Meglio una strategia value o una growth? Questo l’eterno dilemma di investitori e gestori
alle prese con un mercato azionario volatile. Per chiarirsi le idee innanzitutto è bene
sapere la distinzione: le azioni value hanno un prezzo di mercato inferiore all’ipotetico
valore di equilibrio e quindi sono “penalizzate” dal mercato. Di solito in questa categoria ci
sono società attive in settori maturi, aziende solide ma con limitate prospettive di crescita,
o aziende cicliche con profitti volatili. Le azioni growth, invece, hanno un prezzo superiore
all’ipotetico valore d’equilibrio perché il mercato stima che la società produrrà in futuro utili
tali da giustificare l’attuale prezzo di mercato. Il settore growth per eccellenza è quello
tecnologico, ma anche il farmaceutico grazie ai suoi brevetti può essere ricompreso.
Chiarito il concetto, ecco che Robeco segnala come il settore value continui a suo parere
a essere interessante dato che le aspettative di rendimento a medio termine sono brillanti,
soprattutto se le valutazioni tornano a livelli “normali”.
Valutazioni più convenienti
Una prima ragione risiede nella convenienza dei titoli. La scarsa performance delle
strategie value tra il 2018 e il 2020 ha infatti portato un grande allargamento dei multipli di
valutazione tra titoli value e growth, con i primi che sono diventati più economici dei
secondi. Una convenienza evidente anche oggi, nonostante la recente ripresa dei value.
Osservando il differenziale di valutazione fra titoli value e growth, “è interessante notare
che lo spread si è ridotto solo leggermente durante questo periodo – sottolinea Matthias
Hanauer, ricercatore del Quant Equity Research team di Robeco. – In particolare, è ancora
più ampio a fine ottobre 2022 di quanto non fosse nel 2018. Per mettere le cose in
prospettiva, lo spread attuale è ancora maggiore di quanto non fosse al culmine della bolla
delle dot-com nel 2000”.
La correlazione con i tassi non è strutturale
Di fronte al continuo aumento dei tassi d’interesse da parte di Federal Reserve e Banca
centrale europea ci si chiede se questa stretta abbia sostenuto il ritorno della strategia
value. “In passato abbiamo già indagato questi movimenti e documentato che, sebbene la
relazione sia stata evidente di recente, è molto più debole nel lungo periodo e per orizzonti
di rendimento più lunghi. In effetti, le variazioni dei tassi di interesse spiegano solo una
piccola parte della variazione dei rendimenti della strategia value” afferma l’esperto di
Robeco.
È interessante notare che gli ultimi mesi indicano che la relazione potrebbe essersi
indebolita di nuovo. Per esempio, maggio 2022 è stato un mese eccellente per il value, mentre i rendimenti sono leggermente diminuiti. Al contrario agosto 2022 è
stato un mese piuttosto negativo per il value, anche se i tassi di interesse sono aumentati
di quasi 50 punti base.
“Sulla base di questa analisi, riteniamo che la relazione tra rendimenti value e tassi di
interesse non sia strutturale – o causale – ma piuttosto un fenomeno temporaneo che
potrebbe fornire alcuni fattori favorevoli per il valore nei prossimi mesi. Tuttavia, sebbene
la relazione positiva tra value e rendimenti possa persistere per qualche tempo,
probabilmente a causa di qualche profezia che si autoavvera, non crediamo che i tassi
d’interesse siano il fattore decisivo per il valore negli anni a venire”.
Le aspettative di crescita nel lungo periodo
L’ultimo aspetto riguarda le aspettative di crescita. Matthias Hanauer di Robeco ha
esaminato se le azioni growth hanno davvero una crescita futura più elevata. “Nelle nostre
analisi, ordiniamo i titoli in base ai multipli di valutazione e non alla crescita passata o
attesa. E mentre le società con un’elevata crescita storica delle vendite o degli utili in
genere trattano a multipli più elevati, la crescita futura a lungo termine è molto più difficile
da prevedere” sottolinea il ricercatore. Gli analisti stimano che le società growth generano
una crescita futura dell’utile per azione superiore di circa il 4% rispetto alla media delle
società, mentre quelle value si fermano sotto il 2,5%.
Questa differenza nelle aspettative di crescita è una delle ragioni principali per cui gli
investitori sono disposti a pagare un prezzo più alto per le società growth. Tuttavia, queste
differenze non sono persistenti: “Dopo otto anni, vediamo che la differenza effettiva è
inferiore all’1%. Pertanto, gli investitori sembrano pagare più del dovuto in base al
differenziale di crescita atteso nella formazione del portafoglio. In altre parole, la crescita
realizzata non è all’altezza delle aspettative”.