La finalità del gruppo è di effettuare investimenti in imprese al fine di sostenerne lo sviluppo, la crescita e il consolidamento magari anche attraverso processi di internazionalizzazione, realizzando al contempo un guadagno volto a incrementare il patrimonio e a remunerare il rischio dell’investimento.
Si tratta dunque di operazioni dove professionisti legali, della finanza, nonché della pianificazione fiscale, individuano un target definito e coinvolgono nell’acquisizione dello stesso un ristretto e qualificato gruppo di investitori che raggruppano formalmente all’interno di un sindacato di investimento, il quale potrà assumere diverse forme societarie, nell’ambito delle quali vengono solitamente definite le “regole di ingaggio”. Ovvero, viene definito un accordo di investimento che delinea il percorso che gli investitori e i promotori si propongono affinché l’investimento possa maturare i propri profitti attesi.
Nel club deal gli investitori sono generalmente un numero piuttosto ristretto ai quali viene sottoposta l’opportunità di investire in una singola società ritenuta interessante per vari motivi e prospettive e nel cui capitale gli investitori possono entrare in maniera consistente, arrivando addirittura a poter diventare soci di maggioranza.
Il club deal è dunque una forma particolare di private equity, attraverso il quale porre in essere una gestione mirata di un investimento che il singolo investitore non avrebbe la capacità manageriale e finanziaria di gestire in autonomia. Sono forme di investimento, che trovano realizzazione nella definizione di operazioni di taglia superiore a quella singolarmente approcciabile dai singoli investitori, anche in termini di diversificazione del rischio.
Questo tipo di investimento è molto flessibile, perché i soci del club possono liberamente scegliere di parteciparvi o meno in base alle proprie disponibilità e a quanto credono nel progetto, tentando di costruire un portafoglio di partecipazioni il più possibile differenziato tra le varie proposte sul tavolo. Inoltre, l’ammontare della quota investita dal singolo socio può variare da pochi milioni ad alcune decine e, al contrario del private equity, non è prevista esplicitamente una data di exit che può quindi avvenire nel momento migliore per cogliere le opportunità offerte dal mercato. La società target (ovvero quella che è oggetto dell’operazione) può variare tra diverse tipologie, dalla startup alle pmi innovative, alle imprese del settore immobiliare.
Proprio a proposito delle pmi e delle startup innovative, alcune forme di agevolazioni, previste dai recentissimi interventi a sostegno dell’economia come conseguenza della crisi innescata dal covid-19, possono ben combinarsi con le operazioni di club deal.
Ricordiamo infatti che l’art. 26 del decreto rilancio ha definito, tra l’altro, una misura per il “rafforzamento patrimoniale delle pmi” dove – ai sensi dell’art. 4 del decreto legge del 24 gennaio 2015, n. 3 convertito, con modificazioni, dalla legge del 24 marzo 2015, n. 33 – sono definite pmi innovative quelle imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera 50milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni.
Ebbene, il citato decreto dispone un credito di imposta pari al 20% dei conferimenti in denaro effettuati fino a un massimo di 2 milioni. In sostanza, oggi nell’ambito di una strutturazione di una operazione di club deal, gli investitori chiamati a versare il capitale nella società target, al verificarsi di determinate condizioni, potranno godere di un credito di imposta pari al 20% dell’importo versato a titolo di investimento.
A cura di Maurizio Di Marcotullio, DMG & Partners – Dottori Commercialisti