Il PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano ha da poco inaugurato la mostra METAL PANIC, la più completa e complessa esposizione mai dedicata all’artista Marcello Maloberti (Codogno,1966), sugellando un patto d’amore con la città di Milano, che fin dai suoi esordi ha accompagnato l’artista nella costruzione della sua consolidata carriera.
L’arte di Marcello Maloberti: un racconto tra vita quotidiana e visione
La ricerca artistica di Maloberti trae ispirazione da eventi banali dei contesti urbani, prestando attenzione a stati di vita precari che li caratterizzano. Le sue osservazioni, tuttavia, vanno oltre l’evidenza ordinaria dell’esperienza della vita quotidiana grazie a un approccio neorealista spesso straniato e visionario, che permette all’artista di andare alla ricerca di quell’altrove che non tutti vogliono vedere. Le sue performance e installazioni multimediali si svolgono sia in spazi privati che pubblici, avendo un forte impatto interattivo con e per il pubblico.
L’artista mette insieme una narrazione teatrale ricca di atmosfere di suspense, che allo stesso tempo sono cariche di denunce sociali, realizzate e donate dall’artista allo spettatore, che può guardare e sentire. I corpi dei performer che partecipano come attori alle sue performance, appartengono l’uno all’altro, sono parte di un dialogo che crea un reale evento partecipativo. Le performance realizzate e progettate dall’artista non possono esimersi dalla presenza di sentimentalismo e reale analisi, che ambiscono a smuovere la sfera psicologica e sentimentale di che le osserva, che è obbligato ad interrogarsi e a immettersi in una condizione di reale presenza.
Maloberti sottolinea anche la relazione tra arte e vita ricercando nuovi approcci dalla fotografia, al video, alla performance, all’installazione, alla scultura e al disegno, per formare un’opera d’arte contemporanea totale. Negli anni Maloberti ha approfondito il binomio arte/vita utilizzando una coralità di linguaggi sia visivi che sonori. La sua ricerca va oltre l’immediatezza della dimensione quotidiana, con uno sguardo straniante e onirico, combinato a un approccio archeologico verso la storia dell’arte, approccio che lo conduce a citare i grandi maestri del passato in molte sui installazioni.
METAL PANIC: la mostra che celebra Marcello Maloberti al PAC
La mostra METAL PANIC, curata da Diego Sileo, è pensata come un libro d’artista che raccoglie e intreccia tutti i temi fondanti dell’opera di Maloberti – l’elevazione della parola scritta nella sua dimensione poetica, la sacralità del quotidiano, l’attenzione ai cambiamenti e alle trasformazioni del paesaggio urbano – attraverso un nucleo di lavori degli anni Novanta e opere più recenti con produzioni inedite.
Le opere principali di METAL PANIC
Entrando nella prima sala si incontra l’opera “M” del 2024, un cartello stradale la cui funzione ordinaria indicherebbe l’ingresso nella città di Milano, simboleggiando la funzione di una porta della città ma anche l’inizio della mostra. Il cartello stradale è da sempre un elemento tipico nel linguaggio figurativo dell’artista, in quest’opera appare rovesciato e ancorato al soffitto, diventando così una porta d’ingresso in realtà inaccessibile al pubblico e alla città di Milano.
L’artista non attribuisce all’oggetto la sua funzione ordinaria ma lo trasforma nella negazione di sé stesso. La “M” titolo all’opera è un rimando alla m di Mussolini, figura totalitaria che ha segnato profondamente la storia della città di Milano (e non solo). La posizione ribaltata del cartello evoca il corpo del dittatore appeso a testa in giù in piazza Loreto il 29 aprile del 1945. Si potrebbe intravedere una denuncia verso le forme politiche totalitarie, che da sempre stravolgono le normali abitudini di vita, imponendo delle leggi che cancellano la libertà.
A seguire “Chance di un Capolavoro” del 2024, un’installazione in cima alla parete d’ingresso simile a un fregio, composto da una sequenza di forbici (elemento tipico nella sua pratica artistica), le cui punte vengono addolcite da delicate piume d’oca bianche, un atto che esprime un equilibrio tra forza e poesia che sta alla base di ogni suo lavoro.
Continuando nel percorso della mostra appare “Tilt” del 2024, un guardrail che si snoda generando un disegno spaziale trasformando un dispositivo di sicurezza stradale in una scultura appoggiata sul marmo. La riflessione di questo lavoro vede l’artista soffermarsi sull’importanza della linea e del suo potere che ha di separare dividere e contrapporre gli spazi, giocando tra contrasti di un’estetica minimalista e scenografica.
“Sironi” è la performance realizzata durante l’opening della mostra, che ha visto protagonisti dei performer che in continuazione ritagliavano immagini di opere di Mario Sironi (1885-1961), della quale ad oggi rimane la traccia di un collage di immagini sovrapposte al centro della sala formata da ritagli di riproduzioni di sue opere. Con al centro dei libri ancora riconoscibili nel loro significato e significante, con accanto le forbici. La performance ha rovesciato i ruoli della tradizione scolpendo una scultura ritagliando della carta raffigurante quadri di un maestro del passato.
Ma l’opera che certamente ad oggi rappresenta di più l’artista è l’installazione “Martellate”, una serie iniziata nel 1990 che rappresenta le sue famose frasi al neon che hanno convertito in scultura dichiarazioni politiche, aforismi, e atti politici legati al sacro. Il titolo restituisce lo sforzo di una ricerca ossessiva sull’uso della parola, o meglio, sull’uso di una terza lingua, quella che incrocia la volatilità del suono con la materialità della scultura: Martellate. Lungo la parete sono allestiti otto neon, come se fossero pagine di un libro aperto che lo spettatore può sfogliare. Sono frasi di luce che si stagliano davanti alla vetrata di fondo del giardino del PAC condiviso con la galleria d’arte Moderna, dimostrando così quanto la parola possa unire degli spazi fisici distanti. Il richiamo a un dialogo politico viene rappresentato in questo modo nella poetica dell’artista. Le “Martellate” si stagliano contro la luce naturale del giardino, dando vita a pieni e vuoti che invitano lo sguardo dello spettatore a riflettere sullo sforzo interpretativo di ogni lettera, ma sono anche i pieni e vuoti dell’esistenza umana.
Il collante dell’intera mostra e l’idea di “lavori in corso” che pervade l’intero percorso espositivo, che diventa un cantiere contemporaneo in continua trasformazione, dove tutto pare sospeso e in potenza.
Esposizioni e mercato di Marcello Maloberti
Marcello Maloberti vive e lavora a Milano e collabora con la Galleria Raffaella Cortese dal 1999. Di recente, le sue opere sono state esposte alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, al Museion di Bolzano e al MOCAK Museum of Contemporary Art di Cracovia. Nel 2018 è stato l’artista scelto dall’associazione AMACI per una serie di mostre diffuse sul territorio italiano; ha realizzato una performance per Manifesta a Palermo e al Centro Pecci di Prato. Dopo il debutto alla XVI Quadriennale d’Arte di Roma (2016), Maloberti ha presentato la sua performance Vir Temporis Acti alla Biennale di Pune in India (2017). Nel 2013 ha partecipato alla 55a Biennale di Venezia (Padiglione Italia), alla Biennale di Salonicco e al progetto All’Aperto, Fondazione Zegna, Trivero. Tra le istituzioni che gli hanno dedicato mostre personali ci sono il MACRO di Roma (2012), la Fondazione Generali di Vienna (2010) e la GAMeC di Bergamo (2009).
Le sue opere sono ancora nel primo mercato, infatti la sua presenza nelle battute d’aste è esigua. Questo dimostra quanto le sue opere siano realmente presenti all’interno del mercato dell’arte e che possono essere acquistate solo tramite la galleria di riferimento, che da anni difende e promuove il lavoro del suo artista.
In copertina e tutte le foto: courtesy Marcello Maloberti, METAL PANIC. PAC Padiglione D’Arte Contemporanea, 2024. Foto Andrea Rossetti