La tassazione del trading online svolto da privati

Negli ultimi anni sono diventati sempre più diffusi gli investimenti su piattaforme di trading online da parte degli investitori retail. Attraverso tali piattaforme è possibile acquistare una molteplicità di strumenti finanziari come azioni e quote di fondi, ma anche valute, criptovalute e commodity. Quali sono gli aspetti fiscali da considerare?

Cos’è il trading online? In sintesi, in capo agli investitori privati che operano al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa o professionale (i cosiddetti investitori retail), il trading online si concretizza nell’acquisto, nel conseguente possesso e nella vendita di strumenti finanziari e altri valori.
Con l’inizio del nuovo anno diviene opportuno cominciare a tirare le somme per gli investimenti e le attività dell’anno appena concluso, valutandone anche gli aspetti fiscali e i connessi adempimenti. Le implicazioni fiscali di tale attività di compravendita possono essere, infatti, diverse e possono in parte differenziarsi in ragione di una serie di elementi, a partire dall’oggetto della compravendita.
Nel semplice caso in cui un privato residente in Italia abbia acquistato nel corso del 2021 partecipazioni azionarie in una società residente in Italia, rivendendole poi nel corso del medesimo anno con il realizzo di una plusvalenza, tale plusvalenza sarà assoggettata a imposta sostitutiva del 26%. In caso di opzione per il risparmio amministrato, liquidazione e versamento dell’imposta sostitutiva vengono effettuati dall’intermediario incaricato e il contribuente non deve indicare nella propria dichiarazione dei redditi la plusvalenza realizzata; diversamente, in assenza di tale opzione, il contribuente deve provvedere a liquidare e versare l’imposta sostitutiva dovuta, includendo la plusvalenza realizzata nel quadro Rt della propria dichiarazione dei redditi. In caso di minusvalenza, nel risparmio amministrato l’intermediario incaricato dovrebbe registrare il relativo importo per scomputarlo dalle plusvalenze realizzate nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quarto, mentre in caso di regime della dichiarazione tali adempimenti sono posti in capo al contribuente ai fini della deducibilità della predetta minusvalenza. L’acquisto di azioni in società italiane è soggetto alla tobin tax che si applica nella misura dello 0,1% in caso di acquisto in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione e in misura pari allo 0,2% negli altri casi.

Una particolare attenzione va prestata nel caso in cui si acquistino partecipazioni in società estere o si detengano partecipazioni per il tramite di intermediari non residenti. In tali casi, infatti, operano gli obblighi di monitoraggio con conseguente necessità di riportare i relativi dati nel quadro Rw della dichiarazione dei redditi (salvo in caso di risparmio amministrato), di liquidare l’Ivafe dovuta e di provvedere al corrispondente versamento. Inoltre, per gli investimenti in partecipazioni in società localizzate in Stati o territori a regime fiscale privilegiato non negoziate su mercati regolamentati, le plusvalenze concorrono a formare il reddito per il loro intero ammontare (per esempio, non si applica l’imposta sostitutiva del 26%) e le eventuali minusvalenze sono deducibili solamente dalle plusvalenze realizzate rispetto ad altre partecipazioni in società estere localizzate in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Nel caso in cui l’attività di compravendita abbia avuto a oggetto anche quote di fondi mobiliari le eventuali minusvalenze realizzate non potranno essere scomputate dagli eventuali guadagni ottenuti in sede di cessione delle quote dei fondi mobiliari stessi (salvo il caso di risparmio gestito). Vi è poi il caso in cui l’attività di compravendita abbia avuto a oggetto valute estere (sul cosiddetto Forex), fra le quali, secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate, sono peraltro comprese anche le valute virtuali. Anche rispetto alle valute detenute all’estero operano gli obblighi di monitoraggio e di applicazione dell’Ivafe, con l’importante precisazione fornita dall’Agenzia delle entrate per cui, fermi restando gli obblighi di monitoraggio, l’Ivafe non è applicabile alle valute virtuali. Da ultimo, si ricorda che anche le plusvalenze derivanti dal trading online che abbia a oggetto commodity (come oro, petrolio e gas naturale) o  Etc scontano l’imposta sostitutiva del 26%.
Insomma, in considerazione dell’ambiente “variegato”, per scongiurare errori o dimenticanze, anche nel mondo “retail” è sempre buona cosa richiedere un “blessing” al proprio consulente fiscale di fiducia!

(Articolo scritto in collaborazione con Thomas Yang, di Lca Studio Legale)

Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.


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