Le persone fisiche residenti in Italia devono pagare ogni anno l’Ivie (Imposta sul valore degli immobili all’estero)
Spesso sono sottovalutate le imposte locali e quelle di successione e donazione
La pianificazione fiscale per la detenzione di immobili all’estero è fondamentale perché, a secondo delle giurisdizioni dove sono collocati, la tassazione può erodere buona parte del rendimento e del capital gain realizzato in caso di cessione.
Soprattutto si rischia di incorrere in imposte di successioni molto elevate, che possono raggiungere anche il 40% del valore degli immobili come negli USA, Francia o Regno Unito. Questi, per altro, sono i principali mercati per l’acquisto di seconde case da parte degli italiani con New York, Miami, Parigi e Londra in cima alle destinazioni preferite.
Che tasse si pagano per il fatto di avere delle case all’estero?
Le persone fisiche residenti in Italia pagano ogni anno l’Ivie (Imposta sul Valore degli Immobili all’Estero), pari allo 0,76% del valore degli immobili, ovvero la stessa aliquota dell’Imu. Inoltre, nel caso l’immobile sia messo a reddito è dovuta l’Irpef sui canoni percepiti. Per contro, le imposte pagate nello Stato dove è collocato l’immobile danno luogo a un credito di imposta.
Sotto questo profilo, le principali tipologie di tasse che si pagano all’estero sul possesso di abitazioni sono:
- le imposte sul reddito, se l’appartamento è affittato, ma anche se tenuto a disposizione in certi casi;
- le imposte per il semplice possesso degli immobili, che a volte sono parametrate ai servizi pubblici di cui si beneficia, mentre altre volte sono basate sul valore dell’immobile.
Tuttavia, l’analisi non può prescindere dalle imposte che colpiscono i trasferimenti dei beni immobiliari, che sono:
- le imposta sul capital gain realizzato in caso di cessione;
- le imposte di donazione e successione;
- le imposte sui passaggi di proprietà a titolo oneroso.
Proprio queste ultime portano spesso a preferire l’acquisto delle quote del veicolo societario che detiene l’immobile, c.d. share deal, rispetto all’acquisto diretto dell’immobile, c.d. asset deal.
C’è qualcosa a cui fare particolarmente attenzione?
Sotto il profilo fiscale, spesso sono sottovalutate le imposte locali e le imposte di successione e donazione.
Le prime possono raggiungere livelli molto elevati e incidere sulla redditività dell’investimento. Le seconde devono essere valutate attentamente, soprattutto se chi compra l’immobile è una persona avanti con l’età, ma non solo. Infatti, ottimizzare la detenzione della proprietà degli immobili in un secondo momento puo’ risultare particolarmente oneroso.
In alcuni ordinamenti, in particolare negli USA, occorre prestare particolare attenzione al rischio legale, cioè di un contenzioso con l’inquilino o altri condomini. In generale, è sconsigliabile la detenzione diretta per evitare di esporsi con il proprio patrimonio a richieste di danni, ciò nonostante la protezione di assicurazioni.
Ci sono altri strumenti per gestire l’asset immobiliare all’interno di un portafoglio?
Ci sono vari strumenti e dipendono molto dal tipo di investimento immobiliare che si vuole ottenere. Una società in loco è una soluzione flessibile e sicura nel caso di appartamenti a reddito o a disposizione, che rappresentano il caso piu’ comune. A certe condizioni, anche il trust puo’ rappresentare una soluzione altrettanto efficiente, soprattutto se l’immobile si trova in un Paese di common law.
Se invece si vuole semplicemente avere una esposizione all’asset class immobiliare, i coinvestimenti e i fondi di investimento aperti o chiusi rappresentano un’ottima soluzione che coniuga ritorni, costi e rischi delegando a professionisti la gestione degli immobili e dei deal.