Il 2100 sembra una data lontanissima, quante cose possono cambiare in quasi ottant’anni? In realtà molte, ma forse non abbastanza. Il Global Gender Gap Report 2024, pubblicato dal World Economic Forum, ha presentato un quadro disastroso dello stato attuale e dell’evoluzione della parità di genere. Se, infatti, l’obiettivo era quello di raggiungere la parità di genere entro il 2030, non solo questo sarà irrealizzabile, ma anche nel 2100 questa sarà ancora lontana. Secondo il rapporto, infatti, saranno necessari 134 anni, cioè fino al 2158, perché la parità di genere diventi la realtà quotidiana per tutti i Paesi.
Nel mondo in cui viviamo, le differenze di genere sono ancora molto radicate, secondo il più recente Global Gender Gap Report, infatti, il divario è stato colmato solo al 68,5% nel 2024, con un miglioramento di appena lo 0,1% rispetto all’anno precedente. Per colmare il gender gap sarà necessario un profondo cambiamento della società e anche le aziende possono contribuire notevolmente.
Capire da dove si parte per poi cambiare
È innegabile che la differenza tra uomini e donne ancora esiste ed è così radicata nella società che spesso non ci si rende neppure conto. Nonostante profonde differenze nelle varie zone del mondo, tutti i Paesi, quindi, hanno qualcosa da imparare e su cui lavorare.
Partendo dagli stipendi, guardando solo agli Stati Uniti, la prima economia mondiale, secondo il BoGA Global Research, le donne lavoratrici ricevono in media oltre 11mila dollari in meno all’anno rispetto agli uomini, ovvero più di un anno di affitto di differenza. La situazione peggiora ulteriormente guardando al divario tra il potere di guadagno di un uomo e di una donna una volta che questi tornano al lavoro dopo un figlio: secondo gli studi dell’Institute for Fiscal Studies, nei 12 anni successivi al primogenito, la retribuzione oraria delle donne scende del 33% rispetto a quella degli uomini. E se questo non fosse sufficiente, l’Institute for Fiscal Studies ha calcolato che, se in un arco di 15 anni le donne si sono dovute assentare dal mondo del lavoro anche per solo un anno, queste hanno avuto un guadagno annuale inferiore del 30% rispetto alle donne che non si sono assentate.
Il problema però, come spiega Mariolina Esposito, International Equity presso Eurizon, non è solo il lavoro pagato meno, ma tutte quelle attività extra che non vengono retribuite. Le donne, infatti, svolgono almeno 2,5 volte più lavoro di cura – sia questo di figli o famiglia – non retribuito rispetto agli uomini. Maggiore lavoro domestico, chiaramente, significa meno tempo per partecipare nella forza lavoro tradizionale e fare carriera.
D’altro canto, guardando all’altra faccia della medaglia, sono sempre di più le donne che decidono di entrare nel mondo del lavoro, soprattutto nei mercati sviluppati, e di conseguenza continua ad aumentare l’età media della prima gravidanza. Insomma, trovare il perfetto equilibrio tra famiglia e successo lavorativo sembra ancora complicato.
Ridurre il gender gap partendo dalla quotidianità
Per riuscire finalmente a colmare il gender gap c’è bisogno di un impegno attivo su tutti i fronti. Il problema non è solo dato dalla profonda disparità tra uomini e donne ai piani alti delle società, ma le donne sono troppo spesso costrette a scegliere tra la carriera o semplicemente un lavoro ben retribuito, e la famiglia. In quest’ottica, secondo Esposito, “le aziende non solo devono aumentare la presenza delle donne nella forza lavoro e nel management, ma anche offrire strumenti per superare i problemi strutturali del divario di genere”. Da un congedo parentale non trasferibile allo sviluppo di programmi di assistenza per l’infanzia, da una sede di lavoro flessibile a un piano d’azione per il divario retributivo di genere, passando anche per la promozione di una cultura inclusiva per superare gli stereotipi di genere e per formare la leadership femminile di domani.
I progressi verso l’uguaglianza di genere sul posto di lavoro nell’area Asia-Pacifico sono più lenti rispetto a Europa e Stati Uniti, ma sono irregolari tra le regioni.
Se anche l’Islanda, che quest’anno si trova ancora in cima all’indice del World Economic Forum dopo quasi quindici anni ed è l’unica economia ad aver colmato oltre il 90% del divario di genere, nello specifico il 93,5%, continua a impegnarsi attivamente ogni anno per avvicinarsi sempre di più alla parità, allora anche tutti gli altri Paesi possono e dovrebbero fare lo stesso.