Sempre più spesso ricorrono due termini: “longevità” e “pianificazione”. Infatti, è un dato d fatto che noi viviamo più a lungo: in particolare, 20 anni in più rispetto al 1948.
Buona parte di questo recupero di spazio vitale è dato dal crollo della mortalità infantile, ma un’altra parte importante di quell’allungamento della vita ci deriva dalla riduzione della mortalità anziana, grazie ai progressi medico-scientifici che ci permettono di convivere con patologie croniche tipiche dell’invecchiamo delle quali fino a non molto tempo fa si moriva.
Ma non è l’unico regalo della longevità, la resilienza alla mortalità. A forza di allungare la vita, ne è venuta fuori una nuova fase, quella che si interpone tra la maturità e l’età anziana, una specie di extra-maturità, nella quale si dispone ancora di energie e curiosità tipiche di un’età più giovane e al contempo dell’esperienza di un’età già anziana.
Così, tra “ancora” e “già”, abbiamo un nuovo capitolo di vita tutto da scrivere, fatto ancora di ambizioni, opportunità e sorprese.
L’impatto della longevità sulla società moderna
Mentre succedeva tutto questo scombussolando il vecchio ciclo di vita lineare dei nostri nonni, il mondo intorno a noi cambiava drasticamente:
- spariva il posto fisso e anzi si delineava un lavoro sempre più tardivo e precario, così quello che una volta era il normale meccanismo di accumulo del risparmio, previdenziale e monetario, adesso tende a incepparsi troppo spesso per garantire il gruzzolo necessario;
- tutti studiamo di più e l’età adulta, che prima iniziava a 18 o 20 anni, scavalla i 30, vedendo così la nascita di un’altra età di mezzo, quella dell’”adultità emergente” in cui i giovani, ancora nell’alveo familiare, fanno le loro prove di debutto nel mondo adulto;
- la maggiore istruzione femminile (le donne oggi sono il 60% dei laureati) spostava in là il momento di una (eventuale) maternità riducendo così di fatto la finestra feconda della vita, visto che viviamo più a lungo ma la menopausa arriva sempre alla stessa età.
La nuova fase della vita: l’extra-maturità e l’impatto sul mercato del lavoro
Intanto, una società più individualista e meno feconda spostava il baricentro della vita dalla famiglia al sé, così i matrimoni durano in media 17 anni e noi abbiamo finito per essere il Paese con più figli unici, dando agli anziani – sempre più longevi – un peso specifico in continuo aumento che appesantisce il welfare pubblico, previdenziale e sanitario.
Non avere più giovani (e non dare prospettive a quelli che ci sono che, infatti, espatriano) ha, però, i suoi effetti anche sulle imprese che vedono ridursi e al contempo invecchiare la forza lavoro: si deve correre ai ripari rivalutando, trattenendo e sostenendo i lavoratori senior che così, forse, smetteranno di fare le spese di una sorta di “obsolescenza programmata” che inizia già a 50 anni.
Quando si andrà in pensione?
Per lavorare, però, fino a 70 anni non basta la cultura che abbiamo costruito nei primi 25/30 anni di vita, abbiamo bisogno di continui aggiornamenti e non solo verticali sulle competenze lavorative ma piuttosto sul mondo che cambia.
In questo quadro anche il pensionamento cambia faccia e si rende necessario contemplare un diverso modello di quiescenza, graduale e programmato, con una prima fase di prosieguo di un’attività lavorativa seppur parziale per integrare il reddito pensionistico e per non sentirsi tagliati fuori dal mondo troppo presto rispetto all’orizzonte di longevità.
La domanda che ricorrerà non sarà più “quando” vai in pensione? ma “come”?
Il sostegno della quarta età: la longevità e il ruolo della pianificazione
Infine, la società del figlio unico non ha sufficiente capitale umano per il sostegno della quarta età: quando va bene a due genitori che arrivano in età molto avanzata corrisponde un solo figlio che fa equilibrismo per occuparsi di loro, della sua famiglia e del proprio lavoro, quando va male c’è solo la giungla del badantato.
Se questo è il quadro, non sfuggirà che vivere fino a 85/90/100 anni non è una passeggiata ma un viaggio complesso che, se può riservare itinerari sorprendenti, comporta però sempre più responsabilità individuali dove prima bastava il welfare pubblico e quello naturale offerto da vincoli familiari più numerosi e duraturi.
Così non è solo complicato risparmiare a sufficienza per una vita centenaria, arrivare alla grande vecchiaia in buone condizioni e gestire la precarietà coniugale e le varie condizioni di stato civile di una vita lunghissima.
Ma è anche necessario spostare da sé al mercato parte dei rischi che ci sono caduti addosso, specie per la parte più avanzata di questa longevità, affidandosi a strumenti di risparmio, finanziari e assicurativi. Perché i rischi di longevità non sono solo rischi personali e familiari, sono spesso anche rischi patrimoniali.