Recessione Stati Uniti: evitata o imminente? 3 possibili scenari

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I punti di domanda per i prossimi mesi sono molti, dalle incertezze geopolitiche all’andamento dell’inflazione, BNY Mellon Investment Management ha costruito tre possibili scenari, quale si avvererà?

Elezioni in 61 Paesi nel mondo, incertezza geopolitica e crescenti tensioni nel Mediterraneo allargato, instabilità finanziaria e inflazione che inizia a rallentare il ritmo di discesa. L’inflazione potrebbe rimbalzare nuovamente? E se i tassi non avessero ancora toccato il picco? Queste sono solo alcune delle sfide e delle domande che gli investitori si trovano davanti, aprendo moltissimi dubbi e paure guardando a cosa accadrà nei prossimi mesi sul mercato. Gli esperti di BNY Mellon Investment Management hanno considerato tante diverse variabili, sviluppando tre possibili scenari per i prossimi mesi.

1. Al via un nuovo periodo di divergenze

    Nel primo scenario che gli esperti hanno analizzato, ovvero il più probabile, il mondo risulterà quasi spaccato a metà. Mentre gli Stati Uniti stanno andando incontro a un atterraggio morbido e si prevede un taglio dei tassi entro la prima metà del 2024, Europa, Cina e Giappone dovranno affrontare un peggioramento delle prospettive. Il vecchio continente si trova di fronte a una recessione che ormai sembra inevitabile, gli stimoli di Pechino non sono sufficienti per far ripartire l’economia e la sana inflazione di fondo che sta attraversando il Giappone torna a raffreddarsi.
    Questa bipolarità sarà chiara anche guardando al mercato. In un simile scenario, infatti, le azioni e il credito societario statunitense registreranno un rally, lasciando indietro le controparti europee ed emergenti. Questo sarà reso possibile anche da nuove misure fiscali governative, che stimoleranno gli investimenti aziendali, incentivando la produttività. Se a questo si aggiunge anche un calo dell’inflazione di fondo, “ciò consente alle imprese e ai consumatori statunitensi di continuare a spendere nonostante l’aumento del fabbisogno di rifinanziamento, in quanto i tassi d’interesse diminuiscono mentre la crescita rimane in linea”. Inoltre, anche nel caso di una rapida impennata del prezzo del petrolio, gli States risulterebbero più protetti rispetto ad altre aree del mondo, in quanto esportatori netti di energia. D’altro canto, l’Eurozona e la Cina non avrebbero la stessa fortuna, con i rischi di stagflazione che sono diventati realtà e, soprattutto per il vecchio continente, un ulteriore aumento dei prezzi del petrolio potrebbe avere conseguenze nefaste.

    2. Recessione? Ormai non si può più evitare

    L’economia statunitense si è dimostrata robusta all’inizio del nuovo anno e questo ha ulteriormente convinto la Federal Reserve a fermarsi, ma l’inflazione ricomincia a salire, spingendo verso un nuovo inasprimento prima della fine dell’anno. In un simile scenario, la banca centrale americana riavvia il ciclo dei rialzi toccando tassi al 6% e questo potrebbe innescare una lieve recessione negli Stati Uniti nel secondo semestre, aumentando i costi di indebitamento e esaurendo i risparmi in eccesso. Tendenze simili sarebbero visibili anche nell’eurozona, di conseguenza la spesa delle famiglie cala, i profitti delle imprese vengono compressi e aumenta il numero di licenziamenti. Un’offerta di lavoro limitata, insieme a salari che crescono troppo lentamente, potrebbero costringere le banche centrali a mantenere una politica restrittiva ben più a lungo di quanto già scontato dal mercato. Ma non solo Stati Uniti ed Eurozona: la recessione nel Regno Unito e una forte ripresa della flessione immobiliare in Cina indeboliscono la domanda globale. Anche in questo caso, il rischio di una improvvisa impennata del prezzo del petrolio non farebbe altro che peggiorare la situazione, innescando un allargamento degli spread del credito societario e un crollo dei titoli azionari.

    3. Quando tutte le tessere vanno al posto giusto

    Il cosiddetto scenario di riccioli d’oro, quello in cui tutti sperano, ma che mese dopo mese diventa sempre più improbabile. La credibilità delle politiche è stata finalmente ripristinata e inizia un periodo di disinflazione, questo significa che i tassi hanno effettivamente toccato il loro picco e intorno alla seconda metà dell’anno questi potranno iniziare a scendere, mentre l’inflazione raggiungerà l’obiettivo del 2%. Ma non solo: “Gli shock sul lato dell’offerta alla produzione di beni e servizi si invertono, con riallocazioni della catena di approvvigionamento e fluttuazioni dei prezzi dell’energia che non si rivelano eccessivamente dannose per le economie globali”, riassumono gli esperti.
    Inoltre, in una situazione simile, i licenziamenti su larga scala non si concretizzano e i salari reali, quindi aggiustati per l’inflazione, si stabilizzano, ricompensando l’esaurimento dei risparmi.
    Per quanto riguarda gli investitori, la febbre per l’intelligenza artificiale continua, alimentando l’espansione dei multipli che si combina con una crescita degli utili del 10%, dando il via a un forte rally azionario, che spingerà l’indice S&P 500 a superare i 5.000 dollari entro la fine del 2024. Nello stesso tempo, gli spread investment grade e high yield si comprimono, rispettivamente sotto i 100 punti base e sotto i 300 punti base.

      I possibili scenari che ci troviamo davanti sono molto diversi tra di loro, come puoi preparare il tuo portafoglio ad affrontare ogni possibilità? Come diversificarlo al meglio per mantenere rendimenti saldi?

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