- Bugli (Itinerari Previdenziali): “Restiamo nel solco della riforma Dini sulle pensioni del 1995 e della revisione della Fornero del 2011, con l’aggiunta di qualche istituto”
- Le principali novità introdotte dalla Legge di Bilancio sono sostanzialmente due: l’accesso anticipato alla pensione per i contributivi puri e la perequazione delle pensioni
Una vera e propria riforma delle pensioni, al momento, non si è ancora concretizzata. Il dossier della Manovra si è concluso, alla fine dello scorso anno, con un sostanziale nulla di fatto sul fronte delle pensioni. O quasi. La Legge di Bilancio 2025 si è limitata infatti a prorogare una serie di misure in scadenza al 31 dicembre 2024, modificando unicamente i requisiti per accedere alla pensione anticipata a 64 anni per i cosiddetti “contributivi puri” (vale a dire chi ha iniziato a lavorare dal 1996).
Riforma pensioni: a che punto siamo
“Sono anni che il nostro sistema pensionistico viene ritoccato, ma nella sostanza questi interventi non possono essere considerati delle vere e proprie riforme”, dichiara a We Wealth Alessandro Bugli, membro del centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali. “Restiamo infatti nel solco della riforma Dini del 1995 e della revisione della Fornero del 2011, con l’aggiunta di qualche istituto. C’è chi vorrebbe stravolgere l’impianto e chi sostiene – a mio avviso a buona ragione – che sia sulla strada giusta. Occorrerebbe fare tuttavia un ragionamento più ampio e di sistema, compatibilmente con le risorse a disposizione”, osserva l’esperto.
All’indomani della riforma Fornero, l’Italia si trova divisa in due grandi platee: i contributivi puri di cui si è accennato in apertura e i misti, che godono di requisiti più favorevoli per il pensionamento e di una serie di misure “paracadute” nel caso in cui in 67 anni di vita non maturino il minimo pensionistico. “Sembra che ci si stia dimenticando di una platea di cittadini e cittadine, i contributivi puri appunto, rispetto ai quali i ragionamenti saranno sicuramente in corso ma ad oggi non vediamo ancora impatti particolari”, dice Bugli. Questi soggetti, per diversi fattori, potrebbero incassare un assegno pensionistico non adeguato alle esigenze di vita al momento della pensione, se non addirittura inferiore ai livelli minimi. “Occorre un’analisi di più ampio respiro, che metta ordine su quest’aspetto”, afferma l’esperto.
Cosa cambia nel 2025 per le pensioni?
Fatta questa premessa, le principali novità in materia di pensioni introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 sono sostanzialmente due: l’accesso anticipato alla pensione per i puri contributivi e la perequazione delle pensioni.
Cosa cambia per le pensioni anticipate nel 2025
Quanto al primo punto, si stabilisce che i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dal 1° gennaio 1996 in poi possono utilizzare la rendita maturata dall’iscrizione a un fondo pensione – sommandola a quella raggiunta nel regime obbligatorio – per arrivare agli importi minimi per accedere alla pensione anticipata a 64 anni. Con due vincoli, però:
- il requisito degli anni di contributi versati sale da 20 a 25 anni e, dal 2030, a 30 anni;
- la soglia d’importo da raggiungere passa dall’attuale modello previsto dalla Fornero a tre volte l’assegno sociale.
Secondo Bugli, si tratta di una misura “assolutamente condivisibile dal punto di vista teorico”, come tutte le formule di flessibilità in uscita. Ma a conti fatti, se si guarda ai soggetti che potranno effettivamente accedere a questa tipologia di trattamento, si tratta di una minoranza. “Quello che è interessante è che i due pilastri, per la prima volta, si parlano: il primo pilastro pubblico e il secondo pilastro complementare iniziano a diventare sinergici al fine del raggiungimento dei requisiti di pensionamento”, sostiene l’esperto. “Che la previdenza complementare possa partecipare al disegno di welfare nazionale, dovrebbe essere scolpito nel nostro sistema”, aggiunge. Ricordando come buona parte dei paesi più evoluti del Nord Europa – come Svezia e Danimarca – sono paesi che hanno spinto l’acceleratore proprio sulla previdenza complementare.
La rivalutazione delle pensioni nel 2025
C’è poi il tema della rivalutazione delle pensioni. Nel 2025 le pensioni minime godranno infatti di una perequazione aggiuntiva al tasso di rivalutazione standard del 2,2% per il 2025 e dell’1,3% nel 2026, mentre la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici all’inflazione prevede una rivalutazione al 100% per i trattamenti fino a quattro volte il valore del trattamento minimo Inps, del 90% da quattro a cinque volte il minimo e del 75% per le pensioni oltre cinque volte il minimo per scaglioni.
Confermati Quota 103, Ape sociale e Opzione donna
Tre sono le principali conferme: Quota 103, Ape sociale e Opzione donna. Quota 103, introdotta nel 2023 in sostituzione di Quota 102, consente ai lavoratori e alle lavoratrici di andare in pensione anticipata al raggiungimento dei 62 anni di età anagrafica e di un’anzianità contributiva di 41 anni. Nella manovra trovano a tal proposito conferma le tre modifiche introdotte nel 2024:
- l’intera pensione è calcolata con il metodo contributivo;
- la misura dell’assegno non può essere superiore a quattro volte il trattamento minimo Inps;
- la finestra mobile, ovvero il periodo tra la maturazione dei requisiti e la fruizione della prima rata della pensione.
Come cambiano le finestre per andare in pensione
Focalizzandoci su quest’ultimo punto, la finestra mobile varia in base al settore di appartenenza:
- sette mesi per i dipendenti del settore privato;
- nove mesi per i dipendenti pubblici.
“Resta fermo il divieto di cumulare redditi da lavoro con quelli da pensione fino ai 67 anni (salvo per il reddito da lavoro autonomo occasionale che non superi complessivamente i 5mila euro lordi annui)”, precisa Bugli.
Opzione donna 2025: a chi spetta
Quanto a Opzione donna, la Legge di bilancio 2025 conferma la versione del 2024. Potranno infatti accedervi le lavoratrici:
- licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero;
- con disabilità pari o oltre il 74% con accertamento dello stato di invalido civile;
- che assistono da almeno sei mesi persone disabili conviventi, con disabilità grave in base alla legge 104 del 1992.
Quanto al requisito anagrafico, anche quest’anno viene confermato a 61 anni, eccetto le lavoratrici licenziate o dipendenti con un tavolo di crisi aperto presso il Ministero per le quali è di 59 anni. Gli anni di contribuzione sono a loro volta ribaditi a 35, con la riduzione di un anno per ogni figlio o figlia (fino a un massimo di due). Confermate anche le finestre mobili di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome.
Ape sociale prorogato al 31 dicembre 2025
Infine, viene prorogato fino al 31 dicembre 2025 anche l’Ape sociale, ovvero l’indennità garantita dallo Stato ed erogata dall’Inps ai lavoratori in stato di difficoltà che richiedano la pensione anticipata a 63 anni e 5 mesi. Come nel 2024, l’assegno viene calcolato con metodo misto, ma viene inserita l’incumulabilità totale della prestazione con redditi da lavoro dipendente o autonomo (eccetto il lavoro occasionale sotto i 5mila euro lordi annui). A ricadere nel perimetro dei soggetti richiedenti sono invalidi civili, disoccupati, caregiver e lavoratori addetti a mansioni particolarmente gravose.
Chi e quando si ha diritto alla pensione di vecchiaia
Resta valida la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia per i lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi prima del 31 dicembre 1995. Coma chiarito sul sito dell’Inps, i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia sono i seguenti:
- dal punto di vista anagrafico il lavoratore deve aver compiuto 67 anni di età, da adeguare dal 2027 all’aspettativa di vita;
- dal punto di vista contributivo il lavoratore deve aver maturato almeno 20 anni di contributi.
Il requisito contributivo scende a 15 anni per:
- lavoratori dipendenti e autonomi che hanno maturato 15 anni di contributi entro il 31 dicembre 1992;
- lavoratori dipendenti (eccetto gli iscritti alla gestione esclusiva) e autonomi ammessi alla prosecuzione volontaria della contribuzione prima del 31 dicembre 1992;
- lavoratori dipendenti (eccetto gli iscritti alla gestione esclusiva) che vantano un’anzianità assicurativa di almeno 25 anni e risultano occupati per almeno 10 anni, anche non consecutivi, per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare.
Quanti anni di contributi servono per andare in pensione anticipata
I requisiti per accedere invece alla pensione di vecchiaia anticipata si differenziano per genere:
- i lavoratori devono aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi;
- le lavoratrici devono aver maturato 41 anni e 10 mesi di contributi.
Tali requisiti sono indipendenti dall’età anagrafica e da ulteriori adeguamenti all’aspettativa di vita.
Come verificare se si ha diritto alla pensione di vecchiaia
Per verificare se si ha diritto alla pensione di vecchiaia, esiste “Pensami”, il simulatore pensionistico dell’Inps. Inserendo i propri dati anagrafici e contributivi (come la data di nascita, la data del primo contributo, la contribuzione complessiva e la tipologia dell’ultimo lavoro svolto), lo strumento permette in realtà ai cittadini e alle cittadine di simulare tutti i possibili scenari pensionistici.
(Articolo aggiornato il 5 marzo 2025)