Gli Stati Uniti hanno ufficialmente varcato il territorio della recessione tecnica, con inflazione e tassi d’interesse in ulteriore aumento. Tuttavia, gli utili societari del secondo trimestre si sono rivelati migliori del previsto e l’S&P 500, forse un po’ a sorpresa considerando l’andamento generale dell’economia americana, ha messo a segno il suo miglior mese dal 2020 con una performance del 9,1% a luglio. Delle 278 società che hanno riportato i propri risultati, fra quelle appartenenti all’S&P 500 ben 209 hanno superato le attese degli analisti ha dichiarato Howard Silverblatt di S&P Dow Jones Indices.
Anche in Italia la performance del Ftse Mib è stata positiva nel mese appena trascorso, con un progresso del +5,22% che ha riportato l’indice ai livelli del 10 giugno.
“I mercati finanziari molto raramente riflettono le condizioni economiche attuali ma, piuttosto, sono da sempre uno strumento di incorporazione di aspettative future e questo mese di luglio 2022 ne è il perfetto esempio: nella settimana in cui gli Stati Uniti entrano tecnicamente in recessione, con due trimestri consecutivi di crescita negativa del Pil, gli indici azionari mettono a segno il maggior rally rialzista da inizio anno e l’S&P 500 chiude il miglior mese di luglio dal 1939”, ha dichiarato l’analista e fondatore di DLD Capital Scf, Edoardo Fusco Femiano, secondo il quale “i movimenti di prezzo dell’ultimo mese vanno quindi al di là delle semplici reazioni tecniche” in quanto “accompagnate da una progressiva compressione dei rendimenti” dei Buoni del Tesoro Usa. Quest’ultima è stata alimentata dall’attesa di un futuro rallentamento dell’inflazione che, alla luce dell’attuale scenario particolarmente incerto, potrebbero facilmente rivelarsi non corrette.
“Al netto delle incertezze sull’inflazione, uno dei principali punti interrogativi restano le valutazioni sul mercato azionario”, ha aggiunto Fusco Femiano nella sua nota settimanale, mettendo in luce come il rapporto fra prezzi e utili delle azioni incluse nell’S&P 500 sia pari a 17,5. “Il consenso generale è di un utile per azione dell’indice americano pari a circa 226 dollari e, moltiplicato per 17,5 volte questi utili l’indice dovrebbe valere 3.955 punti”. Tenendo conto che venerdì la chiusura del maggiore indice azionario Usa era stata a 4.130 punti, secondo Fusco Femiano quest’ultimo si troverebbe al di sopra del suo “fair value” per circa un 5%. “Anche ammettendo che alla fine del 2022 le aziende abbiano generato” una crescita degli utili annua pari al 10%, come da attese, “è evidente come il tema del repricing dell’indice resti ancora sul tavolo”, perché, in buona sostanza, le azioni restano ancora piuttosto care.
E’ una vulnerabilità che potrebbe rivelarsi importante nel caso in cui la crescita dovesse rallentare e l’inflazione, come accennato, diminuire meno del previsto. “Credo che nella seconda metà dell’anno attraverseremo un periodo difficile”, ha affermato David Donabedian, cio dell’attività di Cibc Private Wealth, “i dati economici continueranno a mostrare un’erosione della crescita e l’inflazione potrebbe non scendere così rapidamente come si spera”.
Secondo il noto economista Mohamed el-Erian, il rally di luglio, verificatosi contro un outlook economico che il Fondo monetario ha recentemente definito come “fosco” (“gloomy”) avrebbe ancora a che vedere con le iniezioni di liquidità immesse negli ultimi anni dalle banche centrali: “molta di essa è ancora in circolazione”, ha scritto su Bloomberg, “il livello di liquidità degli investitori è stato elevato e la disponibilità ad assumere rischi è ancora notevole una volta che si accende il semaforo verde”.