Il renminbi diventerà la nuova valuta per petrolio e oro?

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Passando inosservata, la valuta cinese sta diventando un sempre più fondamentale mezzo di scambio in Africa e in altri paesi emergenti. Che si stia preparando per diventare il nuovo dollaro?

Mentre tutta l’attenzione è rivolta alla marcia del super dollaro, il renminbi conquista terreno. Soprattutto in Africa, dove la Cina sta instaurando un rapporto di mercato sempre più stretto, che rende più facile l’internalizzazione del renminbi. Insomma, il Dragone è in prima linea per aumentare l’uso a livello globale della sua valuta, al punto che, secondo Chi Lo, Senior Market Strategist Asia Pacific di BNP Paribas Asset Management, “se il renminbi dovesse acquisire una massa critica sufficiente a sostenere un sistema di pagamenti commerciali internazionali, i quadri sottostanti dovrebbero essere riorientati”.

Il BRICS si espande e il renminbi amplia il suo commercio

Se fino al 2010 si parlava solo di BRIC, includendo nel blocco solo Brasile, Russia, India e Cina, successivamente si è aggiunta la S del Sudafrica e ora l’acronimo potrebbe continuare ad allungarsi. Nel 2024 entreranno a fare parte di questo gruppo anche Arabia Saudita, Iran, Etiopia, Emirati Arabi Uniti, Argentina ed Egitto. La realtà è che la lista di nazioni che sperano di essere inclusi nei BRICS conta più di venti membri, dalla Nigeria al Venezuela, passando anche per l’Indonesia.

Una simile situazione offrirebbe grandi vantaggi alla Cina che si comporta come leader non ufficiale del gruppo: l’espansione del blocco infatti permetterebbe di ampliare sempre di più la rete del renminbi per i pagamenti transfrontalieri, aumentando così anche le opportunità di commerciare petrolio e altre materie prime tramite la valuta di Pechino.

Basta prestare attenzione per vedere che questo cambiamento è già in atto: a gennaio Cina e Arabia Saudita hanno riaperto le discussioni sul commercio del petrolio in renminbi; a fine marzo una serie di eventi, che hanno coinvolto Francia, Brasile, Argentina, Arabia Saudita e i paesi ASEAN, hanno incentivato a utilizzare la moneta cinese per le transazioni transfrontaliere; nello stesso mese Cina e Brasile hanno raggiunto un accordo per abbandonare il dollaro statunitense e utilizzare direttamente il renminbi nelle loro transazioni; mentre sono già anni che Iran, Venezuela e Indonesia regolano alcuni dei loro scambi di petrolio con la Cina sfruttando questa moneta. Insomma, la valuta di Pechino si sta insinuando sempre di più nel mercato, sostituendo in alcuni casi (forse più di quelli che si pensa) il dollaro, al punto che secondo una ricerca di BNPP AM “anche un limitato spostamento del petrolio e del commercio transfrontaliero verso il renminbi potrebbe portare quest’ultimo al terzo posto (dall’attuale quinto posto) come valuta di pagamento globale più utilizzata nel sistema SWIFT, superando lo yen giapponese e la sterlina inglese”.

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Cina e Africa, una relazione sempre più stretta

La Cina sta registrando un ampio surplus commerciale con l’Africa, il che significa che la domanda africana di renminbi per pagare le importazioni cinesi supera di gran lunga l’offerta di renminbi che riceve esportando in Cina.

Per costruire una relazione sempre più stabile, Pechino ha costruito una infrastruttura finanziaria per i pagamenti transfrontalieri in renminbi con l’Africa, firmando accordi bilaterali con alcuni paesi chiave come Sudafrica, Nigeria (rispettivamente il primo e il secondo importatore di merci cinesi in Africa) ed Egitto. Inoltre, potrebbero essere vicini nuovi accordi con Kenya, Tanzania e Ghana.

Questo ha reso il Dragone il principale creditore bilaterale dell’Africa: secondo le statistiche della Dogana cinese, nel 2022 l’import-export della Cina verso l’Africa è giunto a 1,87mila miliardi di renminbi, con un aumento del 14,8% rispetto all’anno precedente e solo nei primi sette mesi del 2023, questo commercio ha toccato la soglia di 1,14mila miliardi di renminbi, con una crescita del 7,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Ma non è solo il petrolio che ha convinto il Dragone a volare fino al continente nero, ma anche l’esportazione e le importazioni di oro. Ad esempio, spiega Chi “per aumentare la fiducia dell’Arabia Saudita nel commercio del petrolio in renminbi, la Cina si è impegnata a sostenere le transazioni con l’oro. Ciò rende di fatto il renminbi convertibile in oro per l’Arabia Saudita”. Si tratta di un passo molto importante: se l’Arabia dovesse aderire all’iniziativa petro-yuan, anche altri Paesi esportatori di petrolio potrebbero seguirla. Sarà che i Paesi emergenti stanno cercando di diversificare sempre di più la loro esposizione al rischio del dollaro statunitense?

Il renminbi sarà il nuovo dollaro?

È ancora troppo presto per vedere la moneta di Pechino come il nuovo biglietto verde, ma il crescente numero di attività in renminbi può essere un passo fondamentale per la creazione di una classe di attività a sé stante. Il prossimo step potrebbe essere quello di creare obbligazioni denominate in questa valuta emesse da governi e società africane e poi di altri paesi in via di sviluppo.

Tuttavia, come ricordano da BNP Paribas AM, la strada è ancora lunga e alcuni venti contrari alla crescita, come l’invecchiamento della popolazione e il calo della produttività, “potrebbero far sì che le partite correnti della Cina finiscano in disavanzo nel corso del tempo, aumentando la necessità di ricorrere a prestiti esteri per finanziare il deficit”. Ma non è necessario spaventarsi: come gli Stati Uniti insegnano, l’internalizzazione della valuta può consentire l’accesso a finanziamenti e tassi interessanti nonostante le finanze nazionali siano in crisi.

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