Il tasso di crescita della ricchezza globale nel grafico di McKinsey. La Cina guarda dall’alto gli Usa, che a loro volta osservano da lontano Germania, Francia, Regno Unito, Canada, Australia, Giappone, Messico, Svezia. Non c’è traccia dell’Italia
Perché la ricchezza della Cina è cresciuta tanto dal 2000 al 2020? Innanzitutto, nel 2001 il paese fa il suo ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio. In secondo luogo, da inizio millennio i prezzi degli immobili sono esplosi.
Complici i tassi di interesse in declino, il mercato immobiliare è la miccia che ha innescato globalmente la formazione di nuovo patrimonio: lo studio calcola che il 68% del net worth mondiale è posseduto sotto forma di proprietà immobiliari, suddivise quasi equamente fra terreni ed edifici. Secondo gli analisti, i prezzi degli immobili superano del 50% il loro valore di lungo periodo. Ciò pone questioni in merito alla sostenibilità di questa nuova ricchezza. La pressione al rialzo sui prezzi degli immobili segnala il rischio dello scoppio di una possibile bolla, ammoniscono gli analisti: del resto la crisi del gruppo Evergrande ne ha fornito un assaggio. Secondo il report, una soluzione possibile sarebbe quella di dirottare le ricchezze globali verso attività più produttive. In caso contrario, il patrimonio dei più abbienti rischierebbe un’erosione di un terzo a seguito del collasso dei prezzi post scoppio bolla.
Nella composizione del patrimonio netto degli ultra ricchi seguono, a distanza: infrastrutture, macchinari, brevetti e diritti da proprietà intellettuale. Curiosamente, gli asset finanziari non rientrano nel computo complessivo del wealth: per esempio, un’obbligazione nel portafoglio di un individuo corrisponde a una passività in carico a un imprenditore.
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