Valute emergenti: un boost di portafoglio contro il rialzo inflazione

“Le valute dei mercati esportatori di risorse hanno fornito rendimenti più elevati durante i periodi con aspettative di inflazione americana in aumento e tassi reali in calo”, ovvero, di aspettative di crescita statunitense meno marcate. Cosa significa questo?

Le valute dei mercati emergenti, in particolare dei paesi esportatori di materie prime (tra cui Russia e Sud Africa, ma anche Cina, Polonia, Ungheria, Indonesia, Malesia e Thailandia), tendono a sovraperformare il mercato durante i periodi inflazionistici, traendo vantaggio dall’aumento dei prezzi delle commodities e dal potenziale di crescita dei mercati che le producono. A sottolinearlo sono Ken Orchard e Onur Uncu, gestore di portafoglio e analista quantitativo di T. Rowe Price.

Il binomio valute emergenti-inflazione

“Le valute dei mercati esportatori di risorse hanno fornito rendimenti più elevati durante i periodi con aspettative di inflazione americana in aumento e tassi reali in calo”, ovvero di aspettative di crescita statunitense meno marcate.
Un trend positivo si è però registrato anche in uno scenario di inflazione in crescita unita a tassi reali in crescita, che ha in parte ostacolato la performance delle valute emergenti (riflesso dei timori legati alla fine dei programmi di allentamento quantitativo), ma che non ne ha del tutto frenato la spinta. A dirlo sono anzitutto i numeri.

Prendendo in esame il comportamento delle valute dei mercati emergenti tra il 1 gennaio 2000 e il 30 novembre 2021, i dati Bloomberg Finance LP di T. Rowe Price mostrano come la performance valutaria legata alle economie strettamente dipendenti dal settore manifatturiero abbia registrato una performance superiore al 10% in periodi caratterizzati da alta inflazione e tassi reali bassi e poco inferiore al 5% in periodi caratterizzati da alta inflazione e tassi reali in aumento. La medesima analisi condotta su un paniere di paesi le cui economie si basano sull’esportazione di risorse ha mostrato nel ventennio in esame performance rispettivamente superiori al 15% e all’8%.

 

 

Pur in un contesto di tassi di interesse a rialzo e di irrigidimento delle politiche monetarie, la storia suggerisce, secondo Ken Orchard e Onur Uncu, che i timori legati al possibile cedimento delle valute emergenti in fase di pressione “siano stati probabilmente esagerati, senza riflettere il vantaggio fondamentale in capo alle economie emergenti esportatrici di risorse in un contesto inflazionistico”.

A prescindere dalle opportunità che si legano all’attività specifica in oggetto, concludono però gli esperti, è necessario “non perdere mai di vista la costruzione ponderata del portafoglio. Le valute emergenti tendono a comportarsi come attività aleatorie e a soffrire in un contesto di avversione al rischio, assieme col credito”. In quanto tali, “riteniamo che le valute emergenti dovrebbero essere trattate come un sostituto del rischio di credito nei portafogli”.

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