Costruire oltre 4.880 km di linee ferroviarie ad alta velocità, tagliare le tasse del 7% per 12 anni per gli italiani che hanno un reddito sotto i 25.000 euro, rendere l’università pubblica gratuita per 45 milioni di studenti, dare più di 43.000 euro a ogni nucleo familiare in povertà assoluta o costruire 8 ponti sullo Stretto di Messina. Non si tratta di dati casuali, ma di tutto ciò che si sarebbe potuto fare invece di spendere 122 miliardi di euro per il Superbonus.
Ma cos’è il Superbonus? Si tratta di un’agevolazione fiscale, estremamente generosa, che il governo italiano ha stanziato per i miglioramenti dell’efficienza energetica delle abitazioni, come l’aggiornamento dei sistemi di riscaldamento e condizionamento, introdotta durante la pandemia nel tentativo di stimolare la crescita. Gli italiani hanno accolto con interesse questa proposta, ma sin da subito sono emersi alcuni problemi, tra cui il principale legato ai crediti d’imposta.
Italia: la storia di un debito pubblico alle stelle
Nonostante la posizione dell’Italia stia migliorando negli ultimi anni, il Paese rimane campione in Europa, e non c’è molto da festeggiare. Il debito pubblico al 2023 era pari al 137,3% del PIL e il rapporto deficit/PIL al 7,4%, mentre nel 2024 sembra che l’Italia sarà il Paese che emetterà più debito pubblico tra i grandi del continente, con ben 390 miliardi di dollari di prestiti a lungo termine. Insomma, il Paese tricolore non si trova in una posizione particolarmente luminosa e gli ingenti investimenti per il Superbonus potrebbero aver portato qualche nuova nuvola all’orizzonte.
Lo scorso anno, i crediti d’imposta relativi a questa agevolazione fiscale sono stati emessi dal governo al momento della fase di costruzione, pur essendo destinati ad essere riscattati solo in un momento successivo, così da distribuire i costi su diversi anni. Questo però non è stato reso possibile; infatti, Eurostat aveva dichiarato che i costi fiscali dei crediti d’imposta dovevano essere contabilizzati nell’anno in cui erano stati emessi e non riscattati. Insomma, per semplificare le cose, Katharine Neiss, Chief European Economist di PGIM Fixed Income, ha spiegato che “alla fine dello scorso anno, il governo italiano ha indicato i costi vertiginosi del Superbonus come causa della significativa revisione del deficit 2023 dal 4,5% al 7,4% del PIL e delle revisioni dei deficit degli anni precedenti”. A questo bisogna anche aggiungere il fatto che l’adesione al Superbonus ha visto il suo picco nel quarto trimestre del 2023, quindi i suoi effetti sul deficit italiano potrebbero non essere ancora del tutto visibili. Secondo l’esperta, saranno necessari ancora tre anni per avere una visione completa dell’impatto di questa agevolazione fiscale e, anche nella visione più positiva, l’Italia si troverà di fronte a una crescita del Pil dello 0,8% nel 2024 e dell’1% nel 2025.
Superbonus: un problema, ma non l’unico
Come abbiamo appena visto, gli effetti del Superbonus sul mercato italiano diventeranno veramente chiari solo nei prossimi anni, ma questo non è l’unico problema che il governo si trova ad affrontare. Solo guardando al 2024, sono diversi gli eventi politici che già hanno portato volatilità nel mercato europeo e questo non sarà immune neanche alle prossime elezioni statunitensi.
Guardando solo all’Europa, ad esempio, la Banca Centrale Europea ha iniziato a muoversi per eliminare, in modo graduale, alcuni sostegni al debito sovrano dei paesi europei, come il Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP). Entro fine anno, quando la BCE taglierà questi sostegni, i mercati dovranno assorbire un volume eccezionalmente elevato di obbligazioni italiane. Considerando che il fabbisogno di finanziamenti liquidi dell’Italia si aggira attualmente intorno ai 150 miliardi di euro, secondo Neiss nei prossimi anni questo rimarrà significativamente più alto rispetto alla media pre-pandemia di circa 50 miliardi di euro.
Guardando invece direttamente alle decisioni prese nei confini dello Stivale, il governo ha ritardato la pubblicazione dei suoi piani fiscali all’autunno del 2024, ponendo così un’attenzione ancora maggiore sui piani di gestione della sostenibilità del debito del Paese. E nonostante aspettative positive a inizio anno, le incombenze fiscali e l’affievolirsi del push economico derivato dal Superbonus, la crescita del Paese potrebbe rallentare.
Luce in fondo al tunnel
L’Italia, insieme agli altri Paesi del sud Europa, è sempre stata vista come il fanalino di coda per l’economia europea, eppure questa volta si potrebbe trovare in una posizione decisamente diversa. Per la prima volta dopo lungo tempo la politica italiana sembra relativamente stabile e meno ostile nei confronti dell’Unione Europea, con i politici che si stanno impegnando per rispettare le regole fiscali dell’UE.
Inoltre, dopo la significativa revisione del deficit, è lecito pensare che la parte fiscale rimarrà sotto stretta sorveglianza, poiché il governo ha comunicato l’intenzione di rispettare il deficit fiscale del 4,3% per il 2024. Tuttavia, secondo l’esperta, il Paese potrebbe finalmente avere una tregua dal Superbonus e un po’ di sostegno in arrivo.
Per sapere veramente che piega prenderà il debito italiano, gli ingredienti a cui prestare attenzione saranno la crescita del PIL e l’unità dell’Unione Europea, sostenuta dalle nuove norme fiscali come la NextGen EU. Intanto, con la ripresa del mercato del lavoro e la disoccupazione ai minimi pluridecennali, i segnali sembrano positivi.