Tassi Fed e treasury: i possibili scenari con inflazione ancora giù

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L’indicatore più importante per prevedere le decisioni delle banche centrali è l’andamento dell’inflazione. Ma nel frattempo, come stanno reagendo i consumatori e il mercato alla prospettiva di tassi più alti più a lungo?

Se fino a qualche mese fa la domanda chiave per gli investitori era relativa a quando le banche centrali avrebbero deciso di invertire le loro politiche molto restrittive, iniziando ad abbassare i tassi, ora il nuovo quesito sui mercati è quanto tempo resteranno così alti.
Nessuno ha tra le mani una sfera di cristallo, neanche i banchieri centrali, quindi l’unica soluzione è affidarsi ai dati: finché l’inflazione sarà alta e l’economia riuscirà a mantenersi forte, allora i tassi non saranno destinati a decrescere.

L’inflazione dove sta andando?

È indubbio che si inizino a vedere i primi effetti della politica aggressiva delle banche centrali, con l’inflazione che si sta finalmente abbassando, basti pensare che negli Stati Uniti a settembre si è attestata al 3,7% e nell’Eurozona è scesa al 4,3%. Si tratta di dati confortanti, anche se il target del 2% non è ancora a portata di mano. “La Fed potrebbe sentirsi a proprio agio con un’inflazione che si attesti al di sopra dell’obiettivo del 2%, ma dipenderà dagli altri fattori in azione nell’economia. Se la crescita dovesse vacillare e la disoccupazione iniziasse ad aumentare, la Fed potrebbe consentire che l’inflazione superi il suo obiettivo ufficiale e allentare comunque la politica monetaria a sostegno dell’economia”, spiega Jared Franz, economista di Capital Group.

Lo stesso discorso non si può invece fare per la Bce che gode di una minore flessibilità, considerando anche che paesi come la Germania stanno ancora combattendo con un rischio alto di recessione.

Molti investitori erano convinti che le politiche aggressive implementate dalle banche centrali avrebbero imposto un freno all’economia, ma così non è stato. Eppure è importante non dimenticarsi che i risultati di queste politiche spesso sono molto ritardati e possono vedersi fino ai 18 mesi dopo, quindi è ancora troppo presto per festeggiare.

Vi sono segnali indicanti che i consumatori hanno esaurito i risparmi accumulati nel periodo della pandemia e adesso dipendono maggiormente dalle carte di credito. Storicamente, questo schema indica una riduzione della spesa e gli analisti di Capital Group hanno inoltre notato che i consumatori sono alla ricerca di alternative più convenienti.

Anche se la situazione dovesse degenerare rapidamente, “la Fed si è dotata di una grossa quota di liquidità per stimolare l’economia. Se l’economia dovesse peggiorare in modo significativo, potremmo quindi tornare rapidamente a tassi di interesse neutrali, quindi tra il 3% e il 3,5%”, sottolinea l’esperto.

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Rendimenti Treasury al 5%, e adesso? 

Le aspettative che la Fed manterrà i tassi di interesse elevati hanno avuto un effetto diretto: il 23 ottobre il rendimento del treasury a 10 anni è tornato a superare quota 5%, livelli che non si vedevano dal lontano 2007. L’aumento del rendimento del Treasury a 10 anni, un vero e proprio benchmark obbligazionario globale, al di sopra del livello psicologico del 5% sottolinea l’ipotesi degli investitori secondo cui difficilmente la Fed e le altre banche centrali taglieranno rapidamente i tassi di interesse.

Capital Group ritiene che nel corso del prossimo anno i rendimenti dei Treasury USA potrebbero cominciare a scendere sulla scia del progressivo rallentamento dell’inflazione, soprattutto nel segmento a breve della curva dei rendimenti: “I tassi a breve termine potrebbero muoversi al ribasso prima ancora dei tagli effettivi da parte della Fed. Qualora i tassi a medio-lungo termine continuassero a sfiorare i livelli correnti a fronte della riduzione dei tassi a breve, con il rendimento dei Treasury di riferimento a 10 anni e a 30 anni in oscillazione tra il 3-4%, la curva dei rendimenti invertita dovrebbe cedere il passo a una curva inclinata”. Nel complesso, si tratta di un contesto positivo per il reddito fisso, infatti storicamente questo comparto ha ottenuto ottimi risultati alla fine dei cicli di rialzo e, ascoltando i discorsi delle banche centrali, ci siamo ormai vicini. “Se l’economia dovesse precipitare in una recessione e la Fed fosse costretta a operare dei tagli, è a quel punto che i portafogli dovrebbero effettivamente beneficiare del reddito fisso grazie all’apprezzamento del capitale derivante dal calo dei tassi d’interesse”, spiega Franz.

Guardando invece all’azionario, i guadagni da inizio anno sono stati riconducibili all’espansione dei multipli, infatti il mercato sta mostrando un’ottima tenuta nonostante gli alti tassi. Come si è detto in precedenza, è bene prestare attenzione ai prossimi mesi. “I guadagni di mercato sono stati determinati da un gruppo ristretto di titoli. L’ampiezza del mercato potrebbe migliorare poiché il prossimo anno la politica della Fed sarà più chiara agli investitori”, conclude Franz.

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