Gestione patrimoniale e filantropia: l’evoluzione del trust

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Dalla gestione di patrimoni privati alla prevenzione dei conflitti, dalla tutela della famiglia al passaggio generazionale, dalla segregazione patrimoniale alla filantropia fino anche alla privacy. Ecco alcuni obiettivi che possono essere conseguiti attraverso il trust

Il trust non ha più una funzione di pianificazione fiscale come accadeva in passato. Oggi l’istituto sta recuperando la sua funzione tipica di negozio giuridico fondato sul rapporto di fiducia tra il disponente e il gestore (trustee) per l’amministrazione di beni nell’interesse dei beneficiari o per uno scopo prestabilito. Dalla crisi conseguente al crollo dei mercati finanziari in poi è stata posta attenzione verso quelle strutture finalizzate all’erosione delle basi imponibili fiscali con l’obiettivo di eliminare tali fenomeni di distorsione. Il concetto chiave del trust oggi è la “compliance”. L’amministrazione finanziaria ha infatti ora a disposizione diversi strumenti per contrastare questi veicoli di pianificazione fiscale aggressiva: lo scambio automatico di informazioni, la maggiore collaborazione amministrativa con i Paesi esteri, l’implementazione della direttiva Dac 6 che nel settore fiscale impone di segnalare operazioni transfrontaliere finalizzate al risparmio di imposta, la normativa sul monitoraggio fiscale con le sanzioni previste nei casi di violazione, l’istituzione dei registri pubblici per i titolari effettivi di trust nei Paesi Ue. Per questo motivo oggi si deve guardare al trust piuttosto come strumento per soddisfare esigenze di pianificazione patrimoniale, passaggio generazionale o filantropiche.

È questo uno dei temi trattati il 26 novembre nel corso della tavola rotonda “L’evoluzione del trust per la gestione del patrimonio privato e con finalità filantropiche: la prospettiva in Italia e in Svizzera” organizzata da Dla Piper con Capital Trustee. Nel corso dell’evento è stata messa in evidenza l’importanza che il trust sia anzitutto considerato valido fiscalmente.

Le condizioni che l’Amministrazione finanziaria prevede a tal fine sono essenzialmente tre:

  1. la separazione dei beni del trust rispetto al patrimonio del disponente, del trustee e dei beneficiari una volta costituito il trust e effettuata la dotazione patrimoniale in capo al gestore;
  2. la discrezionalità, in virtù della quale il trustee non deve subire l’interferenza del disponente nella gestione dei beni dovendosi attenere esclusivamente a quanto previsto dal regolamento del trust o dalle norme di legge;
  3. l’irrevocabilità del trust, per effetto della quale il disponente che ha costituito il trust e trasferito i beni al trustee non deve avere il potere di revocare a proprio piacimento tali disposizioni.

L’Amministrazione finanziaria ha anche individuato delle specifiche ipotesi in cui il trust viene considerato inesistente ai fini fiscali:

  • trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi;
  • trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento sé stesso come beneficiario;
  • trust in cui il disponente (o il beneficiario) risulti, dall’atto istitutivo ovvero da altri elementi di fatto, titolare di poteri in forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso;
  • trust in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente al trust, designando sé stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto “trust a termine”);
  • trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere attribuzioni di patrimonio dal trustee;
  • trust in cui è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da questo generato;
  • trust in cui il disponente può modificare nel corso della vita del trust i beneficiari;
  • trust in cui il disponente ha la facoltà di attribuire redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti dallo stesso individuati;
  • ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari (circolare n. 61/E del 27/12/2010).

La verifica della tenuta fiscale del trust è dunque necessaria e propedeutica al perseguimento delle finalità tipiche dell’istituto. Oggi più che mai questo strumento può essere apprezzato per conseguire una pluralità di obiettivi che vanno dalla gestione di patrimoni privati alla prevenzione dei conflitti, dalla tutela della famiglia al passaggio generazionale, dalla segregazione patrimoniale alla filantropia fino anche alla privacy.

Alessandro Montinari

Gli articoli pubblicati sono stati realizzati da giornalisti e contributors di We Wealth e vengono forniti a Poste Premium a scopo informativo.


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