Dopo il “rialzo da colomba” della Bce, questa settimana sarà completato il panorama delle maggiori banche centrali, con Federal Reserve, Banca d’Inghilterra e Banca del Giappone. Le situazioni di partenza non potrebbero essere più distanti: negli Stati Uniti la crescita continua a mandare segnali robusti, mentre nel Regno Unito si teme la stagflazione e, in Giappone, le conseguenze valutarie di uno stimolo monetario prolungato.
Fed, verso l’ultima fase: ma dollaro rimane ben
Gli investitori sono convinti in modo pressoché unanime che mercoledì la Federal Reserve non alzerà i tassi e rivedrà in senso positivo le prospettive sulla crescita e l’inflazione. Finora i segnali di rallentamento del mercato del lavoro sono stati graduali, mentre l’andamento del Pil continua a stupire. “Gli Stati Uniti stanno registrando una crescita quasi senza precedenti del 4,96% in questo trimestre, secondo il NOWCast della Fed di Atlanta. E’ un dato molto lontano dalla temuta recessione, e notevole se si considerano gli aumenti dei tassi degli ultimi 18 mesi”, ha affermato il market analyst di eToro, Gabriel Debach, per il quale la Fed potrà contare su maggiori spazi di manovra visto che i tassi di riferimento superano sia i livelli d’inflazione generale sia quella di fondo. Dal presidente Jerome Powell ci si aspetta “un messaggio equilibrato” che evidenzi “gli sviluppi positivi nel raffreddamento della domanda di lavoro e nella ripresa dell’offerta, ma sottolineando che c’è ancora strada da fare prima di dichiarare la vittoria sull’inflazione”.
Una gran parte dell’attenzione degli investitori, secondo Debach “sarà focalizzata sui dots, cioè le previsioni individuali dei membri del comitato, e sulla possibilità che alcuni dei 12 partecipanti che precedentemente avevano sostenuto un tasso terminale compreso tra il 5,50% e il 5,75% abbiano ora cambiato idea e ritirato la loro richiesta di ulteriori rialzi”.
Al momento il mercato dei future non vede in un successivo rialzo dei tassi nel range 5,5-5,75% come lo scenario più probabile.
“Le premesse per la prossima riunione sono molto positive se guardiamo le ultime informazioni sull’economia statunitense: l’attività economica reale si è rafforzata, mentre le tensioni nel mercato del lavoro e l’inflazione core danno segnali di cedimento”, ha commentato Sean Shepley, senior economist di Allianz GI, “sebbene tale quadro possa indurre a pensare che il finale sia quasi terminato e che la vittoria sia vicina, noi crediamo che le previsioni [della Fed] continueranno a segnalare un ulteriore rialzo prima di fine anno e potenzialmente a ridurre le attese sui tagli dei tassi nel 2024”.
Secondo gli analisti di Goldman Sachs, la Fed migliorerà le proprie previsioni di crescita e rivedrà al ribasso quelle sull’inflazione e “la domanda tattica chiave sarà quanto i funzionari del Fomc pensano che questa tendenza possa essere duratura”. Difficile che venga annunciata una chiara conclusione del ciclo di rialzi. “Riteniamo che i funzionari della Fed probabilmente non saranno ancora in grado di chiudere la porta a ulteriori rialzi o di aprire in modo credibile la possibilità di tagli imminenti, il che probabilmente darà ulteriore sostegno al recente trend del dollaro”, hanno affermato gli analisti della banca d’affari, sottolineando come i mercati valutari stiano dando più peso agli indizi sulle mosse future, che non alle decisioni. E’ stato il caso dell’euro, che ha reagito a un rialzo dei tassi della Bce perdendo valore sul dollaro, contrariamente a quanto sarebbe stato logico aspettarsi – se non fosse che il messaggio dell’Eurotower per il futuro è stato particolarmente “colomba”.
La visione di Goldman, nonostante la pausa considerata certa, non prevede un indebolimento del dollaro: “Abbiamo sempre sostenuto che per far calare il dollaro occorrono migliori prospettive di rendimento del capitale all’estero, che non sembrano imminenti”.
BoE, incubo stagflazione: ma il rialzo è scontato
Mentre negli Stati Uniti l’atterraggio morbido dell’economia sembra sempre più probabile, nel Regno Unito l’inflazione fatica a scendere, mentre l’economia mostra chiari segni di cedimento. In questo contesto, si prevede che la BoE proseguirà con un ulteriore rialzo dei tassi nella riunione di giovedì.
“La Bank of England ha provveduto già in quattordici occasioni a rivedere al rialzo il proprio tasso di riferimento, senza tuttavia porre un freno all’inflazione, la quale viaggia al 6,8%, tra i più alti valori dell’economie del G20. Dopo due consecutivi trimestri di flessione della crescita, il Pil nell’ultimo trimestre è tornato in rialzo, sebbene la crescita su base annua sia solamente pari allo 0,2%”, ha ricordato Debach. “Sebbene i dati sull’inflazione per il mese di agosto non saranno disponibili fino al giorno prima dell’annuncio dei tassi di interesse, va notato che i dati di luglio hanno superato le aspettative e come il rialzo dei tassi sia ormai quasi certo”, ha aggiunto l’analista di eToro.
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Giappone, i mercati tifano per la ripresa dello yen (mentre la Borsa corre)
Venerdì uno degli appuntamenti più attesi dagli investitori sarà la riunione della Banca del Giappone, dalla quale si cercheranno segnali di abbandono della politica monetaria accomodante mantenuta fin qui dal governatore, Kazuo Ueda. I posizionamenti dei trader sullo yen indicano che c’è una diffusa sensazione che la debolezza della moneta giapponese “si sia spinta troppo oltre per i responsabili delle politiche nazionali e che la fine dei tassi negativi potrebbe arrivare prima del previsto”, hanno ricordato gli analisti di Goldman Sachs. L’obiettivo dell’inflazione al 2% potrebbe essere dichiarato come stabilmente raggiunto, riducendo gli stimoli monetari in un clima nel quale non c’è un grande timore di danneggiare l’economia. Sulle tempistiche della normalizzazione monetaria, però, gli investitori sarebbero stati troppo esuberanti. Infatti, i nostri economisti continuano a ritenere che la fine dei tassi negativi ci sarà solo nella primavera del 2025, ben oltre le attuali aspettative del mercato”, ha affermato Goldman, “per questo… ci aspettiamo di vedere lo yen indebolirsi gradualmente senza un cambiamento di politica più sostanziale da parte della BoJ”.
Tuttavia, la riunione della BoJ “potrebbe stimolare ulteriormente le posizioni lunghe sullo yen se la dichiarazione aggiungerà un riferimento alla recente debolezza della valuta e soprattutto se le indicazioni saranno modificate in modo da mettere più deliberatamente sul tavolo i rialzi dei tassi”.
Dall’inizio dell’anno al 18 settembre l’indice azionario giapponese Topix ha guadagnato il 30%, superando con ampio margine l’S&P 500 (16,4%). Il tentativo di spingere consumi e investimenti nel Paese storicamente afflitto da un’inflazione troppo bassa ha attratto gli investitori quest’anno, in cui la gran parte del mondo sviluppato teme una recessione indotta dalle politiche monetarie restrittive.