Eurozona, cosa indica l’inflazione fuori target per gli investimenti

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A febbraio i prezzi dell’Eurozona sono aumentati dello 0,8% rispetto al mese precedente, con un minimo calo annuo inferiore alle attese

Le avvisaglie erano già forti, ora sono arrivate le conferme: l’inflazione nell’Eurozona non sta diminuendo, anzi: a febbraio, secondo le stime preliminari di Eurostat l’indice dei prezzi al consumo armonizzato è aumentato a un tasso mensile dello 0,8%, contro il rallentamento dello 0,2% osservato fra dicembre e gennaio. Il tasso annuo è rallentato molto meno del previsto, scendendo dall’8,6% all’8,5% (contro una stima che lo vedeva all’8,2%).

L’aspetto più rilevante per le future mosse di politica monetaria, tuttavia, è legato alla decisa accelerazione dell’inflazione di fondo, che esclude energia, alimenti e tabacchi: su base mensile questo indicatore è aumentato dello 0,8% portandosi al 5,6% annuo, dal precedente 5,3%. In particolare, l’aumento del costo dei servizi, un comparto sul quale incidono in maggior misura gli aumenti nel costo del lavoro (a partire dai salari), è stato dello 0,9% su base mensile in forte accelerazione rispetto al -0,1% osservato a gennaio. Rispetto a un anno fa il costo dei servizi è aumentato dal 4,4 al 4,8%.

“Il forte impatto della componente servizi (con una contribuzione pari al 45%) e di quella alimentare (peso 20%) sull’intero paniere spiega il rallentamento del calo dell’inflazione generale”, ha affermato il chief global strategist di Intermonte, Antonio Cesarano, “il rialzo della componente servizi spiega, a sua volta, la continua risalita della componente core”. 

Un altro elemento capace di esercitare una certa influenza sui falchi del Consiglio direttivo della Bce è il fatto che il passo dell’inflazione tedesca sia, con un tasso mensile dell’1% e un dato annuo che segna +9,3%, è nettamente superiore alla media dell’Eurozona. Anche l’Austria e l’Olanda, altri due Paesi dall’orientamento tradizionalmente “falco”, stanno osservando tassi d’inflazione in crescita superiore alla media, con variazioni mensili rispettivamente dello 0,9 e dell’1,3%.

Rispetto a gennaio, i cittadini dell’Eurozona hanno pagato di più per acquistare beni e servizi in ciascuna delle principali categorie, con la sola eccezione dell’energia, il cui prezzo medio è sceso dell’1,1%. Si è così osservato un sorpasso: ad essere aumentati più di prezzo rispetto al febbraio 2022 sono i prodotti alimentari (+15%) e non più quelli energetici (+13,7%). Che i prezzi dell’energia continuino il loro trend discendente è, poi, un ulteriore elemento di incertezza che dipenderà dalla domanda di gas naturale liquefatto proveniente dalla Cina. L’ultima indicazione proveniente dall’indice Pmi manifatturiero di febbraio, che anticipa l’attività del settore, ha mostrato un incremento superiore al previsto portandosi a 52,6 dai precedenti 50,1 punti, fatto che proietta l’orientamento dei direttori degli acquisti da una postura neutra a una che preannuncia un’espansione delle attività (e, potenzialmente, della domanda di energia).

Cosa significa questo dato sull’inflazione per gli investimenti

“Il dato odierno sull’inflazione di febbraio, a nostro avviso, porta ulteriori argomenti a favore dei membri più falchi all’interno del consiglio direttivo della Bce (soprattutto Nord Europa e in particolare la Germania)”, ha commentato Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, Le mosse restrittive della Bce effettuate negli scorsi mesi hanno avuto poco effetto sull’economia reale. L’inflazione, soprattutto core, continua a essere persistente su livelli alti. E dai dati pubblicati dalla Bce non è più solo un’inflazione legata da fattori dal lato dell’offerta ma anche a quelli della domanda”.

Con questi dati in mano, ha affermato Diodovich, “la Bce dovrà necessariamente cambiare passo sia nelle scelte sui tassi di interesse ma soprattutto nella comunicazione… La persistenza dell’inflazione su livelli così alti modifica le nostre aspettative sulle prossime mosse della Bce”. 

Anche per Cesarano, sono aumentati gli “argomenti a favore dei falchi Bce per sostenere l’ipotesi di un rialzo del tasso sui depositi di 50 punti base, non solo a marzo ma anche a maggio… Di conseguenza ora le aspettative sul tasso sui depositi Bce (divenuto di fatto il tasso di riferimento) si posizionano al 4% entro fine anno, dal 2,5% attuale”, ha aggiunto lo strategist di Intermonte, “questo ha comportato un marcato rialzo dei tassi soprattutto sulla parte a breve/medio termine con conseguente appiattimento (Italia)/inversione(Germania) della curva dei tassi sul segmento 2/10 anni.

 

La previsione di IG Italia è che, dopo il preannunciato rialzo da 50 punti base questo mese, seguiranno altri tre rialzi da 25 punti base che porteranno il tasso terminale al 4,25% dopo la riunione di luglio. Per il momento il mercato, però, non sta credendo eccessivamente che la stretta monetaria da parte della Bce supererà quella che, nello stesso periodo, riguarderà la Fed: il cambio euro dollaro ha visto un ulteriore indebolimento dello 0,37% a quota 1,0631. “Gli operatori di mercato hanno ancora forti dubbi che la Bce possa mostrarsi pronta come la Federal Reserve a cambiare passo e ad essere più hawkish del previsto”, ha affermato Diodovich.

E il quantitative tightening, la riduzione nei reinvestimenti dei titoli in scadenza del programma App per 15 miliardi mensili?  Secondo Cesarano manterrà il ritmo previsto fino a giugno, quando l’atteso rallentamento dell’inflazione intorno
a metà anno potrebbe portare alla prosecuzione allo stesso ritmo per
un altro trimestre per poi rallentare/fermarsi tra fine anno ed
inizio 2024″.  

Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.


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