AI, demografia e geopolitica: così cambierà il risparmio gestito

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Dalle relazioni tra i diversi paesi alla variabile demografica, passando dalla forza innovatrice dell’intelligenza artificiale: tre forze che cambieranno l’industria del risparmio gestito approfondite durante la conferenza Come i nuovi trend globali cambieranno l’equilibrio del mondo, organizzata da Eurizon al Salone del Risparmio 2024

“Il risparmio è un’ottima cosa, specialmente se ci hanno pensato i tuoi genitori”. Così Saverio Perissinotto, Presidente di Eurizon, chiude la conferenza organizzata dalla società al Salone del Risparmio 2024, il più grande evento internazionale dedicato all’industria del risparmio gestito. La sala è gremita (lo ascoltano circa 1000 persone) e l’affermazione potrebbe lasciarla perplessa se non fosse per i temi trattati nell’ultima ora. Riassumibili in una sola frase: quando nella vita non si è abbastanza fortunati da nascere Winston Churchill, cui l’aforisma di apertura appartiene, il risparmio è faticoso, necessita di determinazione ed energia, ma soprattutto di comprendere le dinamiche che cambieranno le modalità con cui accumularlo e gestirlo. Nel primo compito l’Italia è campione (le ultime stime della Federazione autonoma bancari italiani di settembre 2023 parlano di 1.572 miliardi di liquidità sui conti corrente del Belpaese); di conseguenza, nella gestione c’è ancora molto da imparare. Ecco quindi tre temi caldi del presente che potranno aiutare risparmiatori e professionisti del risparmio ad affrontare il cambiamento: le relazioni tra i diversi paesi, la variabile demografica e la forza innovatrice dell’intelligenza artificiale, secondo l’esperienza di altrettanti ospiti d’eccezione: Marta Dassù, Senior advisor European affairs del The Aspen Institute, Uljan Sharka, Founder e Ceo di iGenius e Andrea Conti, Responsabile macro research & product specialist di Eurizon.

L’Europa come vaso di coccio o anello fragile?

Nell’ottica di anticipare il cambiamento, nel corso dell’evento si è discusso se l’attuale equilibrio precario delle relazioni internazionali possa in qualche modo aver danneggiato il nostro Vecchio Continente, così da aver reso l’Europa un vaso di coccio tra Stati Uniti d’America e Cina. “Non condivido questa metafora” spiega Dassù, “perché l’idea cui si allude è che il vaso possa disintegrarsi. È uno scenario abbastanza improbabile: l’Europa ha retto l’età delle ‘policrisi’, come la chiamiamo noi politologi, dalla crisi del debito sovrano alla pandemia e ora a due guerre sui confini che hanno generato una crisi energetica. Rappresenta tuttavia un anello fragile” incalza Dessù “perché ci troviamo in una fase di transizione delicata, perché nella storia periodi simili hanno sempre generato conflitti. Inoltre, il modello di riferimento per l’Europa, ovvero la Germania, è attualmente in uno stato di crisi, con il paradosso dei paesi del Sud che hanno mostrato una performance economica più convincente, come l’Italia”.

Quanto preoccuparsi per le tensioni tra Usa e Cina?

Tornando a Usa e Cina, Dassù spiega che “quella in corso è una tensione regolata, una ‘guerra fredda’ sui generis giocata sulla competizione tecnologica. Dal mio punto di vista la Cina è più debole di quanto si dica e gli Usa sono più forti di quanto si pensi. Il Dragone ha infatti esaurito la fase di crescita interna, incalzata dai sovrainvestimenti e dal settore immobiliare, e deve sostituire ai primi un solido incremento dei consumi interni. Non ci sta riuscendo, al momento. Gli Usa, d’altro canto, si trovano in una situazione incredibilmente buona: l’amministrazione Biden è stata un successo anche grazie agli stimoli fiscali, alla politica green e alla spinta normativa sui chip; come conseguenza, l’inflazione è abbastanza sotto controllo e probabilmente vi sarà un’inversione della vecchia regola per cui assisteremo a un ribasso dei tassi di interesse per mano della Banca centrale europea prima che per quella della Federal reserve. Con le elezioni del prossimo autunno, tuttavia, la situazione potrebbe cambiare”.

Come crescere quando la popolazione decresce (e invecchia)

Oltre alle relazioni politiche tra paesi, tuttavia, è importante considerare anche un ulteriore motore di cambiamento: la variabile demografica. “Nella nostra parte di mondo assisteremo a una riduzione dei nuovi nati. Lo stesso avverrà in Asia; il contrario in Africa subsahariana e in India. L’inverno demografico ci obbligherà a due cose: sposterà su scala globale la competizione per attrarre i migliori talenti e ci costringerà a immaginare un modello di crescita senza aumento demografico per la prima volta nella storia, portandoci a rivoluzionare l’attuale sistema di welfare. In questo la tecnologia ci sarà d’aiuto” precisa Dassù. Dello stesso avviso, ma già più pragmatico, è Conti, che spiega che “alla popolazione che invecchia non è detto si debba associare un termine negativo come ‘inverno’: si tratta semplicemente dell’ennesimo cambiamento da affrontare. Secondo le stime, potremmo essere vicini a un punto senza precedenti: la popolazione mondiale al 2100 potrebbe toccare il massimo e poi stabilizzarsi; l’aspettativa di vita potrebbe raggiungere i 100 anni. Il nuovo mondo potrebbe quindi essere uno in cui si vivrà a lungo e probabilmente anche meglio: non è per forza qualcosa di negativo, ma sicuramente costituisce per noi un cambiamento epocale” continua Conti. “Accanto a tutto ciò vi è un trend ancora più secolare e le cui implicazioni sono già visibili, ovvero la composizione demografica. Secondo lo studio World Population Prospect delle Nazioni Unite e DESA pubblicato nel 2019, nel 1950, la proporzione tra popolazione in età pensionabile (over 60) e forza lavoro (under 60) era 15 su 100; nel 2050 potrebbe arrivare a 35 su 100; nel 2100 a 50 su 100. Sono tendenze già in atto in alcuni paesi, tra cui Italia, Giappone e Germania. In un mondo così diverso, la tecnologia sarà quindi fondamentale”.

L’AI sostituirà l’uomo sul lavoro? E le conseguenze sull’economia

Con il cambiamento del mix demografico, la forza lavoro a disposizione potrebbe infatti diminuire. L’uomo sarà quindi sostituito dalla tecnologia? Secondo Sharka “l’intelligenza artificiale non è un fine, ma un mezzo. Temiamo che l’innovazione digitale possa liberarci dal lavoro: la grande rivoluzione di Internet ci ha fatto spaventare sugli stessi temi, ma attualmente non siamo liberi, siamo più occupati che mai (e i presenti in sala sorridono, ndr). L’AI potrà però rendere il nostro lavoro più semplice, creando un mondo in cui l’umano riacquista dignità, ritrova la sua passione e non deve sacrificare la sua formazione. Anche perché con l’evoluzione repentina del mercato del lavoro cui oggi assistiamo, alcuni dei posti di lavoro che potrebbe sostituire oggi non esistono nemmeno”. Non solo: “con il cambiamento della piramide demografica, a maggior ragione avremo bisogno di robot, tecnologia, intelligenza artificiale dentro e fuori il mondo del lavoro: ecco perché io sono ottimista su questo tema” aggiunge Conti. “Dobbiamo tuttavia fare un ragionamento circa le implicazioni sull’economia e sui mercati. A essere favoriti in questo contesto saranno soprattutto gli investitori azionari. Guardando agli utili aziendali trasformati in flussi cedolari dagli anni Ottanta a oggi, si può vedere che in un mondo che non cresce e che cambia chi riesce a intercettare la crescita è chi la produce. Questo separa il concetto di rischio da quello di volatilità: se nel mondo giovane che cresceva tanto l’investitore poteva decidere il proprio livello di rischio, con la volatilità che giaceva su un livello vicino e il rendimento atteso poteva essere più o meno alto, nel nuovo mondo il rischio diventa quello di investire sotto la crescita, ovvero in qualcosa che tuttavia non riesce a intercettare l’inflazione o la crescita stessa, mentre l’obiettivo dovrebbe essere quello di avere sufficiente volatilità per intercettarla. Il vero rischio in questo nuovo mondo è infatti di non averne abbastanza, di volatilità” prosegue Conti.

Europa vs Usa, il valore per gli azionisti

Ma quali saranno gli azionisti favoriti? “Se si guarda agli utili delle aziende quotate a livello geografico (trailing EPS delle società all’interno degli indici S&P 500, Eurostoxx e Topix, secondo i dati IBES – Institutional Brokers’ Estimate System) può essere facile pensare che gli investitori azionari statunitensi siano i favoriti e che l’Europa sia sfavorita, seppur ultimamente si percepisca un incremento degli utili. Tuttavia anche negli Usa vi sono vincenti e perdenti: solo due settori, l’IT e l’health care, sono riusciti a creare sistematicamente extraprofitto nel tempo, come si evince guardando ai trailing EPS delle aziende dell’S&P 500 (sempre dati IBES). Questo ci fa capire che il nuovo mondo è molto competitivo, oltre che molto settorializzato e ancora globalizzato. Anche l’Europa ha le sue punte di diamante, come i beni discrezionali (lusso in primis), mentre la tecnologia si posiziona al secondo posto (trailing EPS delle aziende dell’Eurostoxx, dati IBES). Ma l’obiettivo dell’Europa non deve essere quello di rincorrere gli Stati Uniti e cercare di diventare leader nell’AI, perché in questo mondo c’è posto per una sola Silicon Valley. Ma l’innovazione tecnologica è uno sforzo globale e l’Europa vi partecipa attivamente. Soprattutto, il Vecchio Continente può utilizzare l’innovazione per valorizzare le proprie punte di diamante come il lusso, la meccanica e il turismo” conclude Conti. Dello stesso avviso Sharka, per cui “l’AI e la tecnologia in generale potrà aiutare i settori più forti a rinnovarsi e a mantenere la leadership. Inoltre, la vera differenza l’Europa potrà farla essendo semplicemente se stessa, ovvero sviluppando una regolamentazione attenta all’etica, alla trasparenza e alla tracciabilità anche per l’intelligenza artificiale, così come fatto per altre tecnologie innovative in passato”.

Se ai risparmi non ci hanno pensato i propri genitori, quindi…

Navigare (non a vista) nel cambiamento, con una mèta ben chiara, può però non essere compito facile. Ecco quindi spiegata “l’importanza dell’industria del risparmio gestito, ricca di professionisti di qualità, e in particolare delle strategie attive, che rappresentano la strada da seguire” secondo Perissinotto. Specialmente se, al contrario che per Churchill, al risparmio non ci hanno pensato i prima i propri genitori. 

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