Fed e Bce non hanno finito il lavoro, ecco quali bond guardare

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La Federal Reserve verso primo stop dopo dieci strette consecutive, ma il ciclo di rialzi potrebbe non essere finito. La Bce invece è pronta a una nuova stretta. Diamo uno sguardo ai possibili risvolti in ottica d’investimento obbligazionario a seconda di come evolverà lo scenario economico

Dopo dieci rialzi dei tassi consecutivi, la Federal Reserve è attesa prendere una pausa nel ciclo di rialzo dei tassi iniziato nel marzo 2022. L’annuncio della banca centrale statunitense arriverà la sera del 14 giugno e il consensus è quasi unanime nel prevedere una pausa anche alla luce delle parole di Jerome Powell. Il presidente della Federal Reserve ha accennato al fatto che dopo 500 punti base di aumenti dei tassi in un periodo di 14 mesi, i tassi di interesse potrebbero finalmente essere entrati in territorio restrittivo; la Fed potrebbe quindi per prendersi un po’ di tempo per valutare gli effetti del ciclo di inasprimento per poi eventualmente valutare il prossimo mese un nuovo rialzo. 

Fed, stop o pausa?

Data l’inflazione persistente, i dati economici contrastanti e le tensioni sul mercato del lavoro, molti prevedono infatti un ulteriore rialzo dei tassi nella riunione di luglio. “È una possibilità concreta – rimarca Kevin Thozet, membro del Comitato Investimenti di Carmignac – . Ma Jerome Powell deve guadagnare tempo. Le tensioni sulle banche regionali statunitensi si sono attenuate e le considerazioni di tipo macroeconomico hanno ricominciato a guidare la politica monetaria. È nell’interesse della Fed aspettare e vedere se i servizi seguiranno il rallentamento del settore manifatturiero, se il recente rimbalzo del settore immobiliare sarà confermato e, soprattutto, se il mercato del lavoro alla fine mostrerà segni di affaticamento”.

La Fed potrebbe mantenere toni hawkish, lasciando aperta la porta a nuovi rialzi, in modo di evitare che si pensi che il lavoro sia concluso quando l’inflazione core non è ancora scesa al di sotto del 5%. La Fed ha portato i tassi di interesse al livello previsto ed è riuscita a dissipare le aspettative di un taglio dei tassi per il resto dell’anno. Ma questo non significa che il lavoro dei policymaker è finito”, aggiunge l’esperto di Carmignac.

A fronte della forza dei recenti dati economici, in particolare i forti dati del mercato del lavoro anche a maggio (+339 mila occupati), è quindi difficile prevedere nel breve una svolta accomodante con il mercato che ha spostato nella parte finale dell’anno la possibile data x per il primo taglio dei tassi.

La Bce non si ferma

Discorso diverso invece per la Bce anche perché il suo ciclo di inasprimento monetario è iniziato quattro mesi dopo quello della Fed. Le attese per il meeting di giovedì 15 giugno sono di un aumento dei tassi di deposito di altri 25 punti base.

I primi effetti dell’aumento dei tassi iniziano a farsi sentire in Europa con gli indicatori principali (in particolare i PMI manifatturieri) e il rallentamento della domanda di credito da parte di famiglie e imprese (il mese scorso la domanda netta di credito è scesa a 0) che dimostrano che la stretta sta avendo i suoi effetti.

Parallelamente l’inflazione sta confermando il trend discendente, anche se la componente core rimane sui massimi. “Il tasso di disinflazione ha sorpreso al ribasso – sottolinea Kevin Thozet – ma il livello di inflazione rimane elevato (6,3% in Germania e 5,1% in Francia per l’inflazione totale su base annua). Livelli che richiedono una vigilanza costante. Il 5% è una soglia particolarmente importante, associata a una maggiore omogeneità degli aumenti dei prezzi dei diversi beni e servizi e a un più stretto legame con i salari”. La rigidità del mercato del lavoro europeo sta portando a una maggiore inerzia anche sul fronte dei salari, che crescono a un tasso del 5% su base annua. “È quindi possibile che i salari reali (corretti per l’inflazione) si avvicinino a livelli positivi, sostenendo così i consumi. Questo potrebbe a sua volta far crescere l’inflazione core”.

Siamo prossimi alla fine del ciclo di rialzi anche in Europa? Forse. Molto dipenderà dai prossimi riscontri, se confermeranno o meno la tendenza disinflazionistica.

Quali scenari per i mercati?

Già nei mesi scorsi il ritmo di rialzo dei tassi è rallentato su entrambe le sponde dell’Atlantico, ma ciò non significa che le banche centrali hanno finito il proprio lavoro. Le prossime mosse dipenderanno dai dati economici e gli investitori devono essere consci che ci sono diversi possibili scenari.

In questo contesto, Carmignac predilige le obbligazioni core con scadenze lunghe e intermedie (tra i 5 e i 10 anni). Le scadenze più brevi dipendono troppo dalla volatilità dei dati economici (occupazione, salari, indicatori anticipatori). La conferma del rallentamento dell’economia e del ritmo della disinflazione spingerà i tassi d’interesse a livelli molto più bassi.

Al contrario, se l’economia mostrasse segni di tenuta ancora maggiori, le banche centrali sarebbero indotte ad alzare ulteriormente i tassi, il che a sua volta peserebbe sui rendimenti obbligazionari di più lungo periodo, dato che un inasprimento più marcato aumenta la probabilità di una forte contrazione dell’economia.

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