È arrivata l’ora anche per l’Europa di vedere i primi effetti di una politica monetaria molto restrittiva. L’inflazione headline e core dell’Eurozona sono infatti scese significatamene a settembre: la prima è passata dal 5,2% al 4,3%, sui minimi da ottobre 2021, e la seconda dal 5,3% al 4,5%. Entrambe segnano un calo più rapido di quello che si aspettavano gli analisti. Insomma, la stretta sui tassi sta dando i suoi frutti.
Tomasz Wieladek, chief european economist di T. Rowe Price, sottolinea però che “l’inflazione mensile dell’IPC dei servizi, che è la migliore misura delle pressioni inflazionistiche sottostanti, è rimasta pressoché stabile allo 0,25%”, quindi forse è ancora troppo presto per sentirsi al sicuro. Il suggerimento è quello di aspettare ancora un paio di mesi: se anche nei prossimi due aggiornamenti l’inflazione continuerà a scendere allo stesso ritmo, allora avremo una forte prova del fatto che l’Eurozona ha finalmente invertito la
rotta.
Due incognite nei prossimi mesi
Rimangono ancora diversi punti di domanda che rendono complicato prevedere come la situazione nell’eurozona evolverà, anche solo nei prossimi mesi. Da un lato i prezzi del petrolio si sono nuovamente alzati recentemente e, probabilmente, rimarranno a questi livelli fino ai primi mesi del 2024. Dall’altro, l’euro si sta indebolendo sempre di più. “Tuttavia – rimarca l’esperto di T. Rowe Price – è plausibile che se l’inflazione di fondo continuerà a scendere, ciò compenserà le pressioni al rialzo dei prezzi del petrolio nell’inflazione complessiva”.
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Cosa cambia per la Bce
Il consistente calo dell’inflazione è sicuramente un’ottima notizia per la Bce, che vede il suo impegno portare finalmente a un effetto reale, allineandosi con la visione dovish del Consiglio direttivo. Ma non è ancora il momento di lasciare andare le preoccupazioni: un continuo inasprimento della politica monetaria potrebbe pesare sull’attività economica in misura maggiore del previsto, pur portando a un più rapido calo dell’inflazione, accelerando il ripristino dei redditi reali. L’economia reale potrebbe deteriorarsi ben più rapidamente di quanto la Bce si aspetti, non essendo sostenuta dai consumi da record statunitensi.
È anche fondamentale ricordarsi che, storicamente, gli effetti della stretta monetaria si vedono con un ritardo di 12/18 mesi, quindi dovremo ancora aspettare 6/12 mesi prima di capire l’effetto reale. “Credo – spiega l’esperto – che alla fine assisteremo a un forte aggiustamento del mercato del lavoro, e a quel punto il dibattito si sposterà sui tagli. Questo probabilmente avverrà più rapidamente di quanto la retorica della Bce sul mantenimento dei tassi per un periodo di tempo prolungato lasci intendere”.
Ma quindi, quanto manca ancora prima che la Bce decida di invertire la rotta e iniziare i primi tagli dei tassi? Sebbene, chiaramente, non ci siano ancora certezze, qualora l’inflazione continuasse a scendere a questo ritmo e, allo stesso tempo, l’economia reale continuasse a deteriorarsi rapidamente, allora forse basterà aspettare solo fino al prossimo marzo per vedere un primo cambio di rotta.