Lo schema di decreto delegato di riforma dell’imposta di successione-donazione, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 9 aprile, prevede importanti novità in materia di trust, introducendo la facoltà per il disponente (o, in caso di trust testamentario, per il trustee) di optare per anticipare l’applicazione dell’imposta al momento del perfezionamento dell’apporto in trust.
L’attuale quadro normativo circa la tassazione degli apporti in trust
Il legislatore ha previsto, con il ripristino – avvenuto nel 2006 – dell’imposta sulle successioni e donazioni, che la stessa si sarebbe dovuta applicare anche in relazione agli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e alla costituzione di vincoli di destinazione, tra i quali, secondo l’Agenzia delle entrate, “rientra anche la costituzione di trust” (circolare n. 3/2008).
L’Agenzia delle entrate (circolari n. 48/2007 e 3/2008) ha fin da subito rinvenuto il presupposto impositivo del reintrodotto tributo successorio-donativo nell’atto di apporto dei beni in trust (cosiddetta tassazione “in entrata”), escludendo invece qualsiasi rilevanza per la successiva destinazione dei beni ai beneficiari.
Solo più recentemente (circolare n. 34/2022), recependo il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in materia (oltre 200 sentenze), l’Amministrazione finanziaria ha abbandonato il principio della cosiddetta tassazione “in entrata” a favore dell’opposto principio della tassazione “in uscita”, il quale prevede l’applicazione dell’imposta di successione-donazione all’atto di attribuzione dei beni ai beneficiari.
Oggi, quindi, l’apporto di beni in trust è soggetto soltanto all’imposta di registro in misura fissa (euro 200), cui si aggiungono nel caso di immobili le imposte ipotecarie e catastali sempre in misura fissa, mentre l’applicazione dell’imposta di successione-donazione è differita al momento del trasferimento dei beni ai beneficiari del trust, con l’importante precisazione che l’imposta deve essere tuttavia anticipata al momento dell’apporto in trust qualora “i beneficiari individuati (o individuabili) siano titolari di diritti pieni ed esigibili, non subordinati alla discrezionalità del trustee o del disponente, tali da consentire loro l’arricchimento e l’ampliamento della propria sfera giuridico-patrimoniale già al momento dell’istituzione del trust”.
La nuova norma sulla tassazione “in uscita” dei trust
Lo schema di decreto delegato intende razionalizzare e sistematizzare la tassazione indiretta del trust, recependo in via normativa gli orientamenti consolidatesi a livello giurisprudenziale e di prassi amministrativa.
A tal fine, viene prevista l’introduzione nell’art. 2 del d.lgs. n. 346/1990 (“Tusd”) di un nuovo comma 4-bis, il quale recepisce il menzionato principio di tassazione “in uscita”, stabilendo una volta per tutte che la fattispecie fiscalmente rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione-donazione deve essere individuata non nell’apporto dei beni in trust, ma nel loro trasferimento a favore dei beneficiari.
Coerentemente con tale principio, è previsto che le franchigie (un milione o 100.000 euro, a seconda dei casi) e le aliquote d’imposta sono da individuare in base al rapporto esistente tra il disponente e il singolo beneficiario al momento del trasferimento finale del bene, ponendo in capo al beneficiario l’onere di autoliquidare l’imposta.
L’opzione per la tassazione “in entrata” dei trust
In aggiunta alla positivizzazione del principio di tassazione “in uscita”, lo schema di decreto introduce nell’art. 2 del Tusd un nuovo comma 3, il quale prevede la facoltà per il disponente (ovvero per il trustee nel caso di trust testamentari) di versare l’imposta di successione-donazione già all’atto della segregazione dei beni in trust, in anticipo quindi rispetto alla devoluzione finale. Verrebbe, in tal modo, consentito ai contribuenti una più certa pianificazione fiscale e all’Erario un incasso anticipato rispetto al momento, spesso molto distante nel tempo, della devoluzione finale dei beni ai beneficiari.
In caso di esercizio dell’opzione per la tassazione “in entrata”, l’imposta sarebbe determinata con riferimento al valore dei beni e al rapporto esistente tra disponente e beneficiario al momento dell’apporto. In tal caso, qualora i beneficiari non fossero individuati, troverebbe applicazione l’aliquota più elevata (pari all’8%) senza tener conto delle franchigie in vigore. Resta, sul punto, da chiarire se l’opzione possa essere esercitata nel caso in cui, per effetto dell’applicazione delle franchigie o di specifiche esenzioni, non risulti dovuta alcuna imposta.
Per evitare incertezze interpretative sugli effetti del pagamento anticipato, è altresì previsto che il pagamento in via anticipata debba considerarsi avvenuto a titolo definitivo, senza quindi che si possa chiedere il rimborso dell’imposta versata neanche nei casi in cui non si realizzi il trasferimento dei beni a favore dei beneficiari.
L’opzione in parola sarebbe consentita anche ai trust già istituiti al fine di garantire parità di trattamento.
Considerazioni finali sulla tassazione dei trust
Lo schema di decreto delegato predisposto dal Governo, in attesa dei pareri delle Commissioni Finanze dei due rami del Parlamento, rappresenta un ulteriore passo nella definizione della disciplina fiscale di un istituto, il trust, sempre più diffuso e apprezzato quale strumento di pianificazione patrimoniale.
In particolare, grazie all’opzione per la tassazione “in entrata” sarebbe possibile “cristallizzare” l’onere successorio alla data dell’apporto, da un lato rendendo certo nel quantum l’onere impositivo (poiché ancorato al valore dei beni al momento dell’apporto), dall’altro beneficiando di un sistema impositivo che prevede franchigie ed aliquote estremamente generose se paragonate con quelle dei più importanti Paesi industrializzati, le quali potrebbero in futuro essere modificate in senso peggiorativo.
(Articolo scritto in collaborazione con Karim Elsisi, Di Tanno Associati)