Intorno ci sono monti e declivi boscosi. Quella calma profonda conciliante il lavoro e l’arte che solo la natura può dare. Il luogo è l’Oasi Zegna, a Trivero, nei pressi di Biella, in Piemonte. Un ecosistema in cui hanno sede anche Casa Zegna e la Fondazione Zegna, nata nel 2000. È il lascito ereditario culturale e filosofico (prima che economico) di Ermenegildo Zegna, l’imprenditore che nel 1910 diede vita all’omonimo gruppo tessile di lusso (10 marchi e un fatturato di 1,3 miliardi di dollari nel 2021), oggi quotato alla Borsa di New York. Quella di Ermenegildo era una visione imprenditoriale pionieristica. “Oltre 110 anni fa, il valore che la sua impresa generava, aveva un impatto positivo sul territorio”, ci racconta sua nipote Anna Zegna.
“Questa zona montana, ai margini delle grandi rotte industriali e culturali, era povera, illetterata. Decidendo di restare nella sua terra – che pure era priva del torrente di cui tutti i lanifici avevano bisogno – Ermenegildo iniziò a creare tessuti eccellenti con le migliori lane extrafini australiane, utilizzando la migliore tecnologia (all’epoca quella inglese) e a promuovere la produzione con un marketing di nuova concezione, affidato a grafici e disegnatori. Aveva però capito che alla qualità si educa. Adottando un approccio intergenerazionale, creò scuole, ospedale, sala da ballo, piscina, biblioteca, studio dentistico, sala parto. La stessa meravigliosa montagna di Trivero, oggi ricca di milioni di alberi, all’epoca era completamente brulla a causa dei disboscamenti intervenuti nei secoli. Lui iniziò a ripiantumarla (il progetto, iniziato nel 1929, è ancora in corso con il nome di Zegna Forest, ndr). Negli anni ’30 fu costruita anche la panoramica Zegna, la strada 232. Mio padre e mio zio hanno proseguito nella direzione di questa attenzione sociale e ambientale, che oggi si chiamerebbe sostenibilità. La fondazione è figlia di questa visione”.
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Casa Zegna accoglie una mostra permanente, che racconta la storia del gruppo dalle origini. A essa si accompagnano esposizioni temporanee di arte contemporanea, grazie alla collaborazione con Ilaria Bonacossa (già direttrice di Artissima). Quella in corso ora, E il giardino creò l’uomo, è del biellese Roberto Coda Zabetta (1975; dal 1995 al 2005 assistente presso lo studio di Aldo Mondino). Rileva Anna Zegna: “Come per Ermenegildo Zegna, il genius loci (lo spirito del luogo, ndr) interviene pesantemente nel lavoro dell’artista. Le opere di Roberto sono state ispirate dai rododendri. Scegliamo artisti che abbiano la necessaria fluidità per lasciarsi plasmare dal territorio, che siano in grado di lavorare sulla specificità del sito. I nostri spazi lo permettono, favorendo una relazione osmotica fra il dentro e il fuori. Quelli di Casa Zegna, con le loro vetrate, sono simili a una serra, che gli artisti amano molto”.
Il titolo della mostra riprende il titolo di un libro di Jorn de Pre?cy (1912), filosofo e giardiniere vissuto tra XIX e XX secolo, antesignano del moderno concetto di sostenibilità ambientale: essere giardiniere vuol dire ascoltare la natura e il genius loci, senza ostacolarne le forze, bensì agendo in sinergia con esse. Ma l’uomo manipola la Terra non rispettandone equilibri ed esigenze. Per Fondazione Zegna Roberto Coda Zabetta ha creato la serie Frana e Fango: un racconto – di ispirazione autobiografica – della fragilità dell’uomo e del suo ecosistema, abitato ma non tutelato.
L’incontrollabilità degli eventi naturali che subiamo è il rammento della capacita? della natura di rigenerarsi perennemente, in cicli che esulano dalla volontà umana. Coda Zabetta veicola sulla tela una carica cromatica esplosiva, matericamente densa, in dialogo diretto con la natura dell’Oasi Zegna. Lo “spirito del luogo” che tanto anima la creatività della dinastia Zegna e dei suoi collaboratori non si circoscrive però a Trivero: la fondazione elargisce borse di studio (finalizzate a una formazione di eccellenza in qualsiasi campo) con una precisa richiesta. “Chiediamo ai percettori un impegno formale a rientrare nel nostro Paese. L’intento di fare del bene al proprio territorio nazionale per noi è essenziale, secondo quella filosofia della ‘restituzione’ che fu propria di Ermenegildo”.
Dal 2014 il programma prevede l’assegnazione annuale di borse di studio per un milione di euro. Finora ne sono state assegnate circa 425. “Per i più giovani prevediamo progetti educativi di instradamento, che coinvolgono anche Cittadellarte (Fondazione Pistoletto, ndr). Lo scopo è quello di farli innamorare del proprio talento, creando un ponte per colmare lo scollamento fra mondo reale e scuola. La tragica realtà dei NEET, dei giovani che non studiano e non lavorano, va capita. Sono ragazzi che hanno bisogno di ascolto, di emozione. Bisogna impedire che stiano a pasticciare sui social, scrivendo mucchi di sciocchezze, far sì che entrino nella realtà con un trapano in mano, le mani nella farina, che vengano in fabbrica a sentire il profumo della lana, a vederne la magnificenza dei colori. Aprire le porte delle imprese, delle gallerie d’arte, ha il potere di attivare la società civile. Oggi ci sono troppe istanze urgenti che non trovano risposte”.
Poi Anna Zegna parla di rammendo e rigenerazione, della capacità di “creare qualcosa di nuovo”, tessendo le lodi dei partner della fondazione, tutti di “grandissima qualità”, come per esempio il CESVI o San Patrignano, presso la quale sono stati fatti corsi di pittura sul tessuto anche con l’utilizzo del CAD e di strumenti di IA. “Il futuro sarà sempre più un mix fra l’intelligenza delle macchine guidata e arricchita dall’intelligenza umana, e la manualità. Le tecniche sono fondamentali. Ma bisogna padroneggiarle talmente bene da dimenticarsene, per lasciar spazio a intuizione e creatività”.