Small cap di Wall Street, un alleato per diversificare il portafoglio

3 MIN

Gli investitori spesso sottovalutano le potenzialità delle società a bassa capitalizzazione che rappresentano una soluzione per diversificare l’esposizione su Wall Street rendendo il portafoglio meno dipendente dall’umore di poche mega cap

Ad oggi diversificare realmente il portafoglio è sempre più difficile in quanto le mega cap hanno raggiunto dimensioni record che le rendono una presenza ingombrante – nel bene così come nel male – nei portafogli d’investimento. Basti pensare che i cosiddetti Magnifici 7 – ovvero quei sette titoli (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Tesla e Nvidia) accomunati dalla forte impronta tecnologica e dalla esposizione al trend dirompente dell’intelligenza artificiale – hanno messo a segno nel 2023 performance da capogiro (complessivamente è stato +122% il rendimento totale medio di questi nel 2023) indicendo per il 60% sui rialzi dell’intero S&P 500.
L’indice S&P 500, reduce dall’aver infranto per la prima volta il muro dei 5 mila punti sulla scia di una solida stagione degli utili e di un’economia resiliente, fin dalla sua creazione nel 1957 è stato un fedele specchio dell’economia degli Stati Uniti, da quando a dominare era il boom delle grandi compagnie ferroviarie ad oggi con l’intelligenza artificiale a farla da padrona. Da soli i Magnifici 7 sono arrivati a pesare per oltre il 28% sull’intero S&P 500, peso che lievita se si considera l’indice tecnologico Nasdaq che proprio in virtù di questo squilibrio sulle mega cap lo scorso anno è stato costretto a fare un ribilanciamento straordinario.
Per gli investitori alla ricerca di un’esposizione meno sbilanciata su una manciata di titoli, quali possono essere le possibili soluzioni alternative per posizionarsi sull’azionario statunitense?

Diversificazione su due livelli

La tecnologia oggi è arrivata a occupare otto dei primi dieci posti dell’S&P 500 e conta per il 30% sull’intero indice. Questo sbilanciamento rappresenta un problema per gli investitori in cerca di un’esposizione più diversificata verso l’azionario statunitense. Bisogna essere ben consapevoli dei danni e dei pericoli derivanti dal recency bias, ovvero di quell’attitudine che spinge gli investitori ad aspettarsi una continua sovraperformance da parte dei vincitori dello scorso anno”, spiega Elisa Piscopiello, ETF Analyst di LGIM.
Un compromesso, per mantenere un forte focus sugli Stati Uniti con però meno dipendenza da pochi titoli e da un settore in particolare, è rappresentato dagli indici sulle small cap, ossia che sono animati dalle società statunitensi a bassa capitalizzazione e che vanno a rispecchiare in maniera più uniforme i vari settori dell’economia a stelle e strisce. L’indice Russell 2000 ad esempio vede settori quali finanziari, consumi, sanità e tecnologia avere tutti un peso compreso tra il 13% e il 18%.
In aggiunta, le small cap si caratterizzano per un business più circoscritto a una determinata area geografica, rispetto alle large cap che, per natura, tendono a includere soprattutto multinazionali.


 Fonte: Factsheet da S&P/Ftse Russell, dati al 29/12/2023

Valutazioni storicamente basse

Guardare alle small cap non è solo una scelta atta a diversificare un portafoglio di investimento. A livello di valutazioni, la sovraperformance delle large cap nel corso del 2023 ha ampliato il divario di valutazione rispetto alle small cap. A questa sottovalutazione su base relativa si aggiunge il fatto che ad oggi le stime parlano di una crescita degli utili del 27,5% per le small cap nella seconda metà del 2024, decisamente superiore alla crescita attesa dell’S&P 500, dominato dalle large cap.

Lo scenario attuale è di valutazioni più basse rispetto ai livelli storici. “Un ritorno verso la media sarebbe un evento positivo per chi ha deciso di esporsi a questa asset class con sufficiente anticipo, considerando anche il fatto che anche l’outlook sui margini appare favorevole”, argomenta l’esperta di LGIM, precisando la necessità di essere selettivi sulla qualità delle azioni, aumentando l’esposizione verso quelle società che presentano i profili finanziari più solidi, con profittabilità più alta e livelli di indebitamento inferiori. “In questo modo, gli investitori sarebbero tutelati anche in caso di peggioramento delle condizioni economiche, dato che avrebbero scartato buona parte degli asset maggiormente a rischio”. Storicamente, le small cap statunitensi sono anche riuscite a performare meglio rispetto alle large cap nei periodi di crisi dei mercati come nel 2000 o nel 2008.

Fai rendere di più la tua liquidità e il tuo patrimonio. Un’opportunità unica e utile ti aspetta gratuitamente.

Compila il form qui sotto, ti colleghiamo con un consulente, per i tuoi obiettivi specifici.

Articoli correlati

Articoli più letti

Ultime pubblicazioni

Magazine
Magazine N. 67 – aprile 2024
Magazine 66 – marzo 2024
Guide
Design

Collezionare la nuova arte fra due millenni

INVESTIRE IN BOND CON GLI ETF

I bond sono tornati: per anni la generazione di income e la diversificazione del rischio erano state erose dal prolungat...

Dossier
Più dati (e tech) al servizio del wealth
Il Trust in Italia