Gli sforzi delle Banche Centrali del Blocco Atlantico per contenere l’inflazione, i rischi geopolitici (soprattutto in Europa) e la ripresa dell’economia cinese. Secondo Edouard Carmignac, presidente dell’omonima casa di gestione parigina, sono ancora questi i più importanti fattori di influenza che agiscono sui mercati e che devono continuare ad essere monitorati per essere pronti a cogliere ogni nuova opportunità.
“Sei mesi fa – scrive Carmignac ai suoi investitori nella consueta Lettera trimestrale – facevo presente come il pessimismo dilagante non mi sembrasse giustificato. Benché le principali fonti di incertezza celassero, e celino tuttora, molte opportunità sottostanti, il loro accumularsi ha indotto alla prudenza. Che dire oggi? Le incertezze continuano a riguardare principalmente le stesse fonti, ma riteniamo che la proiezione della loro ombra si sia ridotta nelle ultime settimane”.
Banche Centrali vs Inflazione, lo scontro continua
Il persistere nell’implementazione di politiche monetarie restrittive da parte della Banca Centrale Europea e della Federal Reserve Statunitense sta producendo un duplice effetto, riducendo da un lato la liquidità esistente e provocando una contrazione dell’attività economica dall’altro. La domanda che operatori e investitori devono quindi porsi è sino a che punto i banchieri centrali si vogliano spingere per ridurre le aspettative di inflazione in modo significativo. “Abbiamo escluso e continuiamo a escludere – spiega Carmignac – il rischio di una grave recessione, considerato quanto si sia ridotta la tolleranza politica nei confronti di un forte aumento della disoccupazione. Tuttavia, il rischio di un rallentamento economico significativo, indotto dal protrarsi di politiche monetarie restrittive, è stato notevolmente attenuato dalla minaccia di una crisi finanziaria negli Stati Uniti”.
Secondo Carmigac, infatti, il repentino rialzo dei tassi di interesse iniziato nel marzo del 2022 (+5,25% da marzo 2022) contribuisce a rendere più delicata la situazione di numerose banche di medie dimensioni al di là dell’Atlantico, provocando tanto la contrazione dei depositi quanto il deperimento del valore dei loro asset. “È probabile che questi istituti di credito, che da soli generano quasi il 50% dei finanziamenti, possano ridurre fortemente la loro attività. Il deterioramento significativo delle condizioni finanziarie rende più che problematico per la Fed continuare ad aumentare i tassi di interesse, facendo quindi passare in secondo piano la lotta all’inflazione”.
Come si traduce tutto questo per gli operatori del wealth management e i loro clienti? “La continua diminuzione dei tassi reali, in combinazione con la prospettiva di un rallentamento moderato negli Stati Uniti, favorirà i titoli azionari con buona visibilità, un’ulteriore rivalutazione dell’euro rispetto al dollaro, senza dimenticare l’oro, che trae vantaggio da un contesto di crescita contenuta abbinata al perdurare di un tasso di inflazione non trascurabile”, aggiunge Carmigac.
L’Europa attende l’offensiva Ucraina
Sebbene un allentamento della pressione esercitata dalla Fed non possa che favorire le valutazione degli asset europei, secondo il gestore francese il fattore più cruciale è da ricercarsi altrove. “L’offensiva ucraina che ci aspettiamo nelle prossime settimane, se avrà successo come prevediamo, potrebbe minare ulteriormente il mandato di Putin, aumentando la possibilità di una rivoluzione a palazzo. Da ciò potrebbe scaturire una soluzione duratura della crisi energetica europea e una forte riduzione delle pressioni inflazionistiche che penalizzano le nostre economie”.
Più che ruggire, il Dragone per ora sbadiglia
In contrasto con quanto precedentemete previsto, la parola fine messa da Pechino alla zero covid policy non ha ancora comportato una ripresa tanto forte da ricompensare le privazioni cui i consumatori cinesi sono andati incontro negli ultimi due anni. “I titoli cinesi – precisa Carmignac – potrebbero tuttavia tornare a risvegliare un forte interesse qualora un cambiamento di leadership in Russia inducesse Xi Jinping a perseguire una politica meno autarchica, con una liberalizzazione più marcata dell’economia cinese”.
In conclusione
“Rispetto a sei mesi fa, il peso delle incertezze sulle prospettive di investimento continuano a farsi più lieve, con potenziali sviluppi inaspettati e conseguenze positive” conclude Carmignac.