Polizze vita: il trattamento fiscale delle somme corrisposte agli assicurati

Nel caso di contratti di assicurazione “temporanea caso morte”, si applica la totale esenzione dall’Irpef di quanto corrisposto ai beneficiari

Con la polizza vita, se la persona assicurata viene a mancare, l’assicurazione destinerà un certo capitale ai suoi cari, che in questo modo saranno tutelati contro questo evento avverso

Le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare

Sono molti gli strumenti pensati per proteggersi dalle incognite della vita e dai rischi del futuro. Tra questi, senza dubbio, occorre annoverare le polizze vita.
Questa tipologia di strumento assicurativo consente, infatti, di garantire ai propri cari e alla propria famiglia un certo sostegno economico nel caso di sopravvenienza di eventi imprevisti che involgono la vita o la prematura scomparsa dell’assicurato.
I vantaggi che connotano la polizza vita sono numerosi: tra questi, viene in rilievo la caratteristica che rende il capitale liquidato, a certe condizioni, non pignorabile e sequestrabile.

In effetti, in deroga alla disciplina generale prevista per le somme dovute dal debitore, le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare.

Ma ci sono anche i vantaggi di tipo fiscale. Su questo punto, basti evidenziare che i versamenti effettuati nell’assicurazione sulla vita possono essere dedotti dalle imposte e che le erogazioni dell’assicurazione sulla vita sono assoggettate a un’aliquota fiscale ridotta, particolarmente vantaggiosa.

Da un punto di vista civilistico, la polizza vita consiste in un contratto che lega, potenzialmente, quattro soggetti: l’impresa di assicurazione; il contraente, cioè il soggetto che conclude il contratto e paga il premio; l’assicurato, vale a dire il soggetto alla cui morte o sopravvivenza l’assicuratore dovrà pagare un capitale o una rendita; i beneficiari, cioè coloro che hanno titolo di ricevere l’indennità e il pagamento.

I soggetti principali sono assicuratore e contraente (che può anche coincidere con l’assicurato): il primo, ricevendo il pagamento di un premio da parte del secondo, si impegna a pagare una certa somma che verrà erogata al ricorrere di un determinato evento attinente la vita dell’assicurato.

Sono almeno tre le tipologie di polizze che appartengono al ramo vita.

Polizze per il caso vita, vale a dire quelle in cui è previsto il pagamento all’assicurato di una certa somma ove questo risulti ancora vivo entro una certa data (in caso di premorienza, invece, i premi verranno distribuiti agli eredi o beneficiari). Polizze per il caso di morte, ove la somma è erogata in ragione del decesso del contraente; le quali, a loro volta si dividono assicurazioni “a vita intera“, in cui la somma è liquidata in qualunque momento della vita dell’assicurato intervenga la morte e assicurazioni “temporanee“, in cui la prestazione è dovuta solo se il decesso si verifica in un determinato periodo di tempo. Polizze miste, nelle quali il capitale può essere corrisposto in caso di sopravvivenza dell’assicurato entro una certa data e in caso di morte intervenuta prima di una certa data individuata.

Ebbene, ciò considerato è opportuno porre l’accento sul trattamento fiscale delle somme corrisposte agli assicurati in dipendenza di polizze di assicurazione sulla vita.

Sul punto, è di recente intervenuta l’Agenzia delle entrate che, in risposta a un’istanza di interpello (n. 20/2022) proposta da una compagnia di assicurazione avente sede in Italia, ha reso chiarimenti.

Come specificato dall’Agenzia, rientrano nella definizione di contratti di assicurazione sulla vita, sia quelli aventi ad oggetto il rischio morte, qualora la compagnia sia obbligata a corrispondere al beneficiario una somma o una rendita alla morte dell’assicurato, sia quelli che assicurano in caso di sopravvivenza dell’assicurato il diritto a quest’ultimo o al terzo beneficiario di ricevere una somma o una rendita ad una data prestabilita.

Con riferimento alle somme percepite in dipendenza di polizze di assicurazione sulla vita, ai fini fiscali, i proventi sono suscettibili di generare redditi di capitale e detti redditi sono assoggettati ad imposta sostitutiva nella misura del 26%, ma la tassazione varia in base alla tipologia contrattuale ed alle prestazioni garantite.

La disciplina fiscale vigente in materia, opera una diversificazione del regime applicato ai capitali erogati in dipendenza di polizze assicurative sulla vita, a seconda che il contratto rientri nella polizza cd. “temporanea caso morte” o nella polizza vita di tipo “misto”.

Nel caso di contratti di assicurazione “temporanea caso morte”, si applica la totale esenzione dall’Irpef di quanto corrisposto ai beneficiari. Nel caso delle cosiddette polizze vita “miste”, è esente dall’Irpef il capitale erogato a copertura del “rischio demografico” (il rischio che viene calcolato sulla base di diversi fattori personali ed inerenti alla zona in cui l’assicurato risiede), mentre la parte restante della prestazione corrisposta sarà imponibile in capo ai beneficiari.

La tassazione delle polizze “a vita intera” (fattispecie che indipendentemente dal momento in cui si verifica il decesso dell’assicurato tutela i beneficiari attraverso il pagamento di una certa somma), poiché prevedono la corresponsione di varie prestazioni, richiede un discorso più specifico.

Le polizze a vita intera, infatti, possono prevedere: prestazioni ricorrenti programmate (il cui ammontare viene calcolato sulla base di determinati parametri e finanziato mediante l’annullamento o il riscatto di quote di un fondo interno detenuto dall’impresa di assicurazione o di un OICR collegato al contratto nel quale sono investiti i premi versati), e corresponsione di un capitale al decesso dell’assicurato o in caso di riscatto anticipato (determinato in funzione del valore delle quote del predetto fondo o OICR al momento del decesso o della richiesta di riscatto).

Per entrambe le prestazioni non c’è alcuna garanzia di restituzione del capitale investito (circostanza verificabile solo alla scadenza del contratto) e non sussiste certezza circa il momento idoneo per tassare il capitale corrisposto.

Tale eventualità porta ad escludere l’imponibilità delle prestazioni ricorrenti erogate nel corso della durata contrattuale, in quanto alla data della loro corresponsione non sono maturati rendimenti che presentino il carattere della certezza tali da determinare l’esistenza delle condizioni per l’applicazione dell’imposta sostitutiva al 26%.

Per tale ragione, spiega l’Agenzia, per questa fattispecie, la tassazione delle prestazioni ricorrenti si considera sospesa fino al momento dell’erogazione del capitale assicurato a seguito di riscatto o a scadenza del contratto. In questi termini, l’imposta sostitutiva si applicherà solo sull’eventuale reddito venutosi a determinare al momento dell’erogazione della prestazione.

Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.


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