“Mi chiamo Louise Josephine Bourgeois. Sono nata il 24 Dicembre a Parigi. Tutto il mio lavoro degli ultimi cinquant’anni, tutti miei soggetti hanno tratto ispirazione dalla mia infanzia. La mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il suo mistero e non ha mai perso il suo dramma”. Così raccontava l’artista francese naturalizzata americana Louise Bourgeois, stella dell’arte del Novecento mancata nel 2010. Una stella cui il moto non sembra arrestarsi, come sottolineano il crescente apprezzamento delle sue opere nel mercato dell’arte e la sua consacrazione storico-artistica attraverso numerose mostre personali. Tra cui le due organizzate in Italia, a Napoli e a Roma. Eccone un assaggio.
Louise Bourgeois, le personali a Napoli e a Roma
Louise Bourgeois Rare Language è la mostra in corso a Napoli presso lo Studio Trisorio alla Riviera di Chia, visitabile fino al 31 ottobre 2023, che celebra una delle più influenti artiste contemporanee. Il progetto, in collaborazione con prestigiose sedi museali quali la Galleria Borghese e Villa Medici a Roma, il Museo Novecento e il Museo degli Innocenti a Firenze, mette in mostra 35 disegni realizzati dall’artista fra il 1947 e il 2008 e 4 sculture in bronzo che testimoniano la sua poetica legata indissolubilmente alle sue memorie autobiografiche che interessano tutti gli aspetti della sua vita. Il periodo che ritorna più di frequente è tuttavia l’infanzia trascorsa a Parigi e il rapporto coi propri genitori, fonte d’ispirazione profonda perché, come l’artista stessa ha dichiarato, quegli anni non hanno mai perso il loro mistero, la loro magia e il loro dramma.

Veduta della mostra “Rare Language” di Louise Bourgeois presso Studio Trisorio, Napoli, 2024. Fotografia di Francesco Squeglia. Courtesy Studio Trisorio, Napoli
La seconda mostra è accolta alla Galleria Borghese a Roma con Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria, a cura di Cloé Perrone, Geraldine Leardi e Philip Larratt-Smith. L’esposizione intreccia la memoria personale dell’artista a quella collettiva del museo pubblico: il percorso espositivo attraversa alcune sale, i Giardini segreti e il padiglione dell’Uccelliera, luoghi che Louise Bourgeois aveva esplorato con ammirazione durante la sua prima visita a Roma nel 1967. Circa 20 opere scultoree dialogano con l’architettura unica del Casino Borghese e la sua collezione; sono incentrate sui temi della metamorfosi, della memoria e sull’espressione di stati emotivi e psicologici. Queste tematiche, esplorate anche dagli artisti della collezione Borghese, sono rinvigorite dalla lente contemporanea di Bourgeois, che offre nuove prospettive sull’esperienza umana grazie anche alla sua straordinaria diversità di forme, materiali e scale, che le hanno permesso di esprimere una gamma di stati emotivi.

Louise Bourgeois, The Last Climb, Galleria Borghese, installation view I Ph. A. Osio
L’artista solitaria, dalla matematica all’arte fino alla consacrazione
Louise Bourgeois è stata un’artista solitaria, non legata alle mode, che ha seguito il suo percorso artistico con tenacia, cercando attraverso l’arte di sopravvivere alle tensioni familiari, di poeticizzare i traumi dell’infanzia, di creare un dialogo interiore tra le sue vicende autobiografiche (di cui le sue opere sono i simboli) e lo spettatore che ne fruisce, quasi in una reciproca catarsi. Louise Bourgeois non si avvicina all’arte fin dall’inizio; anzi, i sui studi giovanili la vedono impegnata con la matematica e la geometria. Una mente matematica e scientifica che viene tuttavia messa a dura prova quando la giovane donna perse sua madre nel 1932, evento che la sconvolse e che cambiò per sempre la sua vita. Da lì infatti Louise decise di intraprendere studi accademici alla École des Beaux-Arts di Parigi per diventare scultrice e per poi approdare a New York nel 1938, dove ottenne la cittadinanza degli Stati Uniti nel 1951. La sua vita oltre oceano la vide a fianco del marito, lo storico dell’arte Robert Goldwater. Qui frequentò l’ambiente artistico internazionale e in particolar modo Duchamp, Le Corbusier e Amédée Ozefant.
Nell’ambito newyorkese l’artista frequentò diversi correnti artistiche. Dapprima fu affascinata e sedotta dal surrealismo; dagli anni anni Sessanta, invece, l’artista si dedicò interamente alla scultura avvicinandosi da prima al legno e poi alla lavorazione del metallo.
Nel 1945 tenne la sua prima mostra di pittura alla Berta Schaefer Gallery di New York, mentre nel 1947 realizzò una serie di nove incisioni dal titolo He disappeared Into complete silence. La consacrazione si fa attendere: avviene infatti quasi quarant’anni dopo la sua prima mostra, quando nel 1982 il MoMA organizzò una sua grande retrospettiva (con un numero e una natura di opere esposte impressionante) facendo conoscere Louise anche all’estero. Si trattò inoltre della prima personale dedicata dal museo newyorkese a una donna.
La sua popolarità aumentò infine con la sua partecipazione a Documenta a Kassel nel 1992 e alla Biennale di Venezia nel 1993, dove ricevette il Leone d’oro insieme a Bruce Nauman.

Louise Bourgeois, Unconscious Memories, (6/20/24-9/15/24). Photo Captions and Credit Lines Artists Rights Society (ARS), NY; Louise Bourgeois, Cell XX (Portrait), 2000. Photo: Christopher Burke, © The Easton Foundation/Licensed by SIAE, Italy and VAGA at ARS, NY
Louise Bourgeois e i temi della sua arte
I temi delle sue sculture furono sempre gli stessi: l’infanzia in Francia, le amanti del padre, la madre e lei bambina impegnate nel restauro di arazzi antichi (i genitori possedevano un negozio attivo in questo ambito), le tecniche e i materiali, gli istinti distruttivi, la sublimazione, la paura, l’essere artista, il processo di creazione, lo specchio, il ragno, l’amore e l’erotismo.
Nacquero così la Femme Maison, un corpo metà donna e metà casa; Lairs, ovvero le tane create per un assoluto isolamento; Cells, spazi racchiusi da reti di ferro, spazi visibili ma inaccessibili dove galleggiano letti; Spiders, giganteschi ragni d’acciaio installati in diverse città come davanti al Centre Pompidou di Parigi e che la stessa artista paragona alla madre, perché il ragno è un animale che va a intrappolarsi negli angoli, dove trova sicurezza. Ma lei non è intrappolata, anzi, cerca di intrappolare gli altri.
Ricordando le parole di Franco Fanelli: “Il trauma, personale o sociale, fa parte della storia dell’uomo e non a caso gli storici dell’arte vi individuano spesso l’origine di uno stile o un’iconografia. Che siano le artiste le più numerose cultrici della poetica del trauma è un dato di fatto le cui ragioni sono facilmente immaginabili, soprattutto in un sistema che replica in maniera forse ancora più efferata il dominio del maschio e il patriarcato vigenti nel mondo extra-artistico. Frida Kahlo e Louise Bourgeois sono, per ragioni diverse, tra le più popolari interpreti di questi contenuti“. Rapportandola a Marina Abramovic, invece, Fanelli spiega che “Ciò che distingue l’artista serba da Luise Bourgeois è, tra le altre cose, il fatto che la prima asserisce di prendersi cura del prossimo mentre la sua più anziana collega attraverso l’arte ha cercato di curare se stessa”.

Louise Bourgeois, Spider, Galleria Borghese, Roma
Dal disegno alla scultura, dal classico al contemporaneo
Nella sua pratica artistica vi furono due elementi fondamentali: il disegno e la scultura. Il disegno venne spesso accompagnato dalla scrittura che confluiva nei suoi diari, a oggi definibili come memorie e testamenti dell’artista. La scultura fu invece caratterizzata da forme astratte e spiraliformi, con chiari rimandi al corpo femminile e maschile, come corpi che si incontrano gli uni negli altri. Opere che rendono chiare le sue riflessioni sulla sessualità, la famiglia e la solitudine, tradotte in arte attraverso immagini trasfigurate del membro maschile e femminile, della maternità, delle paure e delle fobie che invadono le menti umane con i suoi ragni: immagini che oramai appartengono alla conoscenza collettiva, con enormi sculture in filigrane installate in diverse città, dell’altezza di una decina di metri.
Ma non bisogna mai scordare che l’importanza che l’artista riconobbe alla figura femminile e a quella maschile, che trovava le sue radici nel rapporto tra arte antica e contemporanea. La tradizione classica venne infatti tradotta dall’artista in chiave contemporanea, con immagini che abbandonano le sembianze delicate dell’età classica per diventare crudi rimandi realistici. Quello che a oggi deve necessariamente meravigliare dell’opera di Louise Bourgeois non è tanto la sua bravura tecnica e la sua capacità scultorea, ma quanto la sua caparbietà nel voler trattare argomenti forti, spinti e scomodi come la sessualità all’inizio degli anni Cinquanta, essendo lei una donna. Oggi può sembrarci scontato il presentare questi temi al grande pubblico, ma negli anni Cinquanta sicuramente non lo era.

Louise Bourgeois, Spider (1996). Courtesy Sotheby’s
Il mercato dell’arte e Louise Bourgeois
Dando uno sguardo al mercato delle opere dell’artista, si nota come le sue opere siano principalmente vendute negli Stati Uniti. La produzione più ricercata è sicuramente la scultura, che occupa il 96,5 % dei lotti venduti all’asta. Nel 2023, le opere di Bourgeois all’incanto hanno registrato un turnover di circa 39 milioni di euro, aggiudicandosi il 38° posto nella classifica mondiale degli artisti più venduti. Sempre nello stesso anno, l’indice del prezzo di vendita è cresciuto di +3,7% rispetto al 2022. Quanto ai top lot dell’artista, tra le sculture il suo record massimo è stato aggiudicato nel 2023 con Spider (1996), che da una stima di 30mila – 40mila dollari è stato battuto per 32,8 milioni di dollari da Sotheby’s New York nel 2023. La serie di disegni Les Fleurs (2010), invece, ha stabilito il record per un’opera pittorica, realizzando circa 986,5mila sterline a partire da una stima di 900mila – 1,3 milioni di sterline da Sotheby’s Londra nel 2013.

Louise Bourgeois, Les Fleurs (2010). Courtesy Sotheby’s
In copertina: Louise Bourgeois, The Last Climb, Galleria Borghese, installation view I Ph. A. Osio