una situazione non dissimile da quella osservata in Giappone e Corea del Sud nei primi anni Novanta. Tuttavia, questo non significa che la situazione sia totalmente negativa e che lo scoppio di una bolla porti per forza a una crisi finanziaria ed è proprio il Giappone che ce lo ha insegnato”.

Inoltre, tanto la natura statale dell’intero sistema bancario cinese quanto l’ottimo posizionamento delle aziende del Dragone nei macrotrend della mobilità elettrica e dell’elettrificazione offrono elementi di resilienza davanti alle difficoltà dell’immobiliare.

In conclusione

La Cina sta affrontando una transizione inevitabile dopo anni di sovrainvestimenti, specialmente nel settore immobiliare residenziale. La crescita economica si stabilizzerà, ma probabilmente a un ritmo inferiore rispetto agli anni precedenti. Sebbene questo cambiamento di paradigma potrebbe non essere privo di difficoltà Pechino sembra essere pronta a gestirlo, con le sue Authority che restano vigili, pronte a intervenire se la situazione dovesse deteriorarsi. “Pertanto, se è vero che la Cina potrebbe replicare quanto fatto dal Giappone in passato, riteniamo ancora prematuro e fuori luogo i paragoni con la crisi finanziaria degli Stati Uniti nel 2008, che poi è ciò che gli investitori temono realmente”.

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